Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Nuovi problemi vecchie ricette – Il fallimento di un decennio di politiche sull’immigrazione

Dal Veneto alla Calabria, da Latina al casertano la fotografia dell'attualità

Il Prefetto di Roma visita un CIE e ne esce “provato”. Si lascia sfuggire alcune parole non di poco peso:”Ponte Galeria non rispetta la dignità umana” bisogna chiuderlo dice. Per la verità il problema di Giuseppe Pecoraro è quello di risolvere un nodo che in questi anni, con diverse intensità, ha messo sotto processo i CIE (un tempo Cpt) italiani. Ovviamente non tanto per riconoscere l’ingiustizia della detenzione a cui sono sottoposti alcuni essere umani per il solo fatto di non possedere un permesso di soggiorno, il problema del Prefetto, come quello di molti altri, è quello di poter rinchiudere i migranti senza che su questa questione vi siano contestazioni, scandali e tensioni ingestibili prodotte dalle vergognose condizioni di vita a cui sono sottoposti i detenuti dei centri. Non serviva però la visita del prefetto romano per scoprire che i CIE fanno schifo. Numerosi, ormai innumerevoli, rapporti e documenti lo avevano più volte ribadito.
Più o meno nelle stesse ore, qua e là, sparsi per la nostra penisola, possiamo registrare alcuni altri spunti che possono aiutarci a fare un po’ il punto della situazione. Nessun bilancio ovvio, questo è semmai il tempo di guardare l’orizzonte di fronte a noi.

Le coste del Sud, o meglio, con lo sbarco di Latina, del centro-sud, ci dimostrano come le rotte dei profughi in fuga si ridisegnino anche di fronte alla più grande e spettacolare operazione di violenza che i nostri mari abbiano mai ospitato (c’è da risalire alle guerre puniche). All’estremo Nord Est intanto riprende l’ormai caratteristico e francamente un po’ patetico leit motiv della politica immigrazione-sicurezza. A Padova, due omicidi di cittadini stranieri hanno scatenato una nuova operazione spettacolare di Polizia e Carabinieri in città. Controlli a tappeto, posti di blocco. Vecchia ricetta.

E’ curioso che quando gli omicidi avvengono tra autoctoni (familiari delle vittime o non) si interroghino psichiatri, sociologi ed educatori, mentre quando la violenza ha un “colore” diverso, si punta il dito sulla clandestinità, sull’immigrazione, sulla sicurezza.
Gli omicidi sono maturati all’interno di ambienti clandestini dicono le autorità impegnate nella ricerca degli assassini, salvo poi scoprire che uno dei ricercati aveva l’obbligo di firma due volte al giorno presso il posto di Polizia locale. Si tratta di un problema legato alla presenza o meno del titolo di soggiorno questo?
Intanto anche il governatore del Veneto Zaia ci mette del suo: “chi assiste i clandestini compie un reato”. Piccoli grandi abbozzi di campagna elettorale insomma.
Ma il segnale è chiaro. Sulla clandestinità, senza questa volta interrogare sociologi, psichiatri o pedagogisti, e neppure interrogandosi sull’impianto della normativa sull’immigrazione, si gioca la guerra della politica contro i migranti, ovviamente travolgendoli tutti.
Eppure nell’ultimo decennio la sicurezza è stata al centro dell’azione politica dei diversi governi che si sono succeduti. Insieme ad essa l’equazione criminalità-immigrazione ha dominato il dibattito pubblico. Intanto i quartieri esplodono, la violenza si consuma, fuori e dentro le mura domestiche, fuori e dentro gli ambienti dell’”immigrazione”.
Forse qualcosina nella capacità di costruire una nuova cittadinanza comune è andato storto?

Intanto nel casertano però i braccianti agricoli ed edili che la politica dopo gli scandali di Rosarno sembra ricordare solo quando è il momento delle retate, organizzano il primo sciopero delle rotonde. Non si lavora a meno di 50 euro.

I movimenti nel mentre si preparano. Il 14 e 15 ottobre saranno a Roma per un presidio sotto il Viminale, e poi il 16 per dare vita al grande corteo contro la crisi, tutti uniti. Per un nuovo orizzonte di movimento, per i diritti dei migranti e non, in questo paese.