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Nuovo piano di evacuazione per Lampedusa, la repressione della libertà di scelta si sposta altrove

Da mercoledì sei navi per evacuare l'isola

Mentre gli abitanti di Lampedusa si stanno ribellando al reality show che mette in scena un’isola assediata dai “clandestini” e minacciano lo sciopero generale, arriva un nuovo annuncio sul piano di evacuazione dell’isola per risolvere l’emergenza creata ad arte dal Governo. Il Commissario straordinario per l’emergenza umanitaria Caruso ha appena dichiarato infatti che da mercoledì l’isola sarà completamente svuotata, con la nave della marina militare San Marco e altre cinque navi passeggeri appositamente noleggiate.

Ammesso che questo ennesimo piano risolutivo funzioni davvero, e che nel frattempo cessino o diminuiscano le partenze dei migranti verso l’Europa, aumenta la nostra preoccupazione per le strategie messe in campo nella penisola per gestire la presenza dei migranti tunisini. Già in questi giorni li vediamo depositati e smistati come pacchi nelle strutture di contenimento quali sono i 13 Cie provvisori allestiti su tutto il territorio, senza dimenticare che nei Cie ordinari sono tuttora ristretti altri migranti tunisini.

Da Maroni a La Russa, dalla Turco alla Boldrini, tutti hanno già stabilito che i 18 mila migranti transitati (e sopravissuti) a Lampedusa sono cosa diversa dai profughi che arriveranno dalla Libia, dove è in corso un intervento militare responsabile di nuove fughe. “Questi ragazzi vengono dalla Tunisia, non scappano dai bombardamenti umanitari, sono giovani in età da lavoro e non rifugiati”. Ecco la cantilena che rimbalza nelle dichiarazioni dei ministri e degli amministratori locali, che oggi indossano la divisa dei difensori dei diritti dei rifugiati, illusi che già ci siamo scordati di come i rifugiati sono “accolti” nei territori, sgomberati da un edificio all’altro, da una città all’altra, allontanati dai Servizi perché mancano fondi per loro.
Il diritto di asilo è magistralmente utilizzato non per difendere i diritti, non per salavare la dignità delle persone, ma strumentalmente, come paravento per stabilire nuove priorità nel presupposto del diritto all’accoglienza: oggi viene invocato solo per i profughi “veri”, salvo poi essere velocemente accantonato quando si siglano gli accordi per bloccare e respingere i migranti.
L’accoglienza che oggi viene promessa per i profughi “veri” è quella che viene negata ai profughi “falsi” (solita vecchia polemica strumentale quella dei “bogus asylum seeker), ossia coloro che sono partiti grazie alla rabbia e alla forza che un popolo per decenni compresso e represso ha scatenato.
L’accoglienza che in queste giornate concitate tutti si impegnano a garantire è l’accoglienza negata che ordinariamente e nell’indifferenza viene preclusa ai somali, agli afghani, agli eritrei, ai kurdi, agli etiopi, ai togolesi e a tutti coloro che sono respinti nel Mediterraneo, respinti nell’Adriatico, detenuti nei campi della Libia, dell’Egitto, della Turchia, dell’Ucraina e chissà dove ancora.

La soluzione per l’emergenza Lampedusa è allora l’ennesimo inganno se ai migranti provenienti dalla Libia non viene riconosciuta la protezione umanitaria, sia quella prevista dalla direttiva Europea recepita dall’Italia o quella prevista dai decreti sull’asilo. Se il discorso pubblico si ostina a non voler considerare in termini seri e contemporanei il diritto di asilo, le migrazioni, le guerre, le sei navi del Commissario Caruso serviranno solamente a trasferire il problema dall’isola alla terra ferma.
Altri abitanti protesteranno, nuovi commissari con poteri sempre più straordinari saranno nominati, altri soldi saranno spesi per blindare e sorvegliare. E i migranti inventeranno nuove strade per sottrarsi alla segreegazione nelle tendopoli, fuggiranno, senza permesso di soggiorno, senza diritti. Li ritroveremo nelle città italiane e nelle città europee, probabilmente ad occupare chiese o gru, oppure in fila alle mense dei poveri, ad occupare case dismesse, ambasciate abbandonate, rinnovati bersagli dei proclami razzisti, delle ordinanze securitarie, della spirale di odio e paura continuamente rimanimata.