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da Il Manifesto del 29 ottobre 2005

Olanda, è bufera sul rogo

LUCA TOMASSINI

Un minuto di silenzio in tutte le carceri olandesi. Così i detenuti di ogni provenienza ricorderanno lunedì le undici vittime (dieci sono stati identificati solo ieri) del tragico incendio scoppiato nella notte tra mercoledì e giovedì nel «braccio K» del centro di espulsione per immigrati (i locali Cpt) dell’aeroporto di Schiphol, a pochi chilometri da Amsterdam. Anche le reazioni delle numerosissime organizzazioni di solidarietà con i migranti sono state durissime e ieri sera una partecipata manifestazione si è svolta di fronte alle reti e ai fili spinati che circondano il Cpt. «Vogliamo esprimere la nostra solidarietà ai parenti delle vittime», recitava uno dei tanti messaggi lasciati sul posto dalle centinaia di manifestanti, che chiedevano la definitiva chiusura dei centri di detenzione perché, si leggeva su uno striscione, «la fortezza Europa comincia qui».

Intanto le autorità si ostinano a minimizzare l’accaduto, sulla scia delle primissime reazioni dei ministri Rita Verdonk (Immigrazione, liberale) e Piet Hein Donner (Giustizia, Cda). Per il comandante dei pompieri di Harlemmemeer il centro era «in regola fin nei minimi dettagli».

Tutto a posto insomma, non fosse per quei morti e quei migranti che nel caos seguito all’esplosione delle fiamme sono riusciti a evadere. Una vera e propria caccia all’uomo, con tanto di cani e elicotteri, ha permesso ieri alla polizia di catturarne sei ma altri cinque sono ancora in fuga.

Ieri mattina ha comunque preso inizio l’inchiesta per l’accertamento delle cause del disastro e di eventuali responsabilità nel comportamento dei sorveglianti della struttura, ma le polemiche infuriano. Secondo l’Istituto per la lotta agli incendi (Nibra) le autorizzazioni sarebbero state concesse con incredibile leggerezza. Ben Ale, direttore di un’inchiesta che il Nibra aveva condotto a Schiphol nel 2002 dopo che le fiamme si erano mangiate il «braccio C» senza provocare vittime, mette il dito nella piaga: «Constatiamo regolarmente, e in tutto il paese, che le esigenze del risparmio prevalgono su quelle della sicurezza». E infatti nel settembre 2003 nuovi sopralluoghi avevano stabilito che all’interno del centro semplicemente non esisteva alcun allarme antincendio: il complesso era quindi più che pericoloso.

A smentire la pretesa ufficiale di un successivo intervento per porre riparo alla situazione ha pensato ieri uno dei sorveglianti del centro. In un’intervista a volto coperto trasmessa ieri dal telegiornale della rete pubblica Nova ha denunciato: «Non esisteva alcun allarme». Addirittura l’uomo, in servizio da appena due anni, ha aggiunto di non avere mai ricevuto istruzioni che prevedessero l’immediato sgombero del carcere in caso di incendio. Dichiarazioni che gettano una luce inquietante sulla reazione del personale all’emergenza. Secondo l’avvocato Geert Roethof, uno dei pochi riusciti a entrare in contatto con i suoi assistiti, in molti hanno dichiarato che le porte delle celle sarebbero state aperte solo mezz’ora dopo la comparsa delle fiamme, tutto il contrario di quanto sostenuto in Parlamento dal ministro Donner. Che dovrà presto dare conto della preparazione del personale dipendente dal suo dicastero: non è un mistero che questo faccia uso nei Cpt, Schiphol compreso, di personale della ditta privata Securicor.