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Oltre il decreto immigrazione: profanare le politiche migratorie

di Adelaide Massimi e Francesco Ferri

Photo credit: Riccardo Frizzo (Sherwood Foto)

Da un punto di vista formale, il 2020 delle politiche migratorie è terminato il 18 dicembre, con la conversione in legge del decreto n. 130/2020 varato dal governo Conte II. Dal punto di vista del materiale funzionamento dei confini, anche gli ultimi giorni dell’anno sono stati segnati dalla morte di donne e uomini lungo la rotta del Mediterraneo centrale, ad esempio a largo delle coste della Tunisia il 27 dicembre. La drammatica notizia dell’ennesima morte collettiva in mare conferma l’urgenza di orientare collettivamente lo sguardo al di là della recente conversione del decreto legge.

Il testo definitivamente approvato dal Senato è strutturalmente ambivalente. Dal punto di vista delle forme di protezione riconoscibili e del funzionamento dell’accoglienza, segna una sostanziale discontinuità con la normativa introdotta nel 2018 nell’ambito del cd. decreto Salvini. Per quanto riguarda altri profili – si pensi, a titolo di esempio, alla normativa che riguarda il funzionamento dei cd. hotspot – la nuova legge è in sostanziale continuità con il precedente decreto.

In ogni caso, il decreto convertito in legge a dicembre è, dal punto di vista logico e politico, subalterno all’azione dell’ex ministro Salvini: non mette in discussione il funzionamento delle politiche migratorie ma rimuove alcuni eccessi configurati dalla precedente maggioranza. Il nuovo provvedimento, infatti, si muove all’interno di un recinto consolidato: modifica una parte consistente della normativa introdotta nel 2018 e nel 2019, conferma aspetti tutt’altro che marginali ma, in ogni caso, è compiutamente situato all’interno del paesaggio giuridico e sociale contemporaneo.

Un sonno senza sogni

La conversione in legge del decreto 130/2020 è stata accolta dai movimenti e dalle organizzazioni solidali in maniera differenziata. Le reazioni spaziano dall’esultanza per la «cancellazione» dell’azione di Salvini alla denuncia della «finta abrogazione» dei decreti introdotti nel 2018 e nel 2019. All’apparenza queste due posture sono agli antipodi. A uno sguardo più approfondito, condividono un aspetto non marginale: contribuiscono a rafforzare l’immaginario per il quale la posta in gioco è rappresentata dall’eliminazione degli interventi del precedente governo. È indubbiamente vero che l’azione del governo Conte I ha contribuito a peggiorare, in maniera verticale, la disciplina delle politiche migratorie. È altrettanto vero che la stagione delle politiche migratorie inique è iniziata ben prima del 2018.

A titolo di esempio, la normativa introdotta nel 2017 nell’ambito del cd. decreto Minniti ha avuto un impatto diretto sulla vita di molte persone di origine non italiana. La necessità di eliminare le novità configurate nel 2017 – si pensi alla cancellazione del grado di appello per la cause di protezione internazionale – è sostanzialmente sparita dall’agenda politica. È un esempio, tra i molteplici che è possibile individuare: lo sviluppo delle politiche migratorie è stato scandito da interventi che, nella maggior parte dei casi, hanno peggiorato la normativa precedentemente introdotta.

Con quale lenti, quindi, è utile valutare la portata del decreto convertito in legge? La comparazione dello stesso con i contenuti dei decreti dell’ex Ministro Salvini è un’attività utile ma non sufficiente. Le politiche migratorie hanno una genealogia lunga e stratificata: è parziale (e pericoloso) pensare che l’orizzonte della normativa lesiva dei diritti corrisponda a quello introdotto nel 2018 e nel 2019.

Le dimensioni delle politiche migratorie

Un utile esercizio collettivo può essere costituito dal costante richiamo degli elementi di fondo intorno ai quali sono organizzate, nel nostro paese, le politiche migratorie. In buona sostanza, vale la pena chiedersi se il recente provvedimento ha modificato gli aspetti strutturali delle politiche migratorie oppure se, viceversa, si muove all’interno del perimetro consolidato.

La struttura delle politiche migratorie è sostanzialmente organizzata intorno a tre dimensioni che costituiscono altrettanti setacci per la selezione e classificazione dei migranti. La cosiddetta dimensione esterna delle politiche migratorie costituisce il primo filtro: attraverso accordi con i paesi di origine e transito dei migranti, spesso finanziati da fondi per la cooperazione allo sviluppo, numerosi attori pubblici e privati cooperano per controllare, trattenere, selezionare i movimenti migratori oltre la frontiera.
Un secondo filtro opera alle cosiddette frontiere esterne, attraverso strumenti di identificazione e classificazione rapida, che determinano la crescente razzializzazione del diritto di asilo, l’espansione del sistema detentivo alle frontiere, il mancato accesso ai diritti fondamentali. L’approccio hotspot è il metodo attraverso il quale, nella maggior parte dei casi, è configurata questa differenziazione interna in ingresso.
Infine, all’interno del territorio dello Stato operano incessamente meccanismi di differenziazione degli status e delle condizioni di vita basati sull’accesso differenziale ai diritti e alle opportunità. Tutta la filiera delle politiche migratorie è organizzata intorno a una costante selezione delle persone. L’impianto politico-normativo è segnato, in via generale, dallo strettissimo vincolo tra disponibilità di un lavoro e regolarità del soggiorno, dall’assenza di meccanismi ordinari e generalizzati di emersione dall’irregolarità, da una politica dei visti escludente e classista e dal sistematico ricorso alla detenzione amministrativa.

Dal punto di vista dell’impianto strutturale delle politiche migratorie, un rapido sguardo sul funzionamento dei confini interni ed esterni suggerisce che, con tutta evidenza, la modifica ai decreti sicurezza non ha messo in discussione gli elementi di fondo della gestione delle frontiere. Al contrario, l’ultimo provvedimento del governo sembra considerare le tre dimensioni delle politiche migratorie come elementi dati. Al più, sono stati modificati alcuni degli eccessi configurati negli ultimi due anni, mentre altre previsioni, altrettanto restrittive ma meno evidenti, sono state assorbite e normalizzate.

Dal tramonto all’alba

Il costante riferimento ai punti focali delle politiche migratorie può essere un efficace esercizio collettivo. È indispensabile cogliere, nelle loro complessità e stratificazioni, l’insieme della normativa, dei dispositivi e delle prassi attualmente in uso. La dimensione delle politiche migratorie non è (soltanto) quella definita dall’ultimo o dagli ultimi interventi normativi. È, al contrario, il prodotto di un percorso di lungo periodo.

Dentro e oltre l’orizzonte dei decreti Salvini e della loro trasformazione, c’è un paesaggio giuridico organizzato intorno alle tre dimensioni richiamate. È tempo di mettere in discussione e profanare gli assi portanti delle politiche migratorie: il confinamento e la selezione delle persone nei paesi di origine e di transito, la morte diffusa nel Mediterraneo, la detenzione amministrativa, il rimpatrio e l’accesso differenziato a diritti e opportunità dopo l’arrivo. È, ovviamente, un esercizio non da poco. Il punto di partenza è segnato dalla necessità di non autolimitare l’orizzonte di trasformazione all’ultima configurazione della normativa ma di riaffermare costantemente, in ogni sede utile, che è giusto, necessario e possibile cambiare il segno complessivo delle politiche migratorie contemporanee, in direzione della libertà e dell’uguaglianza.

Il problema della profanazione dei dispositivi – cioè della restituzione all’uso comune di ciò che è stato catturato e separato in essi – è, per questo, tanto più urgente. (G. Agamben, Che cos’è un dispositivo?, 2006)

Adelaide Massimi
Francesco Ferri

Francesco Ferri

Sono nato a Taranto e vivo a Roma. Mi occupo di diritto d'asilo, politiche migratorie e strategie di resistenza sia come attivista sia professionalmente. Ho partecipato a movimenti solidali e a ricerche collettive in Italia e in altri paesi europei. Sono migration advisor per l’ONG ActionAid Italia.