Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Comunicato stampa ASGI del 24 luglio 2008

Osservazioni dell’A.S.G.I. in relazione ad alcune misure a carattere discriminatorio contenute nella manovra

(decreto legge 112 dd. 25.06.2008 come emendato dal maxi emendamento A.C. 1386-A approvato dalla Camera dei Deputati)

L’A.S.G.I. (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione) esprime la propria preoccupazione e contrarietà
riguardo al carattere illegittimamente discriminatorio di alcune delle misure contenute nella manovra finanziaria 2009
(decreto legge 112 del 25 giugno 2008 come emendato dal maxi emendamento A.C. 1386-A approvato dalla Camera dei
Deputati in sede di discussione del disegno di legge di conversione).

L’ASGI sottolinea innanzitutto come con l’emendamento apportato all’art. 20 c. 10 del decreto-legge si profili una
sostanziale soppressione dell’assegno sociale quale misura di assistenza sociale a carattere non contributivo
espressione del diritto costituzionale all’assistenza sociale rivolta agli indigenti (art. 38 c. 1). Infatti, ai requisiti soggettivi
e reddittuali previsti dall’attuale normativa (ultrasessantacinquenni privi di reddito sufficiente, cittadinanza italiana o
comunitaria, ovvero, per gli stranieri extracomunitari, il possesso del permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti)
viene aggiunto quello del soggiorno legale e della prestazione lavorativa continuativa per almeno dieci anni, dalla quale
sia derivato un reddito non inferiore all’importo dell’assegno sociale medesimo.

In tale maniera, viene svuotato di significato l’assegno sociale quale istituto di assistenza sociale a carattere non
contributivo, oltrechè si determina una palese situazione di discriminazione indiretta o “dissimulata” nei confronti dei
cittadini stranieri, in quanto i nuovi requisiti di anzianità di soggiorno e di contribuzione lavorativa finiscono per incidere in
maniera sproporzionata a svantaggio dei cittadini migranti rispetto a quelli nazionali.

A tale riguardo, si sottolinea come tale normativa, se approvata, appaia suscettibile di contenere profili di contrasto con
le norme europee riguardanti il principio della parità di trattamento e di non discriminazione nelle materie coperte dal
Trattato, di cui agli artt. 12 e 39 del Trattato CE, dell’art. 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE (in materia di
previdenza e assistenza sociale).

Palese, poi, sarebbe la violazione del Regolamento CEE n. 1408/71 e successive modifiche (relativo all’applicazione dei
regimi di sicurezza sociale dei lavoratori migranti subordinati, autonomi e loro famigliari, che menziona espressamente
l’assegno sociale ex l. 335/95 quale prestazione economica cui il Regolamento medesimo si applica), con riguardo ai
cittadini dell’Unione Europea e loro famigliari, nonché, in forza del Regolamento 859/2003 (che estende l’applicazione
dei Regolamenti citati ai cittadini non comunitari regolarmente soggiornanti) con riferimento ai cittadini non comunitari
che provengano da un altro Paese dell’Unione.

La disposizioni, infine, è di dubbia costituzionalità (art. 3 e 38 Cost.), oltre che in contrasto con le norme nazionali antidiscriminatorie
rispetto ai cittadini stranieri in generale (art. 43 T.U. immigrazione).

Appare, peraltro, corrispondente ad una visione del “Welfare” di tipo riduttivo e caritatevole, sostituire di fatto all’assegno
sociale, quale prestazione sociale avente natura di diritto soggettivo, una misura a carattere largamente discrezionale,
sia per entità dei finanziamenti che per caratteristiche dei beneficiari, quale la “carta acquisti” di cui all’art. 81 della
manovra finanziaria. Tale “carta acquisti” viene peraltro riservata unicamente ai “residenti di cittadinanza italiana”
(comma 32).

Tale riserva di cittadinanza appare illegittima sul piano costituzionale, in quanto in contrasto con il principio di parità di
trattamento tra lavoratori migranti e nazionali in materia di assistenza sociale di cui alla Convenzione OIL n. 143/1975,
ratificata dall’Italia, nonché con l’art. 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo, in combinazione
con il principio di non discriminazione di cui all’art. 14 della Convenzione medesima, così come interpretato dalla
consolidata giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo, per la quale le prestazioni sociali, anche a carattere
non contributivo, costituiscono beni patrimoniali per la cui erogazione non sono ammesse discriminazioni su base di
appartenenza nazionale (Gaygusuz c. Austria, ricorso n. 17371/90). Per l’evidente discriminazione “diretta” a danno
dei cittadini comunitari e loro famigliari, la norma contenuta nella finanziaria 2009 appare inconciliabile con la normativa
europea (principio della parità di trattamento e di non discriminazione nelle materie coperte dal Trattato, di cui agli artt.
12 e 39 del Trattato CE, dell’art. 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE; Artt. 3 e 4, 7 del regolamento CEE n.
1612/1968 e successive modifiche, che estende il principio di parità di trattamento con i lavoratori nazionali a tutti “i
vantaggi fiscali e sociali collegati alla condizione di lavoratore”). Ugualmente, la norma appare in evidente contrasto con
il diritto europeo in relazione al principio di parità di trattamento in materia di assistenza sociale tra cittadini nazionali e
cittadini di paesi terzi titolari del permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti, di cui all’art. 11 della direttiva europea
n. 109/2003/CE.

L’A.S.G.I. esprime inoltre dubbi e preoccupazioni sulla potenziale portata discriminatoria delle norme contenute nella
manovra finanziaria 2009 relative al c.d. “piano casa”, che prevede interventi per l’accrescimento dell’offerta abitativa da
destinarsi a prima casa per determinate categorie di “soggetti deboli”, tra i quali vengono ricompresi pure gli immigrati regolari a basso reddito, residenti da almeno 10 anni nel territorio nazionale ovvero da almeno cinque anni nel territorio
regionale.

Sebbene si ritenga irragionevolmente lunga e contrastante con il principio di libertà di circolazione l’anzianità di
soggiorno richiesta ai fini dell’accesso ai benefici, l’inclusione della categoria degli immigrati regolari di lunga anzianità di
soggiorno tra i beneficiari del c.d. “piano casa” potrebbe costituire un’apprezzabile novità, in quanto “azione positiva” per
favorire l’integrazione sociale dei cittadini migranti.

Ciò, tuttavia, a patto che tale categoria sociale non venga
interpretata quale esclusiva rispetto alle altre previste nella normativa (ad es. giovani coppie, nuclei famigliari a basso
reddito, anziani svantaggiati, ecc.); in altri termini, solo se gli immigrati regolari potranno concorrere, a parità di
condizioni, anche ai benefici previsti per le altre categorie sociali richiamate dalla norma, se in possesso dei requisiti
soggettivi e reddittuali. Qualora, invece, tali categorie di beneficiari vengano, in sede applicativa, riservate ai soli cittadini
italiani si determinerebbe una condizione ghettizzante e discriminatoria verso i cittadini migranti, in violazione di precise
norme interne, europee ed internazionali.

Si raccomanda pertanto alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasposti che in
sede di applicazione della suddetta normativa non vengano introdotte interpretazioni discriminatorie in contrasto con i
principi di parità di trattamento.

Su questo così come sugli altri punti sollevati, l’A.S.G.I. interpella con la presente l’UNAR (Ufficio Nazionale Anti-
Discriminazioni), presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri- Dipartimento le Pari Opportunità affinché anch’esso
possa, eventualmente e se lo ritiene opportuno, formulare una raccomandazione ed un parere in merito, avvalendosi
delle prerogative assegnategli dall’art. 7 c. 2 lett. b) e e) del D.lgs. n. 215/2003, in quanto Autorità Nazionale contro le
discriminazioni razziali, costituita per effetto del recepimento della direttiva europea n. 2000/43/CE.

Elaborato p. l’ASGI dal Dott. Walter Citti