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Padova – I Servizi Sociali negano il diritto di residenza

Considerazioni a cura dell'Ass. Open Your Borders relative alla mancata iscrizione anagrafica di persone vulnerabili e denuncia nei confronti dei Servizi Sociali

Photo credit: Massimo Sormonta - 17 marzo 2019, manifestazione "Padova città aperta"

Con questo contributo si vuole porre l’attenzione, identificandoli come controparte, sui Servizi Sociali afferenti al comune di Padova, in quanto co-responsabili di ritardi nella convocazione di determinate persone con situazione fragili, da noi segnalati, o addirittura non recettivi alle mail di segnalazione stesse e sugli ostacoli posti per rilasciare, o addirittura per non concedere, la residenza (reale o fittizia) presso il comune di Padova.

La concessione di una qualche forma di residenza, infatti, è uno degli elementi chiave per superare una serie di problematiche quali la possibilità di essere accolti in strutture dormitorio, la possibilità di accedere a progetti di accoglienza, la possibilità di regolarizzarsi attraverso la richiesta di un permesso di soggiorno, la possibilità di richiedere il rilascio di una Tessera Sanitaria, a volte addirittura la possibilità di iscrivere a scuola i propri figli, minori e non.

È proprio la mancata concessione di una residenza che accomuna quattro persone, ricevute e sostenute dal nostro sportello nell’ultimo anno e mezzo, precisamente nel periodo post chiusura della struttura per senza fissa dimora Casa Arcella, vissuta propositivamente e come parte attiva dall’associazione scrivente.

Estrapolando degli elementi dalle diverse situazioni di cui nel testo manteniamo l’anonimato, possiamo esplicitamente affermare che evidentemente non basta essere un senza fissa dimora di lungo periodo, essere in cura al Sert da diverso tempo, essere in uno stato psico-fisico che necessita costante monitoraggio, per essere iscritto al registro anagrafico comunale.

Motivo della non iscrizione?
Non avere i documenti adeguati.
Il tutto dentro un “meccanismo” di trasmissione malfunzionante: essere in possesso di dichiarazione di ospitalità/residenza per procedere con la richiesta di un permesso di soggiorno, ma, per contro, necessità di permesso di soggiorno valido per ottenere il rilascio di una residenza, anche quella fittizia.

Parallela alla residenza, viene contemplata pure la dichiarazione di ospitalità, per procedere con la richiesta di un permesso di soggiorno.
Sappiamo molto bene anche quanto sia complicato procurarsi una dichiarazione di ospitalità, soprattutto in uno stato giuridico “illegale” e conosciamo pure bene l’inflessibilità della questura di fronte a dichiarazioni di ospitalità scadute o non aggiornate.

Il signore da noi segnalato ai servizi sociali, ha specifico bisogno di ottenere dal Comune una residenza, così da poter accedere alle strutture/dormitori al di là della durata dell’emergenza freddo o a un supporto per poter accedere a progetti SAI.

Andando avanti con la lista: non basta avere la cittadinanza italiana ed essere assegnataria di una casa comunale per sé e la propria famiglia, per veder concessa la residenza, all’interno della casa di cui sopra, alla propria figlia, ormai maggiorenne, giunta in Italia in un secondo momento, grazie al ricongiungimento familiare.
Dove sta il problema?
Il problema sta nel fatto che la ragazza, frequentante la scuola superiore, deve andare a rinnovare il proprio permesso di soggiorno e senza la residenza o la dichiarazione di ospitalità da parte del Comune stesso (proprietario di casa) tutto ciò non è possibile.

L’ostacolo, a quanto pare insormontabile, è rappresentato dall’impossibilità, da parte del Comune, di modificare il contratto di accoglienza fatto inizialmente per sole 4 persone (come si diceva la figlia più grande è arrivata in un secondo momento e si è aggiunta al nucleo familiare di 4 persone).
La signora in questione si è più volte rivolta allo sportello casa del Comune di Padova per provare a trovare una soluzione a questa spiacevole situazione, ma non c’è stata risposta e ora la figlia, regolare sul territorio, inserita con il suo nucleo familiare in una casa per 5 persone, frequentante la scuola superiore, non potrà rinnovare il documento, per il mancato rilascio di una nuova dichiarazione di ospitalità che comprenda anche lei.

Andando avanti, abbiamo rilevato l’inserimento di una signora, con cittadinanza italiana, nel registro dei senza fissa dimora, ma abbandonata a se stessa per quanto riguarda la questione abitativa ed economica, per affrontare delle spese mediche improcrastinabili.
Purtroppo l’attuale situazione lavorativa della signora non le consente di sostenere né le spese di affitto né le cure mediche.
In passato era riuscita a far fronte a tali spese anche grazie al sostegno della Caritas e delle reti parrocchiali.
Il peggioramento della sua condizione fisica, un problema alla caviglia che negli anni è andato peggiorando, le rende difficile recarsi puntualmente sul posto di lavoro, causandole non pochi problemi.
La situazione è ulteriormente complicata dalla mancanza, a decorrere da domenica 30 maggio 2021, di un’abitazione fissa.
Il tutto “condito” dalle mancate risposte o dall’accusa di pretendere lavori più sostenibili, vista la propria situazione fisica, da parte dell’assistente sociale.

Per concludere, è necessario rimarcare la noncuranza degli assistenti sociali comunali che, posti di fronte ad evidenti vulnerabilità di persone aventi storie personali passate e presenti travagliate, si auto-concedono la legittimità di esprimere giudizi morali sulla persone assistite, cosa anti-professionale per eccellenza.

Questa premessa è propedeutica ad introdurre il caso di una ragazza, priva di documenti, con un precedente aborto e una gravidanza in atto, tornata di nuovo in strada dopo la fine dell’emergenza freddo.
La ragazza in questione ha ricevuto la porta in faccia dai servizi sociali, che non hanno mosso un dito per provare a risolvere la situazione, rimandando la responsabilità al comune di precedente residenza e criticando la scelta di procreare, vista la propria situazione di precarietà generale.

Riteniamo fondamentale per lei, come per tutte e tutti, il rilascio di una residenza e riteniamo, allo stesso tempo, non più “passabili” determinati comportamenti da parte delle istituzioni che, invece di promuovere esperienze virtuose, come gli sportelli di bassa soglia, si pongono nelle condizioni di metterne in difficoltà l’operato con conseguenze, anche drammatiche, per i soggetti vulnerabili stessi.