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Padova – Riassunte tre socie-lavoratrici licenziate da Alloga

Dopo 9 mesi di lotta tre donne immigrate riconquistano il posto di lavoro

Questa mattina 8 aprile tre lavoratrici della multinazionale farmaceutica Alloga di Padova sono rientrate al lavoro dopo il licenziamento di Luglio 2007.
Un licenziamento di 15 donne di cui 13 immigrate avvenuto soltanto per aver chiesto migliori condizioni di lavoro: le lavoratrici infatti operavano senza maggiorazioni per gli straordinari, in estate in condizioni climatiche proibitive vista la presenza di farmaci, impossibilitate a rimanere a casa in caso di malattia e gravidanza e in una situazione di costante intimidazione da parte dei responsabili della ditta se si fossero rivolte al sindacato Associazione Difesa Lavoratori.
A tutto questo si aggiunge l’essere donna e immigrata. Sappiamo come negli ultimi anni ad una disparità di trattamento uomo-donna/donna immigrata sia avvenuto un aumento delle percentuali di vittime di abusi e soprusi nei luoghi di lavoro e come le donne immigrate ne siano state le principali vittime.

Dopo 9 mesi di battaglia fatti di contestazioni, picchetti affianco ad altri lavoratori e sostenute dal sindacato ADL, ricorso d’urgenza al Tribunale di Padova sono riuscite oggi ad essere riassunte e riottenere il loro posto di lavoro e non più in qualità di socie-lavoratrici della cooperativa EuroService quali erano ma come dipendenti a tempo indeterminato della società Alloga.
La loro determinazione e la loro parola ha messo in luce per l’ennesima volta lo sfruttamento che accompagna la figura del socio-lavoratore all’interno delle cooperative, un rapporto di lavoro che produce minori costi per le aziende e contemporaneamente nessun diritto per i lavoratori.

Nelle parole di una di loro, Mirella, ritroviamo tutta la determinazione e il desiderio di molte donne immigrate di non essere ne maltrattate né subordinate ai ritmi e ai criteri della produzione sia come lavoratrici ma soprattutto come donne: “Finalmente abbiamo fatto valere i nostri diritti, si spera che le cose procedano bene, noi ci mettiamo tutta la buona volontà e l’Alloga metterà la sua. Dò il consiglio di lottare a testa alta, di crederci fino alla fine, anche se la battaglia è dura e la burocrazia in Italia è lenta, ma ne vale la pena altrimenti non riusciremo mai ad uscire da questo tunnel, auguri a tutte le donne!”
E’ in particolare alle donne che si rivolge Mirella nella consapevolezza che nei luoghi di lavoro in misura maggiore degli uomini le donne, soprattutto se straniere, subiscono discriminazione percependo spesso a parità di livello e categoria uno stipendio inferiore al collega uomo tanto che si parla di differenziale retributivo tra uomini e donne immigrate.

In una rapporto INPS di recentemente pubblicato su donne e lavoro si legge: “Nel quadro di un (quasi scontato) divario retributivo tra lavoratori nazionali e lavoratori stranieri, le donne immigrate rappresentano una sorta di differenza nella differenza, sperimentando rispetto ai lavoratori maschi di origine straniera un ulteriore peggioramento dei livelli retributivi e contributivi. Lo svantaggio rispetto ai colleghi maschi, del resto, è noto anche alle donne italiane e non poteva non coinvolgere le straniere, in un’ottica di stratificazione sociale e culturale che supera e oltrepassa la semplice differenza di nazionalità”.

La lunga lotta delle tre lavoratrici e gli esiti oggi ottenuti ci sollecita all’autodeterminazione e ci ripropone oggi più che mai la sfida sempre aperta della disuguaglianza sia essa economica, culturale o di genere.