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Pakistan – Alla vulnerabilità della tutela dei diritti fondamentali nel paese d’origine si contrappone una situazione di felice e di fattivo inserimento nel Paese d’accoglienza

Corte d’Appello di Milano, sentenza n.1757 del 19 aprile 2019

La Corte ha ritenuto sussistenti nel caso in esame i presupposti della protezione umanitaria, misura residuale che può essere rilasciata dal questore qualora, ai sensi dell’art. 5, comma 6, D.lgs. 286/1998, “ricorrano seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano”.

Secondo la giurisprudenza più recente, ai fini del rilascio del permesso di natura umanitaria, occorre accertare che il richiedente versi concretamente in condizioni di vulnerabilità meritevoli di protezione alla luce degli obblighi costituzionali ed internazionali gravanti sullo Stato italiano.
Nel caso di specie, nell’eventualità del rimpatrio l’appellante verrebbe evidentemente a trovarsi in un contesto sociale, politico ed ambientale idoneo a costituire un significativo vulnus agli interessi di rango primario della persona, con conseguente vulnerabilità della posizione del richiedente tale da giustificarne l’ammissione alla protezione umanitaria. Dunque, nella specie, vengono in rilievo sia l’art. 2 della Costituzione Repubblicana che l’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo che sancisce il diritto alla vita privata e familiare. Ciò in quanto, l’appellante in caso di rimpatrio, sarebbe costretto ad affrontare tutte le difficoltà di un nuovo radicamento territoriale, in assenza delle condizioni minime per condurre un’esistenza in cui non sia radicalmente compromessa la possibilità di soddisfare le esigenze fondamentali della vita personale, tra cui quelle legate al proprio sostentamento e al raggiungimento degli standards minimi per un’esistenza dignitosa (v. Cass. n. 4455 del 23.02.2018).
Sennonché, alla lacuna sostanziale sotto il profilo della tutela dei diritti umani del richiedente nel Paese d’origine, si contrappone una situazione di felice e di fattivo inserimento nel Paese d’accoglienza.
A tale stregua, evidentemente, dal punto di vista della tutela e dell’esercizio dei diritti fondamentali che costituiscono il presupposto essenziale per una vita dignitosa (art. 2 Cost.) è dato riscontrare tra i due contesti di vita un’effettiva ed incolmabile sproporzione tale da connotare la posizione dell’appellante in termini di vulnerabilità che ne giustifica l’ammissione alla protezione per motivi umanitari
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Corte d’Appello di Milano, sentenza n.1757 del 19 aprile 2019