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Pakistan – Il ritorno in patria causa pandemia da Covid-19 metterebbe a rischio la salute del richiedente

Tribunale di Bari, ordinanza del 13 novembre 2020

Il Tribunale di Bari ha ritenuto applicabile il decreto-legge n. 130/2020 disposizioni transitorie. L’articolo 15, comma 1, infatti prevede che le norme di cui all’articolo 1, comma 1, lettera e) si applicano anche ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge avanti alle commissioni territoriali, al questore e alle sezioni specializzate dei tribunali. Al procedimento trova applicazione la nuova disciplina, attesa la pendenza alla data di entrata in vigore del decreto-legge, prevista dall’articolo 16 nel giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, avvenuta il 21 ottobre 2020.

La difesa del ricorrente nel corso del giudizio, segnatamente nella nota presentata in data 01.09.2020 in occasione dell’udienza cartolare, ha rappresentato il pericolo per la salute del richiedente in ipotesi di rimpatrio in considerazione dell’attuale emergenza connessa alla pandemia da COVID-19.

Dall’accertamento disposto dal Tribunale, che conserva un potere officioso di integrazione seppure a condizione che il motivo, come nel caso di specie, sia stato dedotto, si deve constatare che in Pakistan, Stato in cui il sistema sanitario non riesce ad assicurare una copertura nei confronti della generalità dei cittadini, la situazione connessa alla diffusione del COVID 19, è in forte ascesa.
L’ultimo report dell’OMS in data 06.11.2020 registra un totale di 341.627 contagiati, 6.953 morti e 317.086 guariti. In tale giornata si sono registrati 1.376 contagiati, 30 morti e 0 guariti.
Un articolo del 24 agosto (The Diplomat, How did Pakistan Flatten the Coronavirus Curve?, 24 agosto 2020, https://thediplomat.com/2020/08/how-did-pakistan-flatten-the-coronavirus-curve/ ) riporta che, nonostante a maggio il Pakistan sembrava essere sull’orlo di una devastante epidemia di COVID-19, il governo ha sfidato tutte le norme decidendo di allentare le misure di lockdown in un momento in cui il paese stava registrando una media giornaliera di oltre 5.000 casi.
A metà agosto, il conteggio globale del COVID ha superato i 23 milioni, con oltre 810.000 morti. Il numero dei casi in Pakistan sembra essere rimasto relativamente basso, con circa 292.000 infezioni e oltre 6.200 morti in una popolazione di 220,4 milioni. Mentre il mondo ha registrato più di 4 milioni di infezioni e più di 200.000 morti nelle ultime tre settimane, il Pakistan ha contribuito a circa 12.000 casi e meno di 250 morti.
La provincia che ha registrato più casi risulta essere tuttora il Sindh, con 35.488 casi totali, seguita dal Punjab con 98.941 casi. Tuttavia, il numero relativamente basso di casi potrebbe essere il risultato di un significativo calo dei test coronavirus, almeno dall’inizio di luglio, secondo gli esperti sanitari. Secondo Our World in Data, l’ultima stima di test giornalieri del Pakistan per mille persone è 0,1 a partire dal 16 luglio, un calo piuttosto netto da 0,13 test a giugno. Gli esperti ritengono che gli attuali test siano diminuiti di almeno un quarto. I dati del NCOC (il centro operativo del comando nazionale) mostrano che il governo ha condotto 24.262 test il 15 luglio e ha riportato 40 morti. Al contrario, un mese fa, il 13 giugno, i test totali al giorno erano 29.546 e i decessi segnalati erano il doppio rispetto al 15 luglio. In base ai dati rilevati dal governo al 25 settembre, risulta che i test condotti giornalmente in totale in tutte le province sono 40.167,10 nonostante il governo avesse dichiarato di aumentare i test giornalieri a 50.000 a partire da luglio. Secondo i dati aggiornati al 1 ottobre i test condotti giornalmente risultano 31.697. Anche alle interviste condotte da Crisis Group a luglio si riporta che la strategia del blocco basata su “rintracciare, tracciare e quarantena“, che prevede il tracciamento e l’isolamento dei portatori del virus e dei loro contatti e la messa in quarantena nei luoghi dove il virus è più forte, è ostacolata da dati scarsi e bassi tassi di test. Il Ministro per la pianificazione, lo sviluppo e le riforme Asad Umar ha spiegato la strategia del Pakistan con queste parole: “I media hanno svolto un ruolo importante nel creare consapevolezza, supportata dal nostro programma di test, tracciamento dei contatti e quarantena. Siamo riusciti ad aumentare la capacità di test in un periodo molto breve e abbiamo applicato un sofisticato sistema di tracciamento”. Uno studio di siero-prevalenza, condotto nel mese di luglio dalla Health Services Academy (HSA) in collaborazione con più partner, tra cui l’Agha Khan University Hospital e l’Organizzazione Mondiale della Sanità, stima che l’11 per cento dei pakistani hanno sviluppato COVID-19 anticorpi mentre l’89% rimane a rischio.
Alla luce dell’epidemia di coronavirus in Pakistan e delle gravi carenze del servizio sanitario pubblico, trova pertanto giustificazione la concessione della tutela prevista dall’art. 19 commi 1.1. e 1.2. del d.lgs. 286/1998, dovendosi ritenere che, nei limiti anzidetti, la domanda deve essere accolta, dal momento che il rientro in patria in questo momento porrebbe il ricorrente in condizione di estrema vulnerabilità, con compromissione del diritto fondamentale alla salute.
Ed invero, all’esito di un confronto tra le condizioni del sistema sanitario del Pakistan e quello italiano (pur posto in difficoltà dalla pandemia in atto, ma senza dubbio diffusamente più efficiente sul piano delle risorse economiche, strutturali ed organizzative nonché della capacità di ricerca medica e sperimentazione), si ritiene che debba essere assicurato e garantito il diritto del ricorrente di accedere a cure ospedaliere, urgenti o essenziali adeguate al suo stato di salute anche con riferimento ad un possibile contagio da Covid 19, allo stato non pienamente attuabile nel suo Paese d’origine.

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Tribunale di Bari, ordinanza del 13 novembre 2020