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Pakistan – Protezione sussidiaria al richiedente per le intimidazioni ricevute da un noto esponente politico

Tribunale di Lecce, decreto del 15 giugno 2021

Un riconoscimento di protezione sussidiaria del Tribunale di Lecce per un cittadino pakistano proveniente dal Punjab che ha ritenuto, a differenza della Commissione di Bari, il suo racconto credibile.
Il ricorrente narrava di essere stato minacciato dagli uomini del politico A. R. a seguito del proprio rifiuto di vendere il terreno di famiglia; di aver chiesto protezione alla polizia, ma di essere stato invece arrestato e torturato da quest’ultima per 4 giorni; di aver deciso di lasciare il Paese, dopo una permanenza a Karachi di circa un mese, temendo per la propria vita; di temere, in caso di rientro, che gli uomini di A. R. possano ucciderlo.

Secondo il Tribunale, “(…) i fatti narrati integrano il pericolo di un grave danno come innanzi definito, ricorrendo una delle ipotesi di cui all’art. 14 D.lgs n.251/2007, sono apparsi credibili e circostanziati. Il ricorrente è stato molto preciso nel riferire i dettagli della vicenda occorsa che ha determinato la sua fuga. Dettagliata la descrizione delle dinamiche prevaricatorie dell’esponente A. R. e dei suoi seguaci nonché la collocazione temporale degli eventi. Il noto politico, infatti, A. R. decideva di appropriarsi della proprietà terriera del ricorrente, il quale dopo essersi rivolto alla polizia, veniva da questa portato via e imprigionato quattro giorni. Al suo reiterato rifiuto di vendere il terreno, veniva torturato, gli venivano tagliate le falangi della mano destra, e rotto un osso del petto, e ferito sulla testa per poi essere lasciato nei pressi della sua casa. Lasciava dunque la moglie nella casa della famiglia d’origine, i fratelli di (…) fuggirono, come lui che si diresse a Karachi ma anche lì veniva inseguito da uomini perciò lasciava il paese. La descrizione risulta piuttosto dettagliata, come innanzi già evidenziato, in relazione alle volte in cui gli uomini armati mandati da A. R., nell’arco di poco tempo pretesero che il terreno del ricorrente fosse venduto (al prezzo di 100.000 rupie) al politico, ribadendo che tali sicari al suo rifiuto l’avrebbero preso comunque e per tale ragione si rivolgeva invano alla polizia. Il richiedente, inoltre, ha chiarito (cfr pag. 7 del verbale di audizione) che al suo ennesimo rifiuto di firmare dei fogli al fine di tutelare il futuro della propria famiglia, che ovviamente riguardavano la vendita del terreno, sotto minacce della Polizia, questa decideva di amputare le due dita“.

Dalle COI consultate risulta che si tratta di un noto politico pakistano. È diventato membro dell’Assemblea nazionale del Pakistan nell’agosto 2018. È stato anche membro dell’Assemblea nazionale da giugno 2013 a maggio 2018. Nonostante le critiche ha legami con faide familiari o militanza islamista. È stato condannato a morte attraverso un atto antiterrorismo nel 1998, per aver ucciso sei persone nel tentativo di assassinare Ghulam Sarwar Bhooch, il nizam di Gujrat e un rivale di famiglia, oltre ad avere legami con Lashkar-e-Jhangvi e Sipah-e-Sahaba , mentre nel 2003 è stato accusato di aver aiutato Amjad Farooqi , un islamista che aveva pianificato di uccidere Musharraf (…)

Ciò certamente conferma – si legge nell’ordinanza – quanto riferito dal ricorrente anche in relazione alla collocazione temporale degli eventi in relazione alla militanza dell’esponente al partito del PMLN.
Inoltre vi è da osservare come la circostanza che la persecuzione derivi da agenti privati, integra l’ipotesi di cui all’art. 5, d.lgs. n. 251/2007, secondo cui agenti del “danno grave” possono essere anche soggetti privati, in assenza di un’autorità statale che impedisca comportamenti dannosi (si veda Cass. n. 16356/2017), come nel caso di specie.
Per quanto asserito è del tutto comprensibile l’atteggiamento di generale sfiducia e di terrore che il ricorrente prova verso le istituzioni pakistane come affermato nel corso dell’intervista; lo stesso dunque non poteva vedere altra soluzione per la situazione problematica in cui versava oltre alla fuga all’estero e non può nemmeno considerare, come soluzione utile, il suo rientro nel Paese di provenienza. L’istante ha compiuto, altresì, ai sensi del art. 3, c. 5 d.lgs. 251/2007, ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda (art. 3, c. 5 lett. a) d.lgs. 251/2007), avendo egli prodotto tutti gli elementi pertinenti in suo possesso [art. 3, c. 5 lett. b) d.lgs. 251/2007 – ha prodotto infatti traduzione giurata della denuncia sporta dal ricorrente e traduzione giurata di un certificato di proprietà terriera e ritenendosi le dichiarazioni rese coerenti e plausibili e non in contraddizione con le informazioni generali e specifiche pertinenti al suo caso, di cui si dispone, anche alla luce dell’art. dell’art. 5, c. 6 del d.lgs. 251/2007. Il Collegio, ha ritenuto fondato il timore rappresentato dal ricorrente in caso di rientro in Pakistan, anche sotto il profilo dell’attualità e della concretezza
“.

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Tribunale di Lecce, decreto del 15 giugno 2021

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