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Pakistan. Se lo stile di vita raggiunto in Italia è migliore di quello del paese di origine, il migrante ha diritto ad una forma di protezione

Tribunale di Venezia, ordinanza dell’11 settembre 2018

Il diritto alla protezione umanitaria che il nuovo ministro dell’interno vorrebbe stralciare dal nostro ordinamento, è in realtà un elemento studiato per coprire tutte quelle situazioni, che non rientrano nelle misure strettamente legate allo status di rifugiato o alla protezione sussidiaria. Infatti gli elementi di vulnerabilità possono essere molteplici e vanno analizzati seriamente. (ndr)

Pakistan – Il parametro dell’inserimento sociale dello straniero alla luce della sentenza della Corte di Cassazione numero 4455 del 2018.
Il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione nella sentenza sopra citata impone al giudice di operare un esame “specifico e attuale della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente, con riferimento al paese di origine”, in comparazione con la sua integrazione e la condizioni di vita privata in Italia, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione dell’esercizio di un nucleo di diritti umani, costitutivo dello statuto di dignità personale.
Il giudice si esprime, dunque, nei seguenti termini.
Da questo punto di vista, se la situazione del ricorrente nel Paese di origine era complessivamente negativa e precaria fino al momento dell’episodio del 2015 (non lavorava e viveva con una famiglia composta da padre macellaio e madre casalinga), l’eventuale rientro in patria lo esporrebbe ad una situazione di personale vulnerabilità avendo perso tutti i riferimenti familiari da tempo; per contro, il richiedente ha documentato il suo inserimento lavorativo in Italia, mediante la produzione di buste paga dalle quali si evince il suo impiego a partire dal gennaio 2017, come addetto alle pulizie (guadagnando circa € 300,00 mensili) nella provincia di Verona, dove il richiedente risiede presso un amico.
Valutando in via comparata le condizioni raggiunte nel paese ospitante e quelle del paese di origine, gli elementi addotti dal ricorrente sono sufficienti per la concessione di tale misura di protezione (sul punto Cass., I Sez. Civ., 23 febbraio 2018, n. 4455). Sussistono, dunque, i presupposti per accogliere la domanda subordinata di protezione umanitaria”.

– Scarica l’ordinanza:
Tribunale di Venezia, ordinanza dell’11 settembre 2018