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Pds per turismo – Non è più necessario

Basta una dichiarazione agli uffici competenti. Il commento dell’Avv. Paggi

Il decreto legge n. 10 del 15 febbraio 2007 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 38 del 15 Febbraio 2007) abolisce il permesso di soggiorno per turismo.
Va subito sottolineato però che questa novità non comporta nessuna liberalizzazione della circolazione per breve soggiorno o per motivi di turismo. Quello che succederà sarà una semplificazione delle procedure amministrative che andrà ad alleggerire leggermente il traffico burocratico presso gli uffici stranieri delle questure, che per quanto riguarda questo tipo di permessi era sostanzialmente un traffico inutile.

Il contenuto del decreto legge

Basta una dichiarazione
Il Testo unico sull’immigrazione è stato modificato all’art. 5 in cui si prevedeva l’obbligo dello straniero – in tutte le varie ipotesi di ingresso in Italia – di richiedere il pds entro 8 giorni lavorativi dall’ingresso. Ora si introduce una deroga, stabilendo che nel caso in cui il permesso di soggiorno sia di durata inferiore ai tre mesi (turismo, affari, visita, ecc), lo straniero non è più tenuto a richiedere il pds ma a dichiarare la sua presenza all’ufficio di Polizia di frontiera al momento dell’ingresso nel territorio nazionale oppure entro 8 giorni lavorativi al questore della provincia in cui si trova, attraverso un modulo e delle modalità che dovranno essere stabilite con decreto del ministero dell’Interno.
In altre parole, per il soggiorno turistico non si prevede più il permesso di soggiorno ma una semplice dichiarazione di soggiorno Bisognerà vedere se le modalità che verranno definite con decreto ministeriale, renderanno inutilmente complicata anche questa dichiarazione.

Il decreto del Ministero dell’Interno però non è ancora stato emanato. Cosa fare?
Chi in questi giorni intende attuare un soggiorno turistico (con obbligo di visto o meno) dovrebbe poter presentare una semplice dichiarazione della sua presenza. Ma il modulo ufficiale non è ancora disponibile…
Da una parte ci sono questure che si stanno già attrezzando con propria modulistica provvisoria, dall’altra purtroppo rimane la strada della compilazione del kit postale. Questa seconda eventualità da luogo a diversi problemi (oltre che di costi), visti i tempi di attesa incalcolabili con la nuova procedura di rinnovo e rilascio dei pds.

Alcune considerazioni
E’ curioso notare che il termine dichiarazione di soggiorno in realtà è lo stesso che qualificava, all’origine, il vero e proprio permesso di soggiorno. Si tratta di un fatto poco noto ma alle origini del pds non vi era una necessità di richiedere una autorizzazione ma bensì una semplice dichiarazione.
Nel T.U. di pubblica sicurezza del 1931 – norma applicata fino a pochi anni fa – si prevedeva che lo straniero non avesse generalmente l’obbligo di chiedere il permesso di soggiorno ma semplicemente di presentare una dichiarazione di soggiorno, entro un certo termine dall’entrata nel territorio nazionale. Poi la prassi amministrativa – così come definita dal regolamento di attuazione del T.U. di pubblica sicurezza e ulteriormente da disposizioni ministeriali – di fatto ha trasformato la dichiarazione in permesso. Quella che doveva essere la semplice ricevuta attestante l’avvenuto inoltro della dichiarazione di soggiorno si è trasformata in permesso di soggiorno, invertendo il meccanismo. Lo straniero doveva presentare la dichiarazione ma nel presentarla era come se chiedesse un’autorizzazione. Inoltre, la ricevuta – comprovante l’avvenuta presentazione della dichiarazione – nella prassi ministeriale si è trasformata in una autorizzazione del soggiorno.
Ci auguriamo che questa semplificazione amministrativa e burocratica introdotta con un decreto legge, non si perda nei rivoli delle complicazioni.

Soggiorno automatico
Chi proviene dall’estero per motivi di breve soggiorno, non dovrà ne attendere il rilascio del permesso di soggiorno ne recarsi presso gli uffici postali per spedire i discussi kit.
Si entra in Italia e si soggiorna automaticamente per tre mesi (durata massima prevista dalle norme Schengen).
Al contrario, i cittadini extracomunitari provenienti da paesi sottoposti all’obbligo del visto (richiesto al consolato italiano anche per breve soggiorno) continuano a doverlo richiedere e, solo se in possesso di esso, potranno entrare in Italia. Una volta entrati, saranno esentati dall’obbligo di chiedere il permesso di soggiorno, presentando solamente la dichiarazione di soggiorno entro gli otto giorni lavorativi (alla questura o alla polizia di frontiera).

Va sottolineato che gli allarmismi lanciati da alcuni giornali e dal centro destra di ingressi irregolari sono del tutto infondati, perché si tratta dell’abolizione del “permesso di soggiorno” per turismo e non del visto di ingresso!

Niente impronte digitali
Sempre nell’ambito della semplificazione prevista dal decreto legge, al comma 3 dell’art. 5 la lettera a è stata soppressa, riguardante le fotosegnalazioni e la rilevazione delle impronte digitali con riferimento ai permessi di soggiorno per turismo.

Nessun obbligo per l’ospitalità?
E’ stato abrogato l’art. 7 del Testo unico sull’immigrazione, che trasfonde il testo originario dell’art. 147 del Testo unico di pubblica sicurezza del 1931.
L’articolo stabiliva l’obbligo sia del datore di lavoro di denunciare l’assunzione del lavoratore straniero e sia l’obbligo dell’ospitante (sia chi ospita gratuitamente che a pagamento) di denunciare l’ospitalità all’autorità di polizia. Parte di questo articolo era già stato modificato con la legge finanziaria per l’anno 2007.BR>
E’ curioso notare come l’art. 7 sia stato soppresso in due tempi. Prima con l’abrogazione dell’obbligo del datore di lavoro di denunciare l’assunzione all’autorità di polizia (fermo restando per tutti gli altri adempimenti previsti dalla legge), ora con la parte riguardante l’ospitante.

Una legge dimenticata ma ancora in vigore
Ma bisogna fare attenzione. Quando vengono abrogate delle norme, succede che ci si “dimentica” – come sembra sia accaduto in questo caso – di ricostruire il quadro normativo completo.
Ad una prima lettura sembra che l’ospitante non abbia più nessun obbligo di denunciare la presenza dell’ospite e che non incorra in nessuna sanzione. Ma le cose non stanno proprio così…
Ci si è dimenticati di una vecchia legge (d.l. 21 mazro 1978 n. 59 convertito nella Legge 18 maggio 1978 n. 191), che prescrive la denuncia di ospitalità, non solo nel caso di ospitalità concessa ad uno straniero ma a qualsiasi persona, anche cittadino italiano.
All’art.12 della legge citata, troviamo scritto che “chiunque cede la proprietà o il godimento o a qualunque altro titolo consente,per un tempo superiore a un mese, l’uso esclusivo di un fabbricato o di parte di esso ha l’obbligo di comunicare all’autorità locale di pubblica sicurezza, entro quarantotto ore dalla consegna dello immobile, la sua esatta ubicazione, nonché le generalità dello acquirente, del conduttore o della persona che assume la disponibilità del bene e gli estremi del documento di identità o di riconoscimento, che deve essere richiesto all’interessato”.
inoltre “La comunicazione può essere effettuata anche a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Ai fini dell’osservanza dei termini vale la data della ricevuta postale”.
“Nel caso di violazione delle disposizioni indicate nei commi precedenti si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 200 mila a lire tre milioni. La violazione è accertata dagli organi di polizia giudiziaria, nonché dai vigili urbani del comune ove si trova l’immobile. la sanzione è applicata dal sindaco ed i proventi sono devoluti al Comune.

La Legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005), precisa che i moduli di cessione del fabbricato (da utilizzare per la denuncia) sono in distribuzione gratuita presso i Comuni.
In altre parole, è stato abrogato l’obbligo di denuncia dell’ospitalità degli stranieri all’autorità di polizia (questura) ma è ancora in vigore l’obbligo di denuncia dell’ospitalità di qualunque persona (straniera o italiana) all’autorità locale di pubblica sicurezza ovvero il sindaco. Tra l’altro, la sanzione prevista in mancanza di questo obbligo è più elevata di quella prevista nella norma abrogata da poco.
La norma è formulata in termini leggermente diversi rispetto all’obbligo di ospitalità degli stranieri previsto dall’art. 7 recentemente abrogato. Si fa riferimento ad una presunta ospitalità che debba durare per un periodo superiore ad un mese ma, nonostante questo, si prevede che entro 48 ore dall’inizio dell’ospitalità vi debba essere la denuncia, pena la sanzione amministrativa prevista.

E’ piuttosto ridicolo che ci si preoccupi di abrogare una norma che prevede la denuncia di ospitalità nei confronti dei soli stranieri, quando invece rimane in vigore una norma che prevede questo obbligo nei confronti di tutti…
1 [Ascolta il commento dell’Avv. Paggi ] (durata 20 m.)

Quando esiste il rischio di un espulsione
Viene ridefinita la condizione di straniero irregolarmente soggiornante, sempre in riferimento alle persone entrate per turismo senza più l’obbligo di chiedere il permesso.
L’art. 13 del Testo unico sull’immigrazione che disciplina l’espulsione amministrativa, è stato modificato prevedendo che il cosiddetto clandestino o irregolare è quella persona , soggetta all’obbligo di dichiarare la propria presenza entro gli otto giorni lavorativi dall’ingresso, che ha omesso di presentare la dichiarazione di presenza.
Esempio pratico – Un turista che arriva da un paese esentato dal visto d’ingresso (come Argentina o Croazia), transita la frontiera ed entra in Italia senza poi presentare nessuna dichiarazione, non essendo al corrente di cosa si deve fare. A partire dal nono giorno dell’ingresso nel territorio italiano rischia di essere subito colpito da un provvedimento di espulsione con le note conseguenze. Allo stesso modo, uno straniero che ha presentato la dichiarazione di soggiorno ma, alla scadenza dei tre mesi o della durata minore stabilita nel visto d’ingresso, rimane in Italia, è parimenti trattato come un irregolare quindi può essere colpito dal provvedimento di espulsione.

Mentre per gli stranieri in possesso di un permesso di soggiorno “normale”, che omettono di richiedere il rinnovo, l’espulsione è prevista dalla legge solo dopo che sono trascorsi 60 giorni dalla scadenza, nel caso dei turisti che hanno presentato la dichiarazione di soggiorno, non esiste un termine di questo tipo. Il provvedimento di espulsione può scattare immediatamente, anche il giorno successivo alla scadenza del termine di durata massima del soggiorno per turismo.
Chi ha un permesso di soggiorno per turismo non può chiederne il rinnovo o la proroga, anche se per la verità la legge prevede determinate ipotesi come per esempio la conversione del permesso di soggiorno per motivi di famiglia.
Si dovranno attendere le disposizioni ministeriali con l’introduzione di chiarimenti.
La norma di riferimento che adotta l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne e l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo, è il Regolamento CEE 15 marzo 2001.

I mezzi di sussistenza
La norma di riferimento rimane la direttiva del Ministero dell’Interno del 1 marzo 2000 che indica, con riferimento alla durata del soggiorno, i mezzi di sussistenza minimi la cui dimostrazione è imposta nel caso di controlli alla frontiera.

i lavoratori extraue distaccati temporaneamente presso società italiane da società estere.

Semplificazioni per i lavoratori extraue distaccati temporaneamente presso società italiane da società estere
Un’altra modifica riguarda l’art. 27 del T.U., attuata per evitare il compimento delle procedure d’infrazione (già avviate nel 1998 e nel 2006) nei confronti della Repubblica Italiana per violazione delle norme sulla libertà di circolazione delle imprese e dei lavoratori nell’Unione Europea.
Esempio pratico – Secondo la prassi finora adottata, un lavoratore dipendente di un’impresa tedesca che doveva trasferirsi temporaneamente in Italia al seguito della propria impresa, non poteva circolare liberamente. Egli doveva – se si trattava di cittadino extracomunitario regolarmente soggiornante in un altro paese U.E. – comunque sottostare ad una procedura d’autorizzazione all’ingresso che lo trattava come un lavoratore residente in un paese terzo e non invece in un paese comunitario. In altre parole, questa procedura imposta dall’amministrazione italiana (in base solo ad una interpretazione arbitraria) non teneva conto del fatto che una persona extracomunitaria ma soggiornante in un paese europeo, aveva tutto il diritto di spostarsi temporaneamente a seguito della propria impresa. Questa inosservanza violava il principio di libertà di circolazione e di prestazione di servizi delle imprese nell’ambito U.E.
La modifica introdotta sopprime il trattamento riservato finora a questi lavoratori, in modo arbitrario. Ora il nulla osta al lavoro è sostituito da una semplice comunicazione da parte del committente del contratto, in base al quale la prestazione di servizi ha luogo unitamente ad una dichiarazione del datore di lavoro contenente i nominativi dei lavoratori da distaccare e attestante la regolarità della loro situazione, con riferimento alle condizioni di residenza e di lavoro nello stato membro U.E. in cui ha sede il datore di lavoro.
In altre parole, se una ditta tedesca deve trasferire una squadra di propri lavoratori in Italia per eseguire un appalto in favore di un committente italiano, non è più necessario (per quei lavoratori extracomunitari e regolarmente soggiornanti in Germania) richiedere il preventivo nulla osta e visto d’ingresso, ma è sufficiente che il committente in Italia presenti una comunicazione con allegato il contratto di appalto stipulato con la ditta tedesca. Il datore di lavoro della ditta tedesca poi comunicherà i nominativi dei lavoratori alle sue dipendenze, in particolare i dipendenti extracomunitari.
Questa comunicazione dovrebbe sostituirsi sia alla necessità richiedere il nulla osta e sia – anche se non è specificato nel testo – alla necessità di richiedere il visto d’ingresso. Sarebbe così possibile circolare liberamente per i dipendenti delle imprese comunitarie, ovviamente in funzione dell’attività delle loro imprese.
Si tratta di una norma utile perché non solo semplifica e attua un principio garantito a livello comunitario, ma soprattutto supera una prassi che esponeva i lavoratori a gravi rischi.

2 [Ascolta il commento dell’Avv. Paggi ] (durata 12.30 m.)