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Il rilascio del permesso di soggiorno Ce per soggiornanti lungo periodo

Permesso di soggiorno CE di lungo periodo – La domanda può essere presentata in un’unica busta

a cura dell' Avv. Marco Paggi

Come noto la procedura che riguarda la convenzione tristemente nota tra il Ministero dell’Interno e le Poste Italiane, che ora regola il rilascio e rinnovo dei permessi, comporta tempi di attesa lunghissimi.
Auspichiamo che vengano eliminati i vari inceppamenti del sistema informatico che ha prodotto una serie di anomalie e bloccato un sacco di pratiche, senza nemmeno farle pervenire, o consentirne la loro lavorazione effettiva presso le questure.

Distinguere tra i compiti di Poste Italiane e quelli del Ministero dell’Interno non ha, dal punto di vista giuridico, molta ragione d’essere, dal momento che Poste Italiane, in base alla convenzione, non è altro che un braccio operativo del Ministero, assicurando una serie di elaborazioni, ivi compresa l’assistenza informatica delle pratiche, direttamente per suo conto.
Se Poste Italiane, come successo in molti casi, perde o inceppa la pratica, a causa del sistema mal congeniato, ne dovrà rispondere il Ministero dell’Interno che, di fatto, deve necessariamente rispondere di ciò che viene compiuto in suo nome. Questo è il succo della questione che è stata posta con alcuni ricorsi pilota al Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, promossi dal patronato Inca Cgil, che, come altri, si occupa del pre-caricamento delle pratiche e dell’assistenza ai lavoratori immigrati per la preparazione della documentazione e per l’inoltro delle domande.
Gli operatori di patronato rappresentano un osservatorio particolarmente qualificato perché, da un lato subiscono e dall’altro possono constatare e verificare quotidianamente, in base alla loro attività nell’ambito del sistema informatico delle poste, tutti i problemi tecnici dello stesso.

Il caso posto all’attenzione del T.A.R. Puglia è relativo a 4 ricorsi presentati da alcuni cittadini stranieri che avevano maturato i requisiti per il rilascio del Permesso CE per soggiornanti di lungo periodo.
Come è noto l’art. 9 del T.U. sull’Immigrazione prevede che il cittadino straniero regolarmente soggiornante da almeno 5 anni, che disponga di un reddito adeguato e di un alloggio idoneo, possa chiedere la carta di soggiorno per sé e per i propri familiari a carico.

In base alle istruzioni diramate dal Ministero, che ancora oggi figurano nel kit distribuito da poste italiane e nelle pagine dedicate a riguardo dal portale immigrazione, istruzioni prima diramate e solo successivamente e tardivamente smentite, più coppie hanno proposto la domanda di carta di soggiorno tramite la modulistica e gli appositi kit con un’unica busta.
Con i due moduli inseriti in un’unica busta hanno presentato un’unica domanda: quella per il marito e quella per la moglie. La stessa legge prevede che la domanda possa essere presentata dal cittadino avente i requisiti per sé e per il coniuge (o per i figli a carico). Quindi, attenendosi alla lettera delle indicazioni diramate dall’amministrazione, vi sono stati diversi casi (in questo caso le persone hanno promosso poi ricorso) in cui le persone hanno presentato la domanda congiunta di titolo di soggiorno in un’unica busta.
Queste domande si sono inceppate perché il software di poste italiane le ha qualificate come anomale. In altre parole, secondo il software, per ogni persona si sarebbe dovuta compilare un’apposita domanda inserita in buste distinte. Ogni busta, inoltre, avrebbe comportato il maggior vantaggio del versamento di 30 Euro.

Il caso proposto
Nonostante il decorso del tempo, questa pratica, riguardante gli appartenenti allo stesso nucleo familiare, inserita in un’unica busta, non era risultata rintracciabile.
La pratica, visibile nel terminale delle Poste, non compariva invece, a detta della Questura competente, nel suo terminale. Per la Questura non era possibile recuperarla e lavorarla, dandogli seguito e quindi inoltrando la domanda di permesso CE per soggiornanti lungo periodo, in quanto non era messa a disposizione dal software delle Poste.
Gli interessati si sono visti costretti a porre diffida all’amministrazione affinché provvedesse entro 30 giorni a dare un qualsivoglia riscontro. Poiché, al decorso del termine, nessun riscontro era pervenuto, e la pratica continuava ad essere non rintracciabile, ecco che gli interessati si sono risolti a presentare ricorso.
Il ricorso è stato promosso dal patronato Inca Cgil, in particolare dall’avvocato Angiolini, docente di Diritto Costituzionale all’Università di Milano, che ha seguito già in altre occasioni cause pilota sul diritto degli stranieri.
Sono stati quindi presentati quattro ricorsi al Tar Puglia a nome dei richiedenti e dei loro familiari che, congiuntamente, avevano richiesto in un’unica busta la carta di soggiorno.
Si è chiesto al giudice competente di accertare la illegittimità del silenzio dell’amministrazione, ordinando anche di provvedere alla valutazione delle istanze dei richiedenti. Inoltre è stato anche chiesto di accertare il fatto che le domande meritassero accoglimento, e quindi, di ordinare direttamente alla Questura il rilascio del titolo di soggiorno richiesto.

Il ricorso è stato valutato dal Tar Puglia, sezione mista di Bari, che lo ha accolto ordinando alla Questura di Bari di provvedere all’esame delle istanze presentate da tutti i richiedenti (quindi non solo dal “capofamiglia” ma anche da parte degli altri membri del nucleo familiare) entro il termine dei 30 giorni dalla notifica.
Il Tar Puglia ha accolto questi ricorsi accertando che le argomentazioni della Questura circa l’impossibilità di recuperare la pratica a causa dello smarrimento da parte di Poste Italiane, non possono modificare la norma attiva applicabile al procedimento in base alla quale, è la Questura che è competente al rilascio del permesso di soggiorno CE di lungo periodo ed è quindi responsabile del relativo procedimento.
Eventuali questioni che riguardano i ritardi nel servizio che Poste Italiane deve garantire, in base alla convenzione nei confronti del Ministero dell’Interno, potranno essere rilevate unicamente nell’ambito dei rapporti tra Ministero dell’Interno e Poste Italiane. Il Ministero dell’Interno potrà eventualmente trarre le sue conclusioni, ma lo stesso non può giustificarsi con il mal funzionamento del sistema Postale.

La domanda presentata contestualmente in unica busta, con un unico pagamento di 30 Euro, dovrà in ogni caso essere valutata ai fini della concessione del permesso di soggiorno Ce di lungo periodo. Questo perché l’art. 9 del T.U. sull’immigrazione, ai fini del rilascio di questo titolo di soggiorno, prevede che la domanda venga presentata anche per i familiari a carico del richiedente, che sia quindi una domanda unica.

Questo ha un riflesso pratico interessante, non solo perché permette di salvare tante pratiche che sono state perse poiché considerate anomale, ma soprattutto perché permette di trarre conclusioni positive per quanto riguarda i costi che un intero nucleo familiare deve sostenere.
Se da un lato sappiamo che per quanto riguarda il normale permesso di soggiorno non c’è alternativa se non quella di presentare “una busta per ogni testa”, quantomeno per la carta di soggiorno questa sentenza del Tar Puglia permette, al momento almeno, che con un unico pagamento di imposta, e in una sola busta, possano essere presentate le domande per la carta di soggiorno relative all’intero nucleo familiare.

Poste Italiane non ha ritenuto di costituirsi in giudizio e quindi di proporre al giudice amministrativo una sua versione dei fatti, ma solo il Ministero dell’Interno, tramite l’avvocatura di Stato, si è costituito in giudizio, ed in questo caso, ha tenuto, verosimilmente in base alle istruzioni impartite dal Ministero dell’Interno, una condotta piuttosto ambigua, sostenendo di non essere responsabile in quanto Poste Italiane non ha inviato nulla al Ministero.
Questo comportamento tende a deresponsabilizzare il Ministero dell’Interno che peraltro ha fatto di propria iniziativa questa convenzione con Poste Italiane, attribuendole dei compiti di altissima delicatezza. L’atteggiamento del Ministero dell’Interno, che tenderebbe a scindere il rapporto tra amministrazione e Poste Italiane in modo da dichiararsi immune da responsabilità, si contraddice col fatto che lo stesso Ministero ed i suoi uffici periferici, le Questure, sono l’organo competente a decidere sulle domande dei cittadini stranieri.
Se queste domande sono state perse non fa differenza dove questo sia avvenuto, la responsabilità va comunque a ricadere sul Ministero dell’Interno come organo competente a decidere.