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Permesso di soggiorno per attesa occupazione – Il Ministero dell’Interno: non oltre sei mesi

Con una circolare il Viminale richiama all'ordine le poche Questure che rilasciavano permessi di durata superiore

A Verona già da un paio di mesi e poi a Treviso, con l’annuncio del Questore Carmine Damiano in seguito alle mobilitazioni del 16 maggio. La durata del permesso di soggiorno per attesa occupazione era stata prolungata fino ad un anno.

La crisi economica che sta attraversando l’intera società miete, ovviamente, tra i migranti, il numero più alto di vittime: sovente occupano gli spazi più precari del mondo del lavoro, dalle agenzia di somministrazione lavoro alle cooperative, ma anche per chi ha diritto a prestazioni di previdenza sociale il futuro, dentro alla crisi, non sarà semplice.

Proprio a Verona, grazie al confronto tra i rappresentanti di Cittadinanza Globale, tra cui l’Avv. Roberto Maleani, e la Questura locale, aveva portato al prolungamento nella prassi dei permessi di soggiorno per chi era iscritto alle liste di collocamento fino ad un anno.

Nonostante la prassi ormai in voga da anni, la normativa infatti prevede un limite minimo di sei mesi ma non stabilisce un tetto massimo di durata del permesso per attesa occupazione.
L’art 22 del T.U. sull’immigrazione, al comma 11, prevede che “la perdita del posto di lavoro non costituisce motivo di revoca del permesso di soggiorno al lavoratore extracomunitario ed ai suoi familiari legalmente soggiornanti. Il lavoratore straniero in possesso del permesso di soggiorno per lavoro subordinato che perde il posto di lavoro, anche per dimissioni, può essere iscritto nelle liste di collocamento per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno, e comunque, salvo che si tratti di permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per un periodo non inferiore a sei mesi…”.

Solo nel regolamento di attuazione (norma che però dovrebbe rispondere ai limiti imposti dal testo unio), all’art 37, comma 5, troviamo un riferimento ai sei mesi come limite (“…fino a sei mesi dalla data di iscrizione…”).

Ma la realtà, come spesso avviene, presenta una casistica assolutamente eterogenea e più complessa, che deborda gli schemi ipotizzati dalla legge.
In primo luogo il fatto che alcune prestazioni di previdenza sociale, l’indennità di disoccupazione o l’indennità di mobilità, per chi si trova in senza lavoro, possono essere erogate per periodi superiori a sei mesi e quindi i soggetti interessati possono percepire somme utili a produrre reddito anche oltre il termine adottato nella prassi come durata massima del pds per attesa occupazione.
Ma ancora, chi perde il lavoro potrebbe vivere a carcio di un familiare o prossimo congiunto per legge tenuto a provvedere all’obbligo alimentare.
Vero è poi che, avere risorse sufficienti e lecite per il sostentamento, non significa per forza avere un reddito da contratto di lavoro, soprattutto nel caso di chi fino a poco tempo prima percepiva uno stipendio. I risparmi accumulati durante il periodo lavorativo, il trattamento di fine rapporto, i ratei maturati nel corso degli anni, possono comunque costituire una capacità di sostentamento anche ben oltre i sei mesi fissati.

Sull’argomento però è intervenuto il Ministero dell’Interno con una discutibile circolare del 6 maggio scorso. Nel testo si richiama la necessità di uniformare il trattamento nei diversi territori, ma naturalmente non in termini estensivi.
Richiamando il citato articolo 37, comma 5, del T.U. sull’immigrazione, il Viminale ribadisce il termine perentorio di sei mesi come durata massima del permesso di soggiorno per attesa occupazione, in virtù della tutela, ancora una volta, delle esigenze di ordine e della sicurezza pubblica. Il Ministero quindi invita a prolungare la durata del permesso di soggiorno per attesa occuapzione oltre i sei mesi indicati solo in casi eccezionali. Un timido riferimento poi è contenuto rispetto alla problematica dei tempi di attesa dei permessi, considerati un inconveniente, nonostante i richiami della Corte dei Conti ed il tempo stimato medio di consegna dei permessi in 291 giorni, un eternità.

Ricordiamo che in nome della crisi sono state messe in campo misure eccezionali proprio contro i migranti, dalla moratoria per gli ingressi 2009 e 2010, al pacchetto sicurezza. Nulla invece per chi, non per sua colpa, ma a fronte di questa crisi senza precedenti, perde il posto di lavoro. Oltre a trovarsi senza reddito, spesso con gli oneri dell’affitto, del mutuo, delle utenze che incombono, i migranti sembrano dover pagare la crisi anche rischiando di entrare nell’irregolarità…e con il pacchetto sicurezza in via di approvazione il futuro non si presenta certo facile.

Scarica la circolare del Ministero dell’Interno del 6 maggio 2009

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