Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Piena equiparazione per prestazioni sociali tra cittadini comunitari ed extracomunitari

Commento alla sentenza della Corte Costituzionale n. 432/2005

La sentenza della Corte Costituzionale 432/2005 del 28 novembre 2005 (recentemente depositata in cancelleria in data 2 dicembre 2005) potrebbe essere la prima di una lunga serie di pronunce riguardanti il diritto dei lavoratori non comunitari regolarmente soggiornati, ad essere equiparati ai cittadini italiani e comunitari per quanto riguarda l’erogazione delle misure di assistenza sociale.
Si tratta di un argomento trattato già in diverse occasioni perché la legge finanziaria 388/2000 ha di fatto abrogato (quasi completamente) il testo originario dell’art. 41 del T.U. sull’Immigrazione (D.Lgs. 25 luglio 1998 n. 286) nella parte in cui prevedeva questo diritto alla piena equiparazione, che può ora sussistere solo per chi ha la carta di soggiorno (ovvero poche persone). Chi invece ha un normale permesso di soggiorno e vive in Italia da diversi anni non ha questo diritto e, quindi, chi, ad esempio, diventa invalido civile o ha una malattia importante non può avere la pensione di invalidità civile.
Ciò riguarda tutte le forme di assistenza sociale ovvero tutte le prestazioni che non si basano sul versamento di contributi, in base ad un rapporto di lavoro.
La Corte Costituzionale, con la sentenza in esame, affronta un problema di rilevanza locale. In particolare la legittimità dell’ art. 8, comma 2, della legge della Regione Lombardia 12 gennaio 2002, n. 1 (Interventi per lo sviluppo del trasporto pubblico regionale e locale), come modificato dall’art. 5, comma 7, della legge della Regione Lombardia 9 dicembre 2003, n. 25 (Interventi in materia di trasporto pubblico locale e di viabilità) “nella parte in cui non include i cittadini stranieri residenti nella regione Lombardia fra gli aventi il diritto alla circolazione gratuita sui servizi di trasporto pubblico di linea riconosciuto alle persone totalmente invalide per cause civili”. Tale legge ha di fatto stabilito una serie di esenzioni per gli invalidi che utilizzano il trasporto pubblico; ci si riferisce però agli invalidi italiani o europei e non extracomunitari
In buona sostanza, la legge regionale ha discriminato tra cittadini italiani, comunitari ed extracomunitari per quanto riguarda la possibilità di usare il beneficio dell’esenzione totale del pagamento del biglietto sui servizi di trasporto pubblico per gli invalidi al 100% ed, eventualmente, per i loro accompagnatori.
La questione si pone negli stessi termini anche per le principali forme di assistenza sociale previste dalla legge nazionale (assegno di invalidità civile, assegno sociale, ecc.), che si basano unicamente sullo stato di bisogno.
Si tratta di prestazioni previste dalla legge in via generale, dalle quali però, grazie alla legge finanziaria del 2001 – in pieno governo di centro sinistra –, sono stati esclusi tutti quelli che non hanno la carta di soggiorno (disciplinata all’art. 9 del T.U.sull’Immigrazione).

La Corte Costituzionale dichiara illegittima la norma della legge della Lombardia, nella parte in cui esclude i cittadini extracomunitari dai benefici sopra indicati.

Le motivazioni della sentenza
“Violazioni del principio di parità di trattamento” stabilito dall’art. 3 della Costituzione.
Senza mezzi termini, la Corte Costituzionale, parla di discriminazione nei confronti di cittadini extracomunitari in mancanza di una motivazione che possa giustificare questa scelta discriminatoria, in base a ragioni di carattere sostanziale.
Non vi sono ragioni per discriminare sotto questo profilo gli stranieri rispetto agli italiani, posto che questa norma viene garantita per scopi solidaristici ovvero per consentire a chi è in una condizione più debole di attenuare il proprio disagio (in questo caso non pagare il biglietto dei mezzi di trasporto) e questo disagio esiste tale e quale anche per chi è invalido extracomunitario.
Non esiste nessuna ragione – sostiene la Corte – per trattare diversamente questo disagio, solo perché porta una nazionalità diversa.
Ci auguriamo che questa pronuncia sia la prima di una lunga serie perché altre e più importanti sono le questioni di illegittimità costituzionale (sollevate presso il Tribunale del Lavoro di Milano dalla Cgil Lombardia) che attendono di essere definite dalla Corte, sempre in materia di diritto di assegno di invalidità o assegno sociale. Si tratta di persone che non hanno più possibilità di procurarsi da vivere e che, superata una certa età, non hanno altri mezzi. In base a questo principio di parità ci auguriamo che anche le altre pronunce siano in questo senso, specie se considera che vi sono delle convenzioni internazionali che impongono questa parità di trattamento, che è prevista anche per tutte le forme di sicurezza sociale.