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Pisa – Respinti 25 rumeni che entravano in città

La denuncia di Africa Insieme, Rebeldía e Mezclar

Carovane di rumeni” che continuano ad arrivare;
accattonaggio e sfruttamento di minori; clan criminali che organizzano i “viaggi della speranza” verso le nostre zone; furti di biciclette e di motorini in zona Piagge…
Sono molte – e bizzarre – le ipotesi mobilitate per spiegare un fatto che a noi sembra banale, forse nemmeno meritevole di tanta attenzione: l’arrivo, in città, di un piccolo gruppo di famiglie rumene (in tutto 25 persone, molte delle quali minorenni), che si sono stabilite in uno dei campi presenti da tempo in periferia.

Ci pare che un simile episodio debba essere affrontato con la giusta sobrietà e aderenza ai fatti.
Proviamo a descriverli, i fatti.

Venticinque persone arrivano a Pisa: che c’è di strano? Una città è sempre teatro di arrivi, partenze, cambi di domicilio e traslochi. Quanto avvenuto, però, non è un fenomeno quotidiano.
Facciamo due conti: se ogni giorno entrassero in città “carovane di rumeni” ­ venti-venticinque persone alla volta ­ in un anno dovrebbero arrivare 10.000 rumeni. Sappiamo invece che dal 2001 ad oggi si sono stabilite nelle nostre zone 100-150 persone al massimo: secondo nostre rilevazioni, inoltre, molte famiglie in questi anni hanno abbandonato Pisa, tornando in Romania o trasferendosi in qualche altra città d’Italia. Vorremmo quindi che non si fornisse l’immagine di una città quotidianamente “invasa”, quando si sa perfettamente che non corrisponde alla realtà.
Questo per quanto riguarda i numeri. Dal punto di vista normativo, invece, vorremmo ricordare che le città non hanno potere di decidere chi può entrare nel proprio territorio e chi deve uscirne. Se uno straniero è autorizzato all’ingresso in Italia ­ e un rumeno, in quanto comunitario, ha pieno diritto di trasferirsi nel nostro paese ­, può circolare liberamente in qualunque città o Comune.
Non c’è dunque alcun motivo per negare il diritto di ingresso a queste persone, a cui semmai bisognerebbe cercare di garantire i diritti essenziali: a partire dalla scolarizzazione dei minori e dall’assistenza sanitaria.

Questi, dunque, i fatti. Tutto il resto ­ clan criminali, sfruttamento dei bambini, furti di biciclette o di motorini ­ ci pare assai poco pertinente e utile.
Situazioni accertate di accattonaggio con sfruttamento dei minori si contano, a Pisa, sulle dita di una mano. Gran parte dei cittadini rumeni presenti nelle nostre zone ­ anche quelli che abitualmente chiedono l’elemosina al semaforo ­ sono del tutto estranei ai circuiti della criminalità e dello sfruttamento: evocare questi fenomeni ogni volta che si parla di rumeni significa, inevitabilmente, alimentare uno stereotipo in modo irresponsabile.
Di tratta degli esseri umani e di organizzazioni criminali che organizzano gli arrivi, o le permanenze ai semafori, si è parlato per anni, senza alcuna evidenza investigativa che possa dimostrarne la fondatezza. Anche in questo caso, invece di evocare scenari foschi sarebbe bene citare dati precisi, inchieste di parte giudiziaria, statistiche e quant’altro; così si aiuterebbero le persone a capire di cosa si sta parlando.
Infine, i riferimenti ai furti di biciclette o di motorini ci appaiono francamente offensivi nei confronti delle comunità rumene: i furti a Pisa ci sono sempre stati, e non vi sono evidenze statistiche che dimostrino un particolare coinvolgimento dei rumeni.

Bisogna pensare che una persona o una comunità debbano diventare oggetto di sospetti solo perché rumeni? E questo, un tempo, non si chiamava pregiudizio?