Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
/

Portogallo – Il governo regolarizza tutti gli immigrati che hanno domande pendenti

Joana Gorjão Henriques, Público - 28 marzo 2020

Photo credit: Nuno Ferreira Santos

Il decreto pubblicato venerdì sera stabilisce che il documento di domanda sarà un giustificativo idoneo, funzionando come permesso di soggiorno temporaneo. Darà accesso a tutti i servizi pubblici come il Servizio Sanitario Nazionale e i servizi sociali. Sono tutelati anche i richiedenti asilo. Questo provvedimento è un “dovere” della “società solidale in tempi di crisi“, ha detto il ministro Eduardo Cabrita al quotidiano “Publico”.
Il Governo ha stabilito che tutti gli immigrati con domande di permesso di soggiorno in sospeso presso il Servizio degli stranieri e delle frontiere (SEF) si troveranno ora in una situazione regolare e avranno accesso agli stessi diritti di tutti gli altri cittadini, compreso i servizi sociali. La misura riguarda anche i richiedenti asilo.

La data da cui decorre è il 18 marzo, giorno della dichiarazione dello stato di emergenza nazionale, e riguarda le domande presentate ai sensi della Legge sugli stranieri e della legge sull’asilo per chi vuole lavorare (ai sensi degli articoli 88 e 89) e per chi vuole esercitare attività didattica, altamente qualificata o culturale (articolo 90), o altre situazioni di domanda di concessione o di rinnovo del permesso di soggiorno in regime generale o in regime eccezionale.
Il decreto, pubblicato venerdì sera, prevede che faccia fede l’atto di appuntamento presso il SEF o la ricevuta con la domanda, nonché le cosiddette manifestazioni di interesse o richieste emesse dalle piattaforme del servizio. Questi documenti “sono considerati validi nei confronti di tutti i servizi pubblici, in particolar modo quelli per ottenere il numero dell’utente, l’accesso al Servizio Sanitario Nazionale o ad altri diritti di assistenza sanitaria, l’accesso ai servizi sociali, la firma di contratti di locazione, la firma di contratti di lavoro, l’apertura di conti bancari e per l’accesso ai servizi pubblici essenziali“. Come successivamente chiarito dallo SEF, essi funzioneranno nel frattempo come autorizzazione temporanea.

Il documento pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale mira a “garantire in modo inequivocabile i diritti di tutti i cittadini stranieri con procedimenti pendenti” presso il SEF.
In una dichiarazione al quotidiano “Publico”, Eduardo Cabrita, Ministro degli Interni, che è responsabile del SEF, ha dichiarato: “In uno Stato di emergenza la priorità è la difesa della salute e della sicurezza collettiva. È in questi momenti che diventa ancora più importante garantire i diritti dei più fragili come i migranti. Garantire l’accesso dei cittadini migranti alla salute, alla sicurezza sociale e alla stabilità del lavoro e dell’alloggio è un dovere di una società solidale in tempi di crisi“.

Il SEF non ha ancora fornito il numero di immigrati con domande pendenti. Ma ha chiarito che gli sportelli chiudono e che gli appuntamenti previsti fino al 27 marzo riprenderanno dal 1° luglio in ordine cronologico. In altre parole, i documenti con le richieste fatte al SEF non si sostituiscono dal processo avviato in precedenza, che dovrà essere ripreso quando i servizi torneranno alla normalità. I richiedenti dovranno restare in contatto con il SEF, e chi ha già preso l’appuntamento non ha bisogno di farlo di nuovo, ha detto l’ufficio stampa.
Secondo una recente direttiva governativa, i visti per soggiornare in Portogallo che scadono dopo il 24 febbraio sono validi fino al 30 giugno.
Il SEF garantisce inoltre gli appuntamenti urgenti, sulla base di una decisione dei direttori regionali del SEF, a cittadini che abbiano necessità di viaggiare o che dimostrino “l’urgente e improrogabile necessità” di assentarsi dal territorio nazionale, e a “cittadini ai quali siano stati rubati o sottratti o abbiano smarrito i documenti giustificativi“.

La preoccupazione delle associazioni

La settimana scorsa, una ventina di associazioni hanno manifestato la loro preoccupazione al governo su questi casi e hanno scritto una lettera chiedendo soluzioni concrete. In tale lettera, le associazioni firmatarie sottolineano che ai lavoratori in fase di regolarizzazione e che hanno già effettuato versamenti previdenziali debbono essere garantiti i diritti alle indennità nei casi in cui sono previsti per gli altri lavoratori – se devono rimanere in quarantena, se si ammalano, se devono rimanere a casa per occuparsi dei bambini al di sotto dei 12 anni, o se sono licenziati a causa della chiusura temporanea o permanente delle aziende in cui lavorano. Inoltre chiedono che venga garantito anche il diritto all’indennità di disoccupazione in caso di licenziamento.
Al quotidiano “Publico”, Flora Silva dell’Associazione Olho Vivo, riportava alcuni giorni fa che “ci sono molte persone in attesa del permesso di soggiorno non per colpa loro, ma per colpa dei ritardi del SEF. Da un momento all’altro si trovano senza lavoro e non sono coperti da nulla. Così loro e le loro famiglie. Sarà una calamità“.

Allo stesso modo questa settimana decine di brasiliani, la più grande comunità di stranieri in Portogallo con 151.000 cittadini, hanno chiesto aiuto all’ambasciata per risolvere la situazione. L’elenco comprende giuristi, assistenti sociali, artisti, sommelier, pubblicisti, cineasti, psicologi, archeologi, insegnanti, addetti alle pulizie, studenti, scrittori, aiutanti di cucina: decine di firme e decine di professioni. Sono preoccupati per l’impatto della crisi da covid-19.
Uno dei modi più comuni per un immigrato di richiedere un permesso di soggiorno per lavoro ai sensi degli articoli 88 e 89 è quello di avere un contratto di lavoro e di pagare la previdenza sociale. Molti attendono addirittura da mesi una risposta dal SEF.

La legge prevede anche che possa essere regolarizzato chiunque abbia un accordo circa la stipula di un contratto di lavoro o “la sussistenza di rapporto di lavoro provato da un sindacato, da un rappresentante delle comunità di migranti che siedono nel Consiglio per le Migrazioni o dall’Autorità per le Condizioni di Lavoro“, sia entrato legalmente nel paese e sia registrato alla previdenza sociale (fatta eccezione del caso di solo accordo circa la stipula del contratto di lavoro). Dall’anno scorso, gli immigrati che lavorano e versano i contributi alla previdenza sociale per almeno 12 mesi possono avere un permesso di soggiorno anche se non sono entrati legalmente nel Paese.
Gli ultimi dati mostrano un saldo positivo di 651 milioni di euro tra i contributi degli immigrati alle casse dello Stato (746,9 milioni di euro) e i benefici di cui gli immigrati hanno usufruito (95,6 milioni di euro).