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Primo obiettivo: chiusura del CIE, e poi lunga accoglienza ai nuovi cittadini!

Un commento alle dichiarazioni dell'Assessore Frascaroli

L’Assessore alle Politiche Sociali Frascaroli comunica che il CIE di Bologna verrà trasformato in un Centro di accoglienza per migranti, dopo l’incontro con il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Graziano Delrio. Già una settimana fa lo stesso Assessore aveva dichiarato al quotidiano Il Resto del Carlino che la sua proposta era la trasformazione della struttura in centro di smistamento/hub per i migranti che arrivano dal sud.

Ascolta la dichiarazione dell’Assessore

La notizia è interessante, e parte da un dato assolutamente positivo: non esisterà più un centro di detenzione amministrativa a Bologna. Ma il tema è attuale, in questi mesi in cui l’intensificarsi dei conflitti sempre più persone ad arrischiarsi fino alle nostre coste, e merita di essere approfondito.

La proposta del Comune di Bologna, che parte da una posizione chiara contro il CIE, deve essere collocata nel contesto delle politiche italiane per l’accoglienza, caratterizzate dalla logica emergenziale almeno dal 2008, ma che nel 2011, con l’Emergenza Nord Africa hanno raggiunto un punto significativo. Fu con l’ENA che si iniziò per la prima volta a parlare di “centri di smistamento” e di accoglienza diffusa sui territori. Ricordiamo ad esempio che proprio il disumano capannone dei Prati di Caprara (ampia documentazione disponibile in rete) era stato presentato dalla Protezione Civile come Hub, per poi diventare definitivo per oltre due anni.

Avendo seguito da vicino il fallimento dell’ENA, per cui sono stati investite discrete somme, siamo ancora più convinti che il tema dell’accoglienza non possa essere affronrtato con l’angoscia del “dove li mettiamo”, come continua ad avvenire sui media allarmati dal toto-strutture, con la mappatura dei “luoghi caldi” e il lamento del “non sappiamo dove metterli”.

E’ un’altra la prospettiva da adottare prima di decidere quali spazi adibire, ossia quella di definire quali percorsi e quali prospettive si vogliono sviluppare per le persone che arrivano, capendo nell’ambito di quali norme e di quali doveri da parte dello Stato.
Senza questo chiarimento, che riguarda anche lo statuto giuridico di questi “nuovi” centri di prima accoglienza, viene riprodtto un intervento improvvisato, che guarda i destinatari dell’accoglienza come se fossero di passaggio, in transito, verso cosa e verso dove non importa.

E infatti, l’assessore si riferisce guarda caso alla “prima” accoglienza, ma è quello che avviene dopo a determinare la qualità degli interventi iniziali, e la percezione che i migranti hanno del paese che li sta accogliendo. Non a caso, oggi il 40% delle persone accolte a sud come a nord, scappa dai centri alla ricerca di qualcosa di meno precario. Non è certo questo che si vuole incenticare, allora come possiamo pianificare una seconda, successiva e duratura accoglienza? Questo ci sembra oggi il nodo da sciogliere per poter far fronte alla domanda di futuro che arriva dalle migliaia di persone che riescono ad attraversare indenni il Mediterraneo.

Occorre concentrare gli sforzi e la pianificazione delle risorse per pensare da subito, dai primi giorni dell’arrivo, ad un progetto per l’inclusione immediata sul nostro territorio, anziché un’azione tesa al semplice (e più veloce possibile) attraversamento.

Non sottovalutiamo infine un dato non certo secondario, quello di una accoglienza che si vuole replicare nella logica del “campo-fortino”. Un centro di detenzione organizzato come carcere di massima siurezza dovrebbe essere abbattuto e ripensato da capo per diventare un luogo in cui chi arriva possa sentirsi benvenuto! E allora, se siamo d’accordo che non sono i letti e i cortili di cemento, i 3 muri di cinta, le camerate lungo i bracci, a poter accogliere dignitosamente, perché non abbandonare definitivamente l’accoglienza dei grandi numeri, dove le persone si concentrano per periodi sempre indefiniti nell’attesa dilatata?

Domenica 18 maggio invitiamo tutti a manifestare per l’abolizione dei CIE e di tutti i luoghi di confinamento per migranti, per ripensare una politica dell’immigrazione e dell’asilo che costruisca le basi concrete per la libera scelta dei percorsi individuali e per dire al Viminale che a Bologna i rifugiati, i migranti, sono benvenuti per restarci per sempre!

Centro sociale TPO