Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da La Stampa on line del 19 agosto 2006

Prodi: cittadinanza, restano i 5 anni

Le donne musulmane scrivono ad Amato: «Viviamo nel terrore, tra maltrattamenti e violenze»

Roma. Nessun passo indietro sulla riduzione dei tempi per ottenere la cittadinanza italiana, dopo l’uccisione di Hina, la ragazza pachistana che si era ribellata alle severe regole religiose che la famiglia cercava di imporle. Il governo, conferma il premier Romano Prodi, si costituirà parte civile contro il padre della ragazza che verrà processato per omicidio ma sul disegno di legge Amato che dimezza, da 10 a 5 anni, i tempi per ottenere la cittadinanza non c’è nessun dubbio, ribadisce il primo ministro, si andrà avanti perché l’omicidio di Hina «non ha nulla a che vedere con questo provvedimento».
Prodi ha definito «un delitto efferato» la morte della giovane di Brescia e ha poi messo in chiaro che non c’è nessun motivo per ritirare il progetto sulla cittadinanza agli immigrati. «Si tratta – ha spiegato Prodi da Castiglion della Pescaia – di regole europee, questo delitto non c’entra nulla con questa regola».

Dopo la tragedia di Brescia e nonostante le affermazioni dei giorni scorsi del ministro dell’Interno Amato, secondo il quale «non basta chiedere l’adesione ai valori della Costituzione», ma è necessaria un’adesione anche a «diritti fondamentali» e al rispetto della donna, il centrodestra torna all’attacco. «Il termine di permanenza in Italia per presentare la domanda di cittadinanza è e rimarrà di 10 anni».

Sulla tragica fine di Hina il presidente del Consiglio Romano Prodi conferma la scelta del governo di costituirsi parte civile, per «rafforzare il senso del rispetto per la persona umana» e «sottolineare l’importanza dei diritti fondamentali».
La questione, però, non avrà tempi brevi anche perché per costituirsi parte civile, fanno sapere fonti dell’Avvocatura di Stato che dovrà esaminare la richiesta del governo, «occorre che il processo sia incardinato con il rinvio al giudizio degli imputati», una fase cui non si è ancora arrivati. L’Avvocatura dovrà capire se è configurabile un interesse dello Stato a costituirsi come parte lesa dopo che l’iniziativa avrà ottenuto il via libera del Consiglio dei ministri.

Nella polemica sulla morte di Hina interviene anche Souad Sbai, presidente della Confederazione dei marocchini in Italia: «Le donne musulmane oggi vivono nel terrore, sì nel terrore!» denuncia in una lettera indirizzata al ministro Amato.
La nota attivista marocchina per i diritti delle donne musulmane in Italia chiede la convocazione della Consulta islamica per affrontare con urgenza il tema delle violenze subite dalle donne islamiche del nostro paese.
«I documenti vengono loro sottratti dai mariti o padri all’arrivo in Italia – denuncia la Sbai – o peggio ancora non viene richiesto per loro il rinnovo del permesso di soggiorno, per ridurle alla clandestinità e impedire qualsiasi denuncia da parte loro per maltrattamenti o violenze subite».