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Protezione umanitaria – Segregato, costretto in schiavitù, frustrato, malmenato e poi venduto in Libia dove si trovava dopo essere fuggito dal Gambia

Tribunale di Genova, ordinanza del 31 gennaio 2018

Tripoli, Quartiere di Grigarage - Libia

La situazione del ricorrente, così come ricostruita, permette, tuttavia, il riconoscimento del diritto alla protezione per motivi umanitari“.

Va premesso che l’art. 5 comma 6 d.lgs. 286/98 non definisce i gravi motivi di carattere umanitario che possono impedire il rientro del richiedente nel suo paese di origine e che gli stessi vengono generalmente ricondotti a significativi fattori soggettivi di vulnerabilità (ad es. particolari motivi di salute, ragioni di età, traumi subiti) ovvero a fattori oggettivi di vulnerabilità, che possono essere legati a guerre civili, a rivolgimenti violenti di regime, a conflitti interni nel Paese di origine, a catastrofi naturali, a rischi di tortura o di trattamenti degradanti ed altre gravi e reiterate violazioni dei diritti umani.

“Nel caso in esame, occorre tenere conto:

– della storia personale del richiedente e dei motivi politici che – ricercato dal regime – lo costringono ad uscire dal proprio Paese di origine;

– delle vicende vissute in Libia, segregato, costretto a lavorare, frustato e maltrattato, poi venduto. Quanto al trattamento violento subito dagli stranieri in transito dalla Libia, in particolare provenienti dall’Africa Subsahariana, la notizia – già nota – trova un’ulteriore e recentissima conferma nella dichiarazioni rese dal Procuratore della Corte Penale Internazionale all’ONU dell’8/5/2017, secondo cui la Corte penale ha l’intenzione di aprire un’inchiesta ufficiale sulle violenze subite dai migranti in Libia, in quanto sono pervenute da fonti diverse testimonianze di migranti sfruttati, schiavizzati, picchiati o molestati sessualmente;

– dell’ottimo percorso di inserimento ed integrazione nel tessuto economico, sociale e culturale italiano, come risulta dalla documentazione prodotta (….). Un percorso che verrebbe vanificato in caso di rientro forzato in Gambia.

In tale situazione, se il richiedente tornasse nel suo Paese, incontrerebbe non solo le difficoltà tipiche di un nuovo radicamento territoriale ma si troverebbe in una condizione di specifica ed estrema vulnerabilità, idonea a pregiudicare la sua possibilità di esercitare i diritti fondamentali, legati anche solo alle scelte di vita quotidiana”.

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Tribunale di Genova, ordinanza del 31 gennaio 2018