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Protezione umanitaria: per il tribunale di Milano la povertà è un presupposto sufficiente per l’accoglienza

Con l’ordinanza in allegato la prima sezione del Tribunale civile di Milano (il ricorso è stato seguito dall’Avv. Mauro Manuela, ndr.) ha sancito un principio tanto semplice quanto rivoluzionario: se sei povero meriti di essere accolto, perché la tua condizione non è di minore di importanza di quella di coloro che scappano dalla guerra.
La decisione del Tribunale di Milano ha forse un impatto di poca importanza rispetto a quello che avrebbe avuto quello di una Suprema Corte, ma ha comunque un valore straordinario in un periodo storico come il nostro in cui, da una parte le destre estreme lanciano appelli contro i migranti ed in favore del loro respingimento, ed i governi moderati di destra e di sinistra gli fanno eco attuando politiche di restrizione delle migrazioni e suddividendo i migranti in due macro categorie molto ingannevoli: i migranti di serie A, che scappano dalle guerre e che possono, a certe condizioni, essere aiutati, ed i migranti di serie B, che fuggono soltanto dalla fame e dalla povertà, e che quindi possono continuare a vivere di stenti nel loro paese d’origine fintanto che qualche folle criminale non avrà deciso di fare in questi paesi una guerra o quanto meno non abbia attentato alla loro vita.
In questa ordinanza il giudice riconosce nei trattati internazionali un vero e proprio diritto ad un tenore di vita adeguato per sé e per la propria famiglia, che dunque incomberebbe sugli Stati in buona parte firmatari di vari accordi e patti sui diritti civili che qui non cito per non appesantire il discorso.

Onore a questo giudice che spero che venga seguito in futuro da altri magistrati ed un giorno anche da un legislatore illuminato che possa comprendere quanto la verità ci faccia bene e quanto possa essere rivoluzionaria; a questo punto vorrei citare uno dei passi più belli di questa ordinanza che pur non concedendo né la protezione internazionale, né quella sussidiaria, ma concedendo quella umanitaria avrà fatto molto per la vita di uno dei tanti diseredati del nostro secolo:

E la prova che le condizioni di vita del ricorrente nel Paese di origine sono del tutto inadeguate è in re ipsa.
Apparirebbe infatti contraddittoria ed inverosimile la scelta del ricorrente di percorrere un viaggio così tanto lungo, incerto e rischioso per la propria vita, se nel Paese di origine godesse di condizioni di vita sopra la soglia di accettabilità ed adeguatezza.
Il rimpatrio provocherebbe la violazione certa degli obblighi più volte menzionati, ponendo il ricorrente in una situazione di estrema difficoltà economica e sociale e sostanzialmente imponendogli condizioni di vita del tutto inadeguate, in spregio agli obblighi di solidarietà di fonte nazionale ed internazionale più volte richiamati. Né vale sostenere che l’interpretazione di cui sopra può comportare il rischio di un riconoscimento di massa della protezione umanitaria.
Si badi infatti che il riconoscimento di un diritto fondamentale non può dipendere dal numero di soggetti cui quel diritto viene riconosciuto per sua natura, un diritto universale non è a numero chiuso.

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Ordinanza del Tribunale di Milano – protezione umanitaria