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da Repubblica Inchieste

Quando c’era l’ambasciata somala tra depressione, droga e alcol

Foto di LORENZO MELONI

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Erano 150 i rifugiati che abitavano all’ambasciata della Somalia a Roma.
Questa struttura oggi giace abbandonata, ma fino all’anno scorso accoglieva, tra topi e immondizia, gente in cerca d’aiuto, senza alcun tipo di sostegno.

C’era un gran via vai, ogni giorno tornava qualcuno: chi era fuggito in Germania o in Belgio veniva rispedito in Italia, perché era il nostro Paese ad aver preso per la prima volta le loro impronte digitali. Cercavano un rifugio dalla guerra, ma hanno trovato decadenza.

Molti di loro sono caduti in depressione, passivi davanti a una situazione senza via d’uscita.
C’era chi non si alzava più dal letto e cercava di dormire il più possibile per “non vivere”, chi consumava droga e alcool per sedare le emozioni di una vita impossibile.

Dopo anni di proteste e manifestazioni per tentare di avere una vita più dignitosa, questo luogo ha chiuso.

La causa è stata lo stupro di una ragazza. Dopo aver trascorso alcuni giorni per strada, alcuni di loro sono riusciti a trovare accoglienza in dei centri, altri cercano ancora illegalmente fortuna in altri paesi europei e vengono periodicamente rinviati in Italia