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Quando il Mar Mediterraneo ha iniziato a nutrirsi di vite umane?

In questi giorni si parla molto di migranti.
Migranti e sbarchi; dati statistici sull’immigrazione e, non poteva mancare, immigrazione e sicurezza.
Mercoledì 30 ottobre è stato presentato il Dossier statistico sull’immigrazione, mentre i giornali riportavano le terribili notizie di viaggi di profughi e migranti tramutati in tragedie. Lo stesso giorno i ministri della Repubblica erano riuniti a discutere i “pacchetti sicurezza” invocati da sindaci di destra e sinistra per far fronte a criminalità e degrado urbano.
Il giorno successivo un Consiglio dei Ministri straordinario ha deciso di trasformare in decreto legge le norme sulle espulsioni per i cittadini comunitari contenute nel “pacchetto sicurezza”.

La notizia della donna entrata in coma a Roma dopo essere stata aggredita da un uomo di cittadinanza non italiana, aggressione che ha motivato la seduta straordinaria del Consiglio, rende difficile dal punto di vista emotivo ragionare sulla linea rossa dei tre eventi che si sono intrecciati nella cronaca di questi giorni.
Ma è con le espulsioni etniche che si mette fine a questi episodi?
Le leggi ad hoc sono le soluzioni adeguate per rispondere a reati più o meno gravi?
Non si rischia in questo modo di criminalizzare nell’opinione pubblica un intera categoria di persone?

Forse non basta per ragionare con maggior prudenza e liberi da pregiudizi il constatare che la medesima notizia ‘al contrario’ non avrebbe avuto lo stesso peso sui media e certo non avrebbe portato a generalizzazioni sull’intrinseca violenza e barbarie del maschio italiano, come avviene in queste settimane per i cittadini romeni.
Sebbene, quando a emigrare erano gli italiani, un’intrinseca vocazione al crimine fosse attribuita anche alla “razza italiana”…
Forse non basta oggi riflettere sul significato culturale e simbolico della violenza nei confronti della donna e del suo ruolo subalterno, nel lavoro, nella politica, nella cultura.
Come affrontare la questione in un paese nel quale qualcuno si erge a giudice e liberatore delle donne straniere, invocando divieti per il velo islamico, denunciato come sintomo di sottomissione, e dove si dimentica con tanta leggerezza il messaggio veicolato quotidianamente da giornali, televisioni, sport e pubblicità di qualsivoglia tipo di prodotto: l’immagine di una donna oggetto e disponibile, dis-velata, per lo sguardo dell’uomo? Ma questa è un’altra questione.

Rimane urgente anche oggi parlare della linea rossa che unisce questi tre accadimenti: sbarchi, pacchetto sicurezza e dossier Caritas e cercare di annodare qualche filo di ciascuna di queste notizie per capire, appunto, perché il Mar Mediterraneo si è fatto mare di morti.
E perché una violenza inaudita si dispiega alle frontiere dell’Europa senza creare sdegno in chi in Europa vive, per lo più all’oscuro di quanto avviene ai suoi confini.

La violenza non è solo quella dei regimi che costituiscono una frontiera esterna all’Europa, come nel caso della Libia. E’ violenza quella che si dispiega nei CPT, dove le rivolte, sempre più frequenti, vengono sedate coi gas CS e dove si muore, ci si suicida, si subiscono pestaggi, si arriva al capolinea delle speranze. Oppure si torna con il marchio della clandestinità, e della ricattabilità, disponibili per essere sfruttati nel mercato del lavoro.
Ma violenza è anche costringere esseri umani, profughi o migranti economici, a mettersi nelle mani di scafisti per affrontare viaggi che sempre più spesso si concludono in tragedie, come accaduto negli ultimi giorni.

Il Mediterraneo si è tramutato in teatro di tragedie alla vigilia dell’ingesso dell’Italia nell’area Schengen, quando con il naufragio di Porto Palo e il silenzio delle istituzioni, seguito alla morte di 283 persone – clandestini, come direbbero i giornali – fu chiaro quale era il prezzo dell’abbattimento delle frontiere interne all’Europa e quale la linea politica in materia di immigrazione.

E i dati da allora parlano di una guerra in corso: 10mila i migranti morti dal 1998, secondo i dati degli sbarchi di cui si ha notizia raccolti da Fortress Europe.
Una guerra che continua ogni anno, sebbene gli sbarchi siano in calo da anni: secondo i dati forniti dal Viminale nei primi mesi del 2007 sarebbero 12.419 i migranti giunti in Italia via mare contro i 14.511 dello stesso periodo del 2006. Le vittime invece sono salite a 500 contro le 302 dello scorso anno.
Il Dossier della Caritas informa che lo scorso anno solo 22.016 persone sono giunte in Italia irregolarmente via mare, pari al 13% degli ingressi. Non esiste pertanto nessuna emergenza sbarchi. Esiste semmai un’emergenza che riguarda le vittime del mare, della mancanza di soccorso, della disperazione che spinge a questi viaggi di morte. Ancora più gravi se si pensa alle vittime del naufragio del 29 ottobre di cittadinanza palestinese e in fuga da un paese negato e in guerra da anni. Frontiere impermeabili anche per i profughi iracheni, per lo più sfollati interni o accolti nei paesi vicini ma tenuti ben lontano dall’Europa, come denuncia la stessa agenzia Onu per i rifugiati.
Emergenza sicurezza che non rientra nell’agenda del governo, nonostante le parole di due ministri.

Il Ministro della Solidarietà Sociale Ferrero denuncia le responsabilità della legge Bossi-Fini: “ci troviamo nella tragica situazione di non poter fare nulla visto che la legge ancora vigente non fa altro che alimentare la clandestinità e impedire l’ingresso regolare degli immigrati”; il ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, invece, fa appello per un’azione congiunta con l’Europa. “Basta con i lutti nel Mediterraneo, serve una forte azione internazionale per aiutare i Paesi poveri e sottrarre il traffico degli immigrati dalle mani di criminali senza scrupolo”. Ma le proposte di modifica non sembrano né coraggiose né utili a fermare questo stillicidio di morti, come abbiamo già commentato.

E’ lo stesso Dossier appena pubblicato a individuare la causa di questa situazione nelle “carenze dei meccanismi di incontro tra domanda e offerta” di lavoro. La burocrazia, che insieme a perversi meccanismi come il contratto di soggiorno, può in ogni momento gettare nell’illegalità chi, dopo aver fatto irregolarmente ingresso in Italia – perché non c’è altro modo – ha ottenuto un permesso di soggiorno e una manciata di diritti. E come in un gioco da tavolo si vede riportato al punto di partenza.

Ma le politiche migratorie in questo paese sono politiche di controllo, di espulsione, di criminalizzazione, come dimostrano le spese destinate al controllo delle frontiere e al sistema della detenzione amministrativa, che si estende anche in Libia con i finanziamenti del nostro governo.
L’immigrazione va governata e si governa con pacchetti sicurezza. Per attuare queste politiche si creano mostri, come i lavavetri di Firenze, ed ordinanze per eliminarli, dopo aver compiuto con successo un’operazione di de-umanizzazione del migrante, che da uomo, persona, si è trasformato in clandestino, quando non criminale e mostro.

Elisabetta Ferri, Redazione Melting Pot