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Quando un sogno diventa possibile: il nuovo villaggio polifunzionale della Cooperativa Percorso Vita

Photo credit: Francesco Boz (Sherwood Foto)

Padova – Dodici case aperte che ospitano 140 richiedenti asilo, due ristoranti (The Last one e Strada Facendo), un frutteto di 450 alberi a Saccolongo in provincia di Padova, un ex-seminario con un orto biologico (4.000 metri quadrati di terra) a Este, il progetto “Dulcis in mundo”, una linea di prodotti ad alta qualità realizzati dai ragazzi ospiti (confetture, passate e creme vegetali), un’unità di strada per sostenere le vittime della prostituzione, e ora un nuovo grande e bellissimo progetto: un villaggio dell’inclusione sociale, una città nella città, eco-sostenibile e eco-compatibile, con cinque ettari di terreno in Via Adige a Padova.

Photo credit: Francesco Boz (Sherwood Foto)
Photo credit: Francesco Boz (Sherwood Foto)

Questo è – schematicamente – il bilancio della Cooperativa sociale Percorso Vita in più di tre anni di attività. Per raccontarlo in modo esaustivo, attraverso i suoi protagonisti, l’impegno profuso, la passione e l’esperienza maturata in questi anni, servirebbe un libro.
E’ un impianto che dobbiamo sempre mettere a verifica, abbiamo bisogno di metterci in discussione, soprattutto ora, in questo momento di passaggio, così importante e delicato per Percorso vita“, spiega Don Luca Favarin, motore pulsante della Cooperativa, nell’incontro promosso a Strada Facendo per presentare il nuovo progetto di Via Adige e raccogliere le disponibilità di volontari che possano dare un aiuto concreto nella costruzione di una struttura più organica.

Da quando abbiamo iniziato, abbiamo cambiato idea cento volte. Siamo partiti con la micro-accoglienza”, racconta Luca Favarin, “ma poi ci siamo resi conto che questa modalità non era quella migliore, soprattutto per i ragazzi, e allora siamo passati alla media accoglienza con la costruzione di piccole comunità“.

Lavorare in questo campo è molto, molto complesso, lo facciamo con la consapevolezza che in questo tempo (due anni e mezzo circa fino ad oggi, ma molto meno dopo l’approvazione della legge Minniti) che abbiamo a disposizione il nostro compito è quello di mettere i ragazzi nella condizione di rendersi autonomi, di aiutarli a costruirsi un percorso di vita, qui o altrove“.

Don Luca sottolinea anche che è necessario occuparsi della politica: “Abbiamo il dovere di prendere parola, non si può tacere di fronte a una politica che non vuole dare risposte. E’ vero – continua Luca – gli sbarchi sono diminuiti per ora, il Ministro Minniti ha ottenuto questo risultato ma a che prezzo? Ascoltiamo i racconti dei ragazzi che ci parlano della Libia e non possiamo rimanere in silenzio di fronte a questi crimini che le politiche europee stanno attuando sulla pelle di migliaia di persone“.
Per questo vogliamo dare il nostro contributo e ci stiamo mettendo tutte le energie che abbiamo, per mettere in atto delle pratiche che favoriscano una politica sana che sappia veramente essere polis”.

Photo credit: Vale Belluno, Sherwood Foto (Venezia - Manifestazione Side by side, 19 marzo 2017)
Photo credit: Vale Belluno, Sherwood Foto (Venezia – Manifestazione Side by side, 19 marzo 2017)

Don Luca è appena tornato da un viaggio in Senegal e in Gambia, “volevo andare a capire, a vedere coi miei occhi i cosiddetti “migranti economici”. Sono tornato con la consapevolezza che questo fenomeno è ingovernabile, che è un enorme caos. Ho incontrato centinaia di persone e fatto decine di incontri, ma cosa puoi rispondere a chi ti dice “Qui io so che vivrò fino a 50 anni da voi si vive fino a 80. Perché non dovrei provarci, perché non dovrei partire? E poi i miei parenti mi mandano le foto dall’Italia, lì stanno bene, ci mandano anche dei soldi”.
Prova a spiegargli”, commenta amaramente Luca, “che non è così, che quelle foto scattate da tuo fratello non raccontano la cruda realtà del sistema di accoglienza in questo paese.
Possono chiudere tutte le rotte che vogliono
– continua Luca – ma chiusa una rotta se ne apre un’altra che diventa più pericolosa”.

Durante l’incontro si alternano gli interventi di volontari e operatori.
Stefano Ferro, uno dei volontari più storici della cooperativa, spiega ai nuovi arrivati che uno dei problemi più grossi incontrati nel cammino è proprio il volontariato. “L’approccio più semplice, naturale, scontato, è quello assistenzialista ma questo approccio non aiuta i ragazzi anzi gli fa del male”, spiega Stefano. “Le nuove disposizioni in materia di immigrazione nel nostro paese riducono il tempo a nostra disposizione, con l’abolizione del secondo grado di merito per le cause in materia di protezione internazionale tutto diventa più veloce.
Ci troviamo di fronte ad uno scenario sconcertante: persone che vivono qui e che sono inserite nei nostri percorsi lavorativi per questo governo sono destinate ad andarsene o costrette ad essere clandestini
”.

Questa esperienza è stata per me tanto difficile quanto entusiasmante. L’incontro casuale tre anni fa con Don Luca in carcere dove facevo volontariato e l’inizio del mio impegno nella cooperativa mi ha cambiato completamente la vita. Non c’è niente di più bello per me in questo momento di fare quello che sto facendo. La gran parte delle idee e delle suggestioni che ci siamo scambiati con Luca quando ci siamo incontrati ora sono tutte diventate realtà”.

Un altro aspetto importante per Percorso vita è quello del rapporto e la costruzione di rete nel territorio. “La prima casa che abbiamo aperto a Rovolon, nella profonda provincia padovana – racconta Stefano – ci ha sbattuto in faccia una realtà violenta, abbiamo dovuto fare i conti con le intimidazioni e le minacce di alcuni residenti, si respira un clima pesante, per questo il ruolo degli operatori è a tutto tondo, dobbiamo relazionarci, parlare con i residenti, all’inizio è un lavoro molto duro ma poi da dei risultati positivi”.

Photo credit: Angelo Aprile (il frutteto di Saccolongo)
Photo credit: Angelo Aprile (il frutteto di Saccolongo)

A Percorso vita sono convinti che la battaglia per costruire processi di inclusione sia centrale e che questa debba basarsi su progetti di imprenditorialità sociale ed i percorsi attivati dalla cooperativa, che tendono a dare occupazione lavorativa ai loro ospiti e fornire opportunità, dimostrano che è possibile.

Ascoltiamo le parole di Luca, Stefano, Gabriele, Daniele, Carolina e dei tanti professionisti che collaborano alla realizzazione del progetto di Via Adige, un’architetta, un agronomo, un primario di neuro-psichiatra infantile.
Il villaggio ospiterà un centro per minori non accompagnati stranieri e non (in tutto il Veneto ne esiste solo uno), un’osteria, un bed & breakfast, una fattoria didattica. Qui verrà trasferita gran parte della produzione frutticola, e il tutto si alimenterà con impianti fotovoltaici, con un consumo energetico quasi a zero. Il progetto, ci tengono a precisare i protagonisti, è un percorso aperto a tutta la cittadinanza, nel quale immettere idee e buone pratiche, che ha potenzialità enormi e che effettivamente può fare scuola e aprire nuovi orizzonti.

Saliamo in macchina, nel frattempo è calata una nebbia fitta, e la prima cosa che ci salta in mente è una frase dello scrittore e saggista uruguaiano Eduardo Galeano.
L’utopia è come l’orizzonte: cammino due passi, e si allontana di due passi. Cammino dieci passi, e si allontana di dieci passi. L’orizzonte è irraggiungibile. E allora, a cosa serve l’utopia? A questo: serve per continuare a camminare.“

Links utili:
www.percorsovitaonlus.itFBTwitter
Il progetto Dulcis in mundo (Prodotti dal sapore solidale)

Redazione

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