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Quesiti per rinnovo permesso di soggiorno con sentenza di condanna

Non serve andare a ripercorrere tutte le vicende dei processi che hanno portato alla condanna. Si deve prendere in considerazione la situazione così com’è adesso cioè di due persone che sono state condannate per delitti. Dobbiamo presumere che queste persone siano state condannate con sentenza divenuta definitiva quindi non più soggetta ad appello o a ricorso per cassazione.

La preoccupazione che queste persone possano perdere la possibilità di ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno ed essere colpite da un provvedimento di espulsione, visti i tempi e l’aria che tira, è legittima. Quello che ritengo importante è non generalizzare, non considerare questa come una regola che è possibile applicare sempre e comunque. Soprattutto fare molta attenzione a quella che è la formulazione della legge che talvolta ci offre, nelle sue pieghe, degli spazi di tutela e di difesa.
La norma che suscita più preoccupazione è l’art. 4 comma 3 del Testo Unico come modificato dalla legge Bossi Fini in maniera restrittiva.

L’articolo recita: “Non è ammesso in Italia lo straniero che non soddisfi tali requisiti o che sia considerato una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l’Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressone dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone o che risulti condannato, anche a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per reati previsti dall’articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale ovvero per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia e dell’emigrazione clandestina dall’Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite”.

Quindi lo straniero che sia stato condannato (al dibattimento o col patteggiamento poco importa) per uno di questi reati non è ammesso nel territorio italiano.

Però bisogna fare attenzione. Questa norma non è in realtà riferita a chi è già regolarmente soggiornante in territorio italiano bensì è riferita soltanto a chi ancora non è entrato nel territorio italiano e chiede l’autorizzazione all’ingresso per poi ottenere un permesso di soggiorno in Italia.
E la situazione è nettamente diversa.
In questo troviamo conferma su quanto previsto dall’art. 9 comma 3 in tema di carta di soggiorno.
Non è casuale che questo articolo laddove disciplina il rilascio della carta di soggiorno preveda che lo straniero, condannato per delitti previsti dagli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale, possa essere colpito dalla revoca della carta.
Una prima lettura superficiale della norma potrebbe far pensare che quando uno straniero viene condannato perde il permesso di soggiorno quindi deve essere espulso.

In realtà non è così.

Questa stesa norma all’art. 9 comma 3 prevede che sia disposta la revoca ma se non deve essere disposta l’espulsione viene rilasciato il permesso di soggiorno.
In altre parole lo straniero in possesso della carta di soggiorno può rischiare di perderla se viene condannato per uno dei delitti previsti dagli articoli 380 e 381 del c.p.p. ma non perde la possibilità di soggiornare in Italia, perde la carta di soggiorno. Se non deve essere espulso ha diritto di ottenere un normale permesso di soggiorno. Successivamente se ottiene la cosiddetta abilitazione può riottenere la carta di soggiorno a distanza di anni.

Questo articolo ci conferma che non c’è nessun automatismo tra la condanna e l’espulsione. Inoltre conferma che le previsioni previste per l’ingresso (quindi gli impedimenti nei confronti delle persone condannate per certi reati) hanno una certa efficacia nel caso dell’ingresso dall’estero mentre hanno una efficacia minore nel caso di persone che sono già regolarmente autorizzate al soggiorno in Italia. (QUESTO PEZZO DOVRESTI RENDERLO PIU’ CHIARO)

Lo stesso art. 13 al comma 2 lettera c, prende in considerazione l’espulsione dei soggetti che, anche da quanto risulta da condanne riportate in sede penale, si ritenga che trattano al propria fonte di sostentamento in tutto o in parte da attività delittuose, quindi ritenuti socialmente pericolosi.
Ma anche in questo caso non esiste nessun automatismo. Anzi la famosa sentenza “Farane” della Corte di Cassazione dell’anno 2002 ( prende il nome dal ricorrente che è riuscito ad ottenere l’affermazione di questo principio interpretativo) dice che per ritenere il soggetto così socialmente pericoloso è necessario valutare con attenzione l’esistenza di una serie di elementi così concordanti tali da condurre alla convinzione che effettivamente il soggetto si guadagna da vivere in tutto o in parte delinquendo.
Ma non è sufficiente un semplice fatto isolato per evidenziare questa attitudine del soggetto.
Quindi, anche a questo riguardo si può trovare conferma che una semplice condanna (una sola e per un reato non necessariamente gravissimo), non può comportare automaticamente l’espulsione.

Se una qualsiasi condanna per i reati contenuti nella elencazione che abbiamo fatto potesse comportare automaticamente l’espulsione non avrebbe senso prevedere all’art. 15 che il magistrato quando pronuncia sentenza di condanna per uno dei delitti previsti dagli articoli 380 e 381 del c.p.p. può ordinare l’espulsione allo straniero se risulta socialmente pericoloso. (SPIEGARE PIU’ CHIARAMENTE)
Se ci fosse un automatismo non sarebbe necessario prevedere questo potere del magistrato e si dovrebbe ritenere la norma un errore commesso dal legislatore.

Mi sento di rispondere ai due quesiti, pur non conoscendo la gravità dei fatti per cui sono stati condannati, dicendo che non vi è alcun automatismo. Che un semplice fatto isolato di per sé non può comportare automaticamente una espulsione e non potrebbe giustificare un provvedimento di rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno.

In particolare il signore che si era regolarizzato e che si è fatto scoprire come condannato sotto falso nome. Il fatto di avere riferito un falso nome non è un reato particolarmente grave e non potrebbe giustificare la revoca del permesso di soggiorno. Anche perché la regolarizzazione prevista nel 1998 non preveda ostacoli per le persone condannate a differenza di quella in corso.

Per concludere anche se questa condanna è stata riportata sotto falso nome e potrà esporre l’interessato ad un ulteriore procedimento penale per false generalità ma non potrà comportare automaticamente una valutazione di pericolosità sociale specialmente se dopo la sua regolarizzazione ha svolto una vita regolare e immune da sospetti di attività criminali.