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Quindici migranti in fuga dal Cpt di Gradisca d’Isonzo

Prima fuga di massa dal Cpt isontino

Giovedì 30 agosto al Cpt di Gradisca d’Isonzo è successo quello che in tanti si aspettavano da quando la struttura è stata portata a pieno regime con i migranti portati da Lampedusa. Verso le dieci di sera, quasi in concomitanza con il cambio turno degli operatori della Coop Minerva, l’ente gestore, una cinquantina di migranti hanno cercato di fuggire scavalcando le recinzioni del Cpt. Da subito l’intervento della polizia ha innescato dei tafferugli nel “giardino” interno dove si trovavano i migranti che cercavano di fuggire. Momenti di tensione in cui sono
rimasti coinvolti anche alcuni operatori della Coop Minerva che cercavano di fermare i migranti perfino prendendoli per i piedi e tirandoli giù dall’alta rete di recinzione che stavano cercando di scavalcare.
Alla fine quindici migranti sono riusciti a fuggire nei campi circostanti, due sono rimasti feriti di cui uno in modo grave essendosi fratturato entrambi i piedi cadendo dalla recinzione, nessun ferito fra la polizia e gli operatori.
Ufficialmente la Questura parla di quindici egiziani fuggiti per la paura di essere rimpatriati, la stessa versione data per le fughe dal Cpt di Bari, una versione che comincia ad essere sempre più dubbia e con un retrogusto di giustificazione. Non si vuole ammettere che queste fughe sono la dimostrazione che non esistono Cpt “umanizzati” come aveva promesso il Governo, sono la
dimostrazione che strutture come queste sono e restano invivibili e quindi è naturale che chi vi viene
rinchiuso cerchi di fuggire.

Il Cpt di Gradisca in questi mesi ha subito delle modificazioni, se prima era tenuto a “basso regime” e
i migranti reclusi non superavano la cinquantina, da questa estate c’è stato un grosso cambiamento con deportazioni di migranti da Lampedusa e da altri Cpt del sud Italia portando la struttura di Gradisca al massimo della sua capienza. Un cambiamento avvenuto in breve tempo, senza dare il tempo alla Coop Minerva di aumentare il personale e creando malumori perfino nelle forze di polizia che da subito hanno denunciato di non avere personale sufficiente per gestire la situazione.
Una miscela esplosiva quindi, quella che si è andata a creare a Gradisca, che prima o poi doveva esplodere.
Ed è quello che è successo giovedì notte con la prima vera fuga di massa, non che in questo anno e mezzo fughe
non fossero mai avvenute, ci sono stati diversi episodi di tensione all’interno del Cpt e alcune evasioni, ma mai
con questi numeri.
In queste ultime settimane il CPT di Gradisca ha assunto un ruolo di primo piano all’interno dei dispositivi di
repressione e controllo sociale applicati ai flussi migratori, che nuovamente spingono al confine orientale di Shenghen.
Alcuni giorni fà il Ministro Amato ha partecipato ad un summit con il collega Sloveno, firmando un nuovo “protocollo di sicurezza transfrontaliera”, che prevede tra l’altro la possibilità per le polizie “nazionali” di condurre indagini e pedinamenti nel territorio dell’altro stato, oltre a prevedere naturalmente il rafforzamento delle pattuglie miste Italo-Slovene, dispositivo quest’ultimo che in questi anni ha consentito il rimpatrio coatto di migliaia di migranti nei Cpt sloveni e croati.
In questo contesto esplode la rabbia giustificata dei migranti reclusi dentro il CPT isontino, molti dei quali arrivati a Gradisca tramite voli charter da Lampedusa con tanto di espulsione della Prefettura di Agrigento, e quindi già identificati.
Su quest’ultima novità anche alcuni avvocati hanno sollevato molte perplessità, in quanto la permanenza all’interno del centro di detenzione dovrebbe essere vincolata ad una identificazione ancora da espletare.

Dopo pochi giorni una circolare del Ministero degli Interni chiarisce, in extremis, che il CPT di Gradisca è stato “superato”, ed è diventato anche CPA, centro di prima accoglienza, e i migranti in attesa di audizione della “Commissione Asilo Politico” di Gorizia, sono “liberi” di entrare e uscire a orari prestabiliti.
Superamento dei CPT evidentemente, non significa un ripristino della dignità dei migranti e una garanzia di rispetto dei diritti civili e umani della persona, come sostenuto in diversi incontri pubblici organizzati dal Ministero della Solidarietà Sociale nei mesi scorsi, quanto piuttosto una capillare riorganizzazzione dei
meccanismi di controllo sociale e di repressione indiscriminata dei flussi migratori, a partire dai “pesci piccoli”, come spiega il Ministro Amato, parlando del pugno di ferro sui lavavetri.

Melting Pot, Redazione Friuli Venezia Giulia