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Rapporto sulle pratiche illegali di espulsione collettiva al confine tra Slovenia e Croazia

Push Forward, 7 maggio 2019

Photo credit: push-forward.org

L’anno scorso la polizia slovena ha ufficialmente deportato 4.653 persone in Croazia in base alle norme previste dall’accordo di riammissione. Ciò significa che oltre la metà delle 9.149 persone che sono state processate per aver attraversato illegalmente il confine sono state consegnate alla polizia croata e successivamente espulse in Bosnia ed Erzegovina. La stragrande maggioranza delle persone processate sulla base dell’accordo di riammissione si sono viste negare il diritto alla procedura di asilo da parte della polizia slovena che sta ancora conducendo espulsioni sistematiche in Croazia sotto le mentite spoglie della riammissione.

La pratica del rifiuto di riconoscimento del diritto di asilo è diventata sistematica dopo le disposizioni della polizia generale a fine maggio 2018, quando il numero ufficiale di riammissioni è aumentato drasticamente. Ad esempio, nella stazione di polizia di Črnomelj (sud-est della Slovenia), che è la più vicina da Velika Kladuša (Bosnia ed Erzegovina), a maggio, su 379 persone processate per attraversamento illegale della frontiera, 371 hanno presentato domanda d’asilo ma, per via delle disposizioni date alla polizia, a giugno, su 412 persone che avevano attraversato il confine illegalmente, solo 13 hanno ufficialmente chiesto asilo.

Minacce, violenze, abusi di potere e negazione dei diritti fondamentali sono diventati una pratica comune in altre stazioni di polizia di frontiera e le espulsioni collettive in Croazia avvengono quotidianamente con il sostegno, e la consapevolezza, di alti funzionari di polizia e governativi, nonostante l’alto rischio di ulteriori violenze e furti da parte della polizia in Croazia.

Introduzione

Il presente rapporto è il risultato di un’iniziativa della società civile InfoKolpa intrapresa nella primavera del 2018. L’iniziativa civile è stata una risposta all’allarmante numero di azioni illegali denunciate e di cui la polizia slovena si è servita per cominciare a negare, sistematicamente, ai migranti il diritto di chiedere asilo in Slovenia.

Il numero di persone a cui è stata negata la procedura di asilo, e che sono state respinte collettivamente in Croazia in base all’accordo di riammissione, è aumentato drasticamente dopo maggio dello scorso anno. Stando alle denunce dei migranti respinti, il metodo con cui la polizia slovena tratterebbe gli immigrati costituirebbe un grave caso di abuso di potere. Molti di coloro che sono riusciti ad attraversare il confine manifestando l’intenzione di chiedere asilo in Slovenia si sono visti negare il proprio diritto e sono stati consegnati alla polizia croata, senza passare attraverso le adeguate procedure legali.

La polizia di frontiera ha falsificato, e continua a farlo, i colloqui con i richiedenti asilo con l’intento di far vedere che le persone non hanno intenzione di chiedere asilo in Slovenia, il che fornirebbe, alla stessa polizia di frontiera, un’alternativa lecita per processare i migranti secondo la procedura prevista dall’accordo bilaterale di riammissione firmato da Slovenia e Croazia nel 2006.

4.653 persone sono state ufficialmente respinte in questo modo dalla Slovenia alla Croazia lo scorso anno.

Molti di coloro che sono stati portati alle stazioni di polizia slovene hanno anche denunciato violenze, minacce, richieste di tangenti e l’obbligo di firmare documenti senza alcuna traduzione.

Molti di coloro che sono stati riconsegnati alla polizia croata dalla Slovenia sono stati, poi, anche vittime di abusi e violenze sul confine croato-bosniaco: hanno subito percosse, furti di denaro e oggetti personali. La polizia slovena sta eseguendo una riammissione sistematica al confine pur essendo pienamente consapevole che esiste un alto rischio di tortura e abuso da parte della polizia croata nel procedimento di espulsioni collettive in Bosnia-Erzegovina.

Questa violenza è innegabile, è stata documentata, denunciata ed è sotto inchiesta da qualche tempo. Negando il diritto di asilo ed effettuando l’espulsione di massa di migliaia di persone, le autorità slovene sono direttamente coinvolte in un sistematico abuso dei diritti umani nella regione balcanica.

Con la consapevolezza dell’esistenza di queste pratiche illegali da parte della polizia, è stato creato un numero di telefono per i migranti che si trovavano sul territorio della Slovenia e che avevano l’intenzione di chiedere asilo. Il numero di telefono è stato quindi distribuito tramite volantini a Velika Kladuša a giugno.

I volantini contenevano anche le informazioni di base sul diritto di asilo, il regolamento di Dublino, la questione dei respingimenti e su cosa aspettarsi contattando il suddetto numero di telefono. Lo scopo era quello di avere un mediatore tra le persone in movimento e le unità di polizia, il che avrebbe eventualmente ridotto il numero di espulsioni illegali di persone che non potevano accedere alle procedure di asilo.

Al momento di passare in Slovenia, i migranti avrebbero potuto contattare il numero e spiegare la situazione inviando, allo stesso numero di telefono, informazioni sul proprio nome e paese di origine nel caso avessero voluto chiedere asilo in Slovenia. Se qualcuno avesse voluto, invece, contattare la polizia, la stazione di polizia locale sarebbe stata informata tramite e-mail o telefono. Questa pratica di mediazione ha avuto successo quando il mediatore era un avvocato di una ONG. Dopo la pressione del Ministero con minacce di accuse penali, l’ONG ha chiuso la linea telefonica ma un gruppo di volontari ha continuato l’attività con un numero di telefono diverso da settembre a novembre. Sebbene alcuni gruppi di persone siano riusciti a portare a buon fine la propria richiesta di asilo, la maggioranza è stata ancora respinta in Croazia.

Dopo due mesi, è ormai evidente che la polizia sta ignorando la mediazione e agisce illegalmente seppure pienamente consapevole che la procedura di asilo è monitorata da terze parti.

Il rapporto in oggetto è una raccolta di dati riguardanti l’abuso di potere e la violenza sistematica della polizia slovena contro i migranti. Comprende un’analisi dei dati resa disponibile da fonti pubbliche, nonché rapporti esistenti preparati da varie organizzazioni sul campo e informazioni raccolte dalla linea telefonica InfoKolpa.

La linea telefonica è stata originariamente istituita a metà luglio 2018 dal Centro Pravno-Informacijski – PIC, una ONG specializzata in assistenza legale ai migranti. In questo momento è emerso chiaramente, sulla base di numerose testimonianze, che la polizia slovena ha iniziato a violare, sistematicamente, il diritto di asilo sottoforma di espulsione collettiva, in Croazia, con il pretesto di un accordo di riammissione. All’inizio di settembre, il PIC ha interrotto la propria azione di intervento presso le stazioni di polizia, mentre InfoKolpa ha continuato con un numero di telefono diverso. Questo rapporto copre il periodo tra l’11 settembre e il 7 novembre 2018. Il numero di telefono aveva lo scopo di informare i migranti sui loro diritti, mediare nelle procedure di asilo e monitorare il lavoro della polizia.

La linea telefonica si utilizzava quando i migranti, entrati in contatto con il suddetto numero di telefono, si trovavano sul territorio della Repubblica di Slovenia alla ricerca di asilo e chiedevano, ai volontari, di informare la polizia circa la loro posizione. Come si fa in questi casi, i volontari della linea telefonica provvedevano ad informare la stazione più vicina fornendo la posizione geografica, le informazioni sulle persone richiedenti asilo e una chiara dichiarazione sul fatto che le persone avessero un disperato bisogno di aiuto e desiderassero chiedere la protezione internazionale in Slovenia alla locale stazione di polizia. Tutto tramite telefono o tramite una e-mail inviata alla stazione di polizia competente. Anche l’ufficio del Difensore Civico in Slovenia e diverse organizzazioni non governative attive nella tutela dei diritti umani venivano informati.

Il rapporto contiene 20 casi registrati (106 persone):
– in 6 casi, le persone sono state ammesse alla procedura di asilo in Slovenia (27 persone);
– in 7 casi sono state respinte in Croazia e poi espulse illegalmente in Bosnia ed Erzegovina (39 persone); solo una persona è stata in grado di avviare la procedura di protezione internazionale dopo l’estradizione in Croazia e non è stata espulsa in Bosnia-Erzegovina;
– in 7 casi (39 persone) non ci sono informazioni su ciò che è accaduto poiché non c’è stato nessun contatto da parte delle stesse persone dopo essere state arrestate dalla polizia slovena; tre potrebbero essere i motivi:
1) le persone non volevano comunicare ulteriormente;
2) gli agenti di polizia avevano sequestrato i loro telefoni allo scopo di condurre un’indagine;
3) i telefoni erano stati distrutti o rubati dalla polizia slovena o croata.

Verso la fine del 2018, le comunicazioni telefoniche erano cessate. Era ormai evidente che la polizia insistesse nell’esercitare il rifiuto sistematico e l’espulsione dei richiedenti asilo, nonostante fosse stata informata dell’intenzione delle persone di richiedere asilo nella Repubblica di Slovenia. La situazione non era migliorata sebbene istituzioni statali ed ONG impegnate nella protezione dei diritti umani fossero state informate delle azioni della polizia. Quindi, il numero di telefono non era più al servizio del suo scopo originale: aiutare le persone bisognose.
Il numero era stato istituito, infatti, allo scopo di intervenire nella pratica illegale ed immorale della polizia, dato che deliberatamente e sistematicamente queste trattengono un sacco di persone in condizioni disumane e le espongono a violenza brutale. La già menzionata violenza della polizia contribuisce anche al fatto che le persone si nascondono dalla polizia nelle foreste e attraversano un pericolo tratto di fiume e ciò è causa di morte per esaurimento, ipotermia e annegamento.

Recentemente, è diventato chiaro che anche le istituzioni statali responsabili e competenti si rifiutano di identificare chiaramente e condannare le sistematiche violazioni dei diritti umani da parte della polizia e del Ministero degli Interni. Considerando l’elevato numero di riammissioni che hanno avuto inizio da un giorno all’altro lo scorso giugno 2018, è lecito sospettare che le pratiche illegali degli agenti alla stazione della polizia di frontiera siano state ordinate e coordinate da alti funzionari di polizia che rimangono ancora al potere. Lo scopo di questo rapporto è quindi di richiamare l’attenzione su violazioni concrete, espulsioni collettive, rifiuto sistematico del diritto di asilo, abuso di potere nelle stazioni di polizia e violenza contro i migranti durante le procedure di polizia sia da parte slovena che da parte della Croazia al confine.

Rifiuto sistematico del diritto di asilo da parte della polizia slovena e cooperazione con la polizia in Croazia sull’esternalizzazione delle frontiere

La Slovenia e la Croazia rappresentano il confine dell’area Schengen, all’interno della quale i controlli di frontiera dovrebbero essere minimi. Di conseguenza, il controllo al confine esterno di Schengen è rafforzato e militarizzato attraverso la presenza della polizia, misure legali per ridurre i valichi di frontiera illegali (come gli accordi di riammissione), tecnologie per controllare i movimenti, espulsioni e violenza sistematica della polizia contro i migranti. La Slovenia ha iniziato a negare illegalmente e sistematicamente il diritto di accesso alle procedure di asilo ed a dare luogo a espulsioni collettive alla fine dello scorso maggio 2018.

Il 25 maggio 2018, i commissariati di polizia avevano ricevuto un ordine firmato dall’ex direttore generale della polizia slovena, Simon Velički, nel quale veniva disposto che, in caso di pattugliamento misto della polizia slovena e croata, le persone catturate illegalmente al confine sarebbero dovute essere state rinviate in Croazia.
Vale la pena ricordare che la polizia croata ha negato qualsiasi cooperazione e conoscenza di tali disposizioni. Sembra che l’ordine fosse un pretesto per le espulsioni illegali, dal momento che buona parte delle disposizioni della polizia sulle procedure di asilo non sono disponibili al pubblico. Le disposizioni di per sé non sono state ancora riconosciute come illegali da nessun tribunale, fatto sta che dopo la notifica delle stesse, il numero di persone che sono riuscite ad accedere alla procedura di asilo si è ridotto drasticamente.

Al commissariato di polizia di Črnomelj, lo scorso maggio 2018, 379 persone sono state arrestate per attraversamento illegale della frontiera e 371 di esse (il 98%) hanno manifestato l’intenzione di chiedere asilo. A giugno, dopo l’introduzione delle succitate disposizioni della polizia, 412 persone sono state arrestate per attraversamento illegale della frontiera ma solo 13 di loro sono riuscite a manifestare l’intenzione di chiedere asilo in Slovenia.
Ciò significa che da maggio a giugno la percentuale di persone che hanno attraversato la Slovenia e chiesto asilo alla polizia di Črnomelj è passata dal 98% al 3%.
La percentuale di persone che sono riuscite ad accedere alla procedura di asilo è aumentata solo leggermente nei mesi successivi.
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Il grafico riporta i dati statistici sul numero di attraversamenti illegali di frontiera ed il numero di persone che sono riuscite a chiedere asilo alla Stazione di Polizia di Črnomelj nel 2018.

Coloro i quali si sono visti negare il diritto di accesso alla procedura di asilo rientravano, conseguentemente, nella categoria di persone sottoponibili a processo secondo quanto previsto dell’accordo di riammissione fra Slovenia e Croazia introdotto nel 2006.

Su 9.149 persone sotto processo per aver attraversato illegalmente il confine con la Slovenia, la polizia ha espulso almeno 4.653 persone in Croazia in base a questo accordo pur sapendo che, esiste una grande probabilità che le stesse persone vengano nuovamente espulse in Bosnia-Erzegovina con un alto rischio di tortura e abusi da parte della polizia croata.
La stessa pratica di rifiuto sistematico del diritto di asilo è diffusa anche in altre stazioni di polizia dislocate lungo la regione del confine meridionale come la stazione di polizia Metlika, la stazione di polizia Ilirska Bistrica, la stazione di polizia Kočevje e la stazione di polizia di frontiera Dragonja.

È lecito ritenere che la disposizione di negazione, in via del tutto illegale e sistematica, del diritto di asilo nonché l’introduzione della pratica delle espulsioni collettive provenissero dagli alti funzionari di polizia in Slovenia sotto l’egida dell’ex Ministro degli Affari Interni, Vesna Györkös Žnidar. Direttamente responsabili della violazione sistematica dei diritti umani nella stazione di polizia di frontiera sono: l’ex capo della polizia, Simon Velički, e l’ex deputato nonché attuale capo della polizia Tatjana Bobnar, che hanno entrambi firmato documenti contenenti disposizioni e linee guida sulla gestione dei migranti arrestati per attraversamento illegale della frontiera.

L’inizio della pratica sistematica di negazione del diritto di accesso alla procedura di asilo così come la data di inizio dei rimpatri di massa risalirebbero alla fine del mese di maggio dell’anno scorso, quando le disposizioni datate 25 maggio 2018 sono state firmate dall’ex direttore generale della polizia, Simon Velički.
Il drastico aumento delle riammissioni, i cambiamenti nella gestione delle procedure e numerose testimonianze di persone che sono state respinte a catena in Bosnia ed Erzegovina dimostrano come la polizia slovena sia coinvolta nella falsificazione di massa della documentazione ufficiale, malversazione, violenza e abuso di potere nelle procedure di asilo condotte al commissariato di polizia. Nonostante i dati, che indicano ovvi cambiamenti nella condotta dei procedimenti, siano abbastanza chiari, il Difensore Civico in Slovenia non è pronto a negare, o confermare, le accuse di condotta illegale alla polizia.

Il Difensore Civico ha, inoltre, il potere di accedere al pieno contenuto delle disposizioni della polizia censurate e che coincidono con il drastico aumento delle riammissioni, ma non l’ha ancora fatto. Nonostante prove evidenti della sistematica violazione dei diritti umani presso i commissariati di polizia, l’ufficio del Difensore Civico in Slovenia non è ancora disposto ad avviare un’indagine, condannare l’abuso sistematico dei diritti umani o fare pressione affinché vengano mosse le dovute accuse contro i responsabili. Il 26 e 27 settembre 2018, la delegazione dell’UNCHR ha visitato i commissariati di polizia di Ilirska Bistrica, Črnomelj e Metlika. La delegazione ha elogiato il lavoro della polizia e non ha rilevato alcuna violazione procedurale.

Secondo le testimonianze delle persone espulse in Croazia, e poi anche in Bosnia ed Erzegovina, le procedure attuate presso le stazioni di polizia slovene sono in molti casi accompagnate da violenze, minacce, firma di documenti in lingua slovena senza traduzioni e, a volte, anche da percosse. Dopo l’arresto, le persone vengono portate alla stazione di polizia dove una agente prende le impronte digitali e scatta le foto segnaletiche; segue, poi, un rapido e superficiale colloquio con l’aiuto di un traduttore.

Nei rapporti di No Name Kitchen (NNK) si parla anche di un’apparente aggressività, di razzismo e pregiudizio da parte di alcuni traduttori. Spesso i traduttori interrogano anche i richiedenti asilo per i quali non sono autorizzati. A ciò si aggiunge una multa di 250-500 euro per il reato di attraversamento illegale della frontiera. A volte vengono forniti vestiti asciutti, acqua e un po’ di cibo, altre volte le persone sono costrette a dormire in abiti bagnati, a terra, senza cibo o acqua.

Dopo diverse ore, o addirittura giorni, i migranti sono consegnati alla polizia croata e sottoposti ad esame secondo le procedure previste dall’accordo di riammissione. Vale la pena notare che le procedure di questo accordo, in vigore dal 2006, non sono in linea con i principi giuridici fondamentali poiché non garantiscono gli standard minimi di protezione legale quali consulenza o reclamo.

Nella stragrande maggioranza dei casi, i migranti vengono nuovamente re-identificati dalla polizia croata e l’identificazione è quasi sempre seguita da un’espulsione attraverso il “confine verde” in Bosnia-Erzegovina. In molti casi l’espulsione è accompagnata da percosse, oltre a furti di telefoni e denaro.

Il rapporto “Viaggi Disperati” dell’UNHCR, pubblicato a settembre 2018, ha registrato 1.500 casi di negazione del diritto di accesso alla procedura di asilo e 700 casi di violenza, esercitata con percosse e furti, su 2.500 persone interrogate e rimpatriate forzatamente dalla Croazia in Bosnia-Erzegovina. A partire da giugno, la polizia slovena ha deliberatamente consegnato (e continua a farlo) un gran numero di migranti alla polizia croata pur consapevole delle violenze brutali a cui questi andranno incontro per mano delle autorità dello stato croato. Così facendo, la polizia slovena viola, attivamente e in piena consapevolezza, il principio di non respingimento in caso di minaccia di tortura. È, pertanto, necessario porre fine alla validità di tale accordo bilaterale sotto le cui mentite spoglie avvengono violazioni sistematiche e clamorose dei diritti umani.

La polizia slovena e quella croata cooperano nell’ambito dell’accordo bilaterale di riammissione. Quando qualcuno viene catturato in territorio sloveno e fermato per attraversamento illegale di frontiera, viene portato alla stazione di polizia. Nella maggior parte dei casi, se questi manifesta l’intenzione di chiedere asilo in Slovenia, la sua richiesta viene ignorata e, di solito, riceve anche minacce dalla polizia. I suoi averi (telefono, soldi …) sono portati via. Inoltre, la persona fermata viene accusata del reato di attraversamento illegale di frontiera e, per questo, condannata a pagare una multa di 250-500 EUR.

A volte si parla anche di furti e pestaggi da parte della polizia, sebbene meno frequenti. Durante la procedura di riammissione gli averi dei migranti vengono di solito consegnati alla polizia croata e non ai migranti stessi, nonostante le numerose testimonianze di furto di denaro e distruzione di telefoni. Nell’area di confine vicino a Bihać sono stati ritrovati un gran numero di involucri a busta e polsini utilizzati durante le procedure di riammissione.
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Involucri a busta usati nelle procedure di riammissione dalla Slovenia alla Croazia ritrovati vicino a Bihać.

Gli involucri a busta strappati ed i polsini costituiscono un’ulteriore prova della pratica illegale che è diventata una procedura comune fra gli agenti di polizia impegnati sul fronte migranti in Croazia e Slovenia.
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Polsini usati nelle procedure di riammissione dalla Slovenia alla Croazia ritrovati vicino Bihać.

La polizia in Slovenia e Croazia sta svolgendo il ruolo di esternalizzazione del confine europeo.

Al fine di garantire un movimento indisturbato dei capitali e delle merci attraverso l’UE e una crescita economica continua, la frontiera esterna dell’UE è stata rafforzata aumentando il numero di unità di polizia nazionali e internazionali (Frontex). L’eccessiva violenza, la criminalizzazione dei migranti e della solidarietà e le espulsioni sono mezzi per impedire lo spostamento delle persone in cerca di sopravvivenza e di migliori condizioni di vita.

La rotta migratoria dei Balcani interessa questo territorio da molti anni. È uno dei punti di ingresso illegale in Europa per le persone a cui è impedito di attraversare legalmente i confini semplicemente a causa della loro nazionalità o povertà. Il viaggio inizia in Grecia dove la maggior parte della gente arriva dalla Turchia su imbarcazioni dirette verso le isole dell’Egeo. Cinque di queste isole hanno campi di concentramento finanziati da fondi europei: lasciare le isole è vietato e le dimostrazioni contro le condizioni invivibili sono represse a manganellate, con deportazioni e procedimenti giudiziari.

Le altre due principali rotte verso l’Unione europea sono quella dal Marocco alla Spagna e quella dalla Libia all’Italia. Le autorità in Libia e Marocco hanno già un accordo con i paesi dell’Unione europea per il finanziamento della polizia di frontiera tramite imbarcazioni, jeeps, recinzioni e attrezzature di controllo al fine di limitare l’immigrazione con tutti i mezzi. L’esternalizzazione delle frontiere europee si attua nei Balcani così come in Nord Africa, Turchia e Grecia. Viene attuata per mano di grandi sovvenzioni finanziarie, attraverso accordi bilaterali sulle espulsioni accelerate, scansioni biometriche e creazione di database di impronte digitali, formazione della polizia, costruzione di recinzioni, finanziamento di centri di espulsione, introduzione di leggi repressive e pratiche di polizia violente e illegali avverso i migranti.

Il numero di telefono per l’assistenza alla richiesta di asilo

A metà luglio 2018, l’ONG Pravno-informacijski Centre (PIC) aveva istituito una linea telefonica per fornire informazioni ai migranti sui propri diritti nonché per informare le competenti autorità di polizia su chi si trovasse sul territorio sloveno ed avesse intenzione di richiedere la protezione internazionale in Slovenia. La creazione di una linea telefonica attiva 24 ore su 24 era stata pensata per dare una risposta al crescente numero di preoccupanti testimonianze di persone che si erano viste negare il diritto di accesso alla procedura di protezione internazionale e che erano state vittime di violenza da parte della polizia.

In tali testimonianze, le persone affermavano che anche a minori, famiglie ed altre persone vulnerabili fosse stata negata la richiesta di asilo. Durante le visite a Velika Kladuša, alcuni volontari avevano distribuito volantini ai migranti con informazioni sulla procedura di asilo in Slovenia: qual è la procedura, quali sono le autorità competenti, quali sono i loro diritti e doveri nelle singole fasi della procedura. I volontari avevano anche dato ai migranti un numero di telefono a cui rivolgersi per chiedere asilo in Slovenia. Il numero di telefono funzionava secondo il principio dell’”alarmphone“, già dimostratosi piuttosto efficace in altre parti d’Europa (Croazia, Spagna, Grecia, Italia) nel combattere le pratiche illecite della polizia. Lo scopo di questo numero di telefono era monitorare in maniera indipendente i valichi di frontiera e monitorare le procedure della polizia.

L’attività telefonica doveva fornire ai migranti le informazioni di base sul diritto alla protezione internazionale nonché informazioni sul funzionamento controverso della polizia alla frontiera e sulla situazione a Velika Kladusa. I migranti, quasi sempre, hanno chiamato o scritto al numero dopo aver attraversato il confine tra Slovenia e Croazia ed in alcuni casi, quando lo volevano, hanno anche dichiarato il proprio nome, età, paese di origine, ubicazione e il numero di persone del proprio gruppo. In seguito, poi, alla conferma, da parte degli stessi migranti, di volere richiedere la protezione internazionale e contattare la polizia, i volontari informavano le autorità sulla posizione delle persone e sulla loro intenzione di chiedere asilo.

I membri del centro Pravno-informacijski – PIC (ONG che offre assistenza legale ai migranti) informavano, quindi, le stazioni di polizia via telefono, o via e-mail, dell’intenzione delle persone di chiedere asilo in Slovenia. Da quanto riferito da PIC, 16 sono stati gli interventi a luglio ed agosto su gruppi che avevano dichiarato l’intenzione di chiedere asilo in Slovenia.
In 13 casi, la polizia ha rispettato la legge e le persone sono riuscite ad accedere alle procedure di asilo, mentre in 3 casi la polizia ha negato che ci fossero gruppi nella zona. Più tardi si è scoperto che erano stati respinti oltre il confine.

Il 7 settembre 2018 si è tenuta una conferenza stampa congiunta tra il Ministero dell’Interno e il Difensore Civico per i diritti umani in Slovenia. Durante questa conferenza stampa, l’attuale ex ministro degli interni, Vesna Györkös Žnidar, ha pubblicamente accusato un’organizzazione non governativa, anonima, di un presunto conflitto di informazioni con le stazioni di polizia sui richiedenti aiuto definendo incerta la notifica secondo la quale gli agenti di polizia debbano rispettare la legge. Non ci è voluto molto perché i media scoprissero che l’organizzazione non governativa anonima era la PIC. Questa scoperta è stata seguita da un linciaggio mediatico di detta ONG da parte del quotidiano Delo. I membri di PIC hanno deciso, quindi, di interrompere la linea telefonica per paura di mettere in pericolo l’organizzazione, mentre InfoKolpa ha continuato l’attività con un numero di telefono diverso.

Lo scopo della creazione di linee telefoniche “alarmphone” era quello di prevenire la condotta illegale della polizia nonché ulteriori vittime causate del repressivo regime di frontiera dell’UE che impedisce, a molte persone, di attraversare in maniera sicura e legale la frontiera. Il punto era: impedire la pratica illegale dell’espulsione agendo come una terza parte e come mediatore nella procedura di asilo.

Lo scopo secondario del telefono di InfoKolpa era quello di registrare possibili comportamenti illegali della polizia. Tra l’11 e il 7 novembre 2018, InfoKolpa è intervenuta per 20 volte (106 persone) nelle stazioni di polizia con e-mail o telefonate. Oltre alla polizia, la presenza di persone che desideravano chiedere asilo in Slovenia è stata comunicata anche via e-mail all’Ombudsman (Difensore Civico, ndr.), all’Amnesty International Slovenia e, in alcuni casi, al comando di polizia generale.
In 6 casi, la polizia ha accettato che i gruppi accedessero alle procedure di asilo (27 persone); in 6 casi, le persone sono state deportate collettivamente e in seguito ci hanno risposto dalla Bosnia (39 persone) e solo 1 persona è stata in grado di chiedere asilo in Croazia dopo essere stato deportata dalla Slovenia. In 7 casi, le persone non hanno risposto dopo essere state arrestate dalla polizia slovena e non è noto cosa ne sia stato (39 persone); i possibili motivi di questa mancata risposta potrebbero essere tre: esse stesse non volevano continuare la comunicazione; la polizia ha preso i loro telefoni cellulari per condurre delle indagini; i telefoni sono stati rubati o distrutti dalla polizia in Slovenia o Croazia.

Conclusioni

I risultati di questo rapporto e delle preesistenti ricerche e testimonianze mostrano una natura violenta e preoccupante delle procedure di polizia sui migranti presso i commissariati sloveni nella zona di confine meridionale. Le violazioni non sono sporadiche né dipendono da capricci di singoli agenti di polizia, bensì sono sistematiche. La negazione di massa del diritto di accedere alla procedura di asilo è stata ordinata e coordinata da alti funzionari della polizia slovena mentre il Ministero degli Interni aveva piena conoscenza di queste istruzioni illegali e li ha supportati silenziosamente. Testimonianze di persone che sono state respinte a catena dalla Slovenia attraverso la Croazia in Bosnia-Erzegovina parlano di violenze della polizia, percosse, minacce e la firma forzata di documenti senza traduzioni. Con l’espulsione di più di 4.500 persone oltre confine, lo stato sloveno ha messo in pericolo di torture e furti molte persone, esponendo così gruppi già marginalizzati a ulteriori traumi.

Considerando la situazione al confine, le condizioni di vita nei campi in Bosnia e le violenze della polizia è necessario chiedere:

– la fine immediata delle espulsioni collettive dalla Slovenia alla Croazia sotto le mentite spoglie dell’accordo bilaterale di riammissione; la sospensione immediata del suddetto accordo bilaterale che non segue gli standard di base della protezione legale; la fine immediata di violazioni sistematiche del diritto di richiedere asilo;
– introduzione della sorveglianza civile del lavoro e delle procedure di polizia sui migranti;
– piena divulgazione delle istruzioni della polizia sul trattamento dei migranti e un’indagine completa per abuso di potere contro l’ex direttore generale della polizia, Simon Velički, l’attuale direttore generale della polizia, Tatjana Bobnar, l’ex ministro dell’interno, Vesna Györkös Žnidar e l’ex dipendente del ministero degli Interni, Boštjan Šefic;
– indagini contro gli agenti di polizia coinvolti in casi dimostrati di uso eccessivo della violenza fisica, quali pestaggio e furto, nei confronti di persone arrestate per attraversamento illegale di frontiera.

Questo report è stato scritto per iniziativa civile di InfoKolpa e con il sostegno di Border Violence Monitoring.
Il documento originale è disponibile per il download qui.