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Da Repubblica on line del 3 ottobre 2008

Razzismo, somala denudata a Ciampino, scritte contro romeno carbonizzato

“Mi hanno tenuta nuda quattro ore in una stanza dell’aeroporto di Ciampino. Prima mi hanno accusato di essere una ladra di bambini, poi di traffico di clandestini e per ultimo di essere un corriere della droga”. Ma Amina Sheikh Said, donna somala di 51 anni, sposata con un italiano e cittadina italiana, era solo una nonna che riportava in Italia i suoi quattro nipotini da Londra.

Ancora intolleranza e razzismo. Dopo il cinese picchiato da una gang di minorenni in un quartiere popolare della capitale, la denuncia di una donna d’origine somala sembra confermare un clima di intolleranza che non ha confini. Secondo i sondaggi, il razzismo è già emergenza.

E a Sesto San Giovanni, nell’hinterland di Milano, davanti ai ruderi dell’industria Falck dove dieci giorni fa è morto carbonizzato nella sua baracca un ragazzino romeno, qualcuno ha scritto frasi razziste. “Frasi indegne”, ha tuonato il sindaco della città. Sono state tracciate sui muri delle case di via Trento, proprio dove il quattordicenne romeno è morto bruciato. “Frasi contrarie alla tradizione della nostra gente e alla sua storia di accoglienza”. Le scritte sono state cancellate ma in città resta la preoccupazione per un sentimento xenofobo che pare serpeggi in strati sempre più ampi della popolazione.

Tornava a Roma dopo aver fatto visita ai quattro figli che abitano a Londra, la donna somala che ha denunciato di essere stata vittima di ingiurie razziste. Era il 21 luglio. Insieme a lei aveva per mano quattro dei suoi nipotini, tre di un figlio e uno di un altro, bambini tra i sette e gli 11 anni.

L’hanno chiamata negra; l’hanno “umiliata, maltrattata e oltraggiata” come spiegano i rappresentanti dell’associazione Antigone che sostengono legalmente la battaglia di Amina. “Arrivata all’aeroporto di Ciampino – racconta l’associazione – la Polizia di Frontiera esamina i documenti dei bimbi e decide che qualcosa non va. I minori hanno cognomi diversi tra loro”.

“Il marito che aspettava la famiglia in aeroporto, viene fatto entrare nell’area doganale”, spiega l’associazione. “Lo accusano con spregio di essere correo nel reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”. Ispezionano i bagagli. “Amina è condotta in una stanza e fatta spogliare per un’ispezione corporale. Le resta addosso il solo reggiseno. Due donne – racconta ancora Antigone – le dicono che si sarebbe dovuta sottoporre all’esplorazione anale e vaginale. Amina rifiuta. Chiede almeno che sia un medico a farlo”.

Le due donne incaricate dell’ispezione la ingiuriano: “Ti spedisco in carcere”; “Come sei nera fuori lo sei dentro”; “Daremo i bambini all’assistente sociale”. La sospettano di essere un corriere della droga. Per oltre quattro ore, Amina rimane svestita di fronte a un numero imprecisato di persone che entrano ed escono dalla stanza, poi viene ammanettata e distesa su una barella, coperta da un telo di cellophane da imballo. Viene portata in ambulanza al Policlinico Casilino. Dalla perquisizione non emerge niente.

“Nessuno le rilascia alcun verbale – dicono le associazioni – delle perquisizioni effettuate non rimane traccia. Le annunciano che contro di lei è stato aperto un procedimento penale per resistenza a pubblico ufficiale”.