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Recuperati i 21 cadaveri dei naufraghi dispersi al largo di Malta

Malta, Libia, Europa, l'accoglienza affonda in un mare profondo

Le foto di quei 57 migranti stipati in una imbarcazione di cui per più di una settimana si erano perse le tracce, ci avevano tenuto col fiato sospeso, nella speranza che il loro viaggio potesse trovare un approdo.

21 corpi sono stati recuperati nelle acque del Golfo del Sirte, davanti alle coste libiche da una unità della marina militare francese.
un sito gestito da rifugiati eritrei esclude la possibilità che si tratti dell’equipaggio di cui la scorsa settimana si erano perse le tracce, che sarebbe detenuto in una struttura libica. La vicenda non è ancora del tutto chiara, quel che si sà, è che la stessa nave francese che ha recuperato i corpi, ha dovuto attendere la risoluzione delle controversie diplomatiche in corso tra i diversi stati che stanno rifiutando a vicenda di farla attraccare.
Né la Libia né Malta hanno infatti accolto sul proprio suolo le salme dei migranti, rimpallandosi la responsabilità per quel che è avvenuto. Alla fine, il governo francese ha ordinato alla nave di fari ritorno sullo sue coste.

Se si tratti dei 57 naufraghi fotografati e poi “abbandonati” poco importa, ciò che conta è che altre vittime hanno concluso tragicamente il loro viaggio dopo aver sfiorato le rive di quell’Europa tanto deiderata.

I rifiuti, le omissioni, i respingimenti, non sono cosa nuova. Neppure quando, la scorsa settimana, i migranti erano ancora in condizione di poter essere salvati, Malta aveva segnalato la loro presenza. Sempre Malta e Libia poi avevano rifiutato di far attraccare sulle proprie coste i 27 africani trovati aggrappati alle gabbie per i tonni, come pure una imbarcazione spagnola che aveva tratto in salvo 26 migranti.

I mari dell’Europa del Sud stanno dando prova in questi giorni di quanto sia spietata la potenza delle loro onde. Sarebbe però un grave errore dare la colpa alla pericolosità dei viaggi per tutto ciò che sta avvenendo.
Ad essere spietate sono le leggi e le prassi che si sono consolidate.
Il mare in cui queste sono affondate è tanto profondo da aver messo in discussione gli stessi principi del diritto marittimo.
Gli stati che negano i loro porti o che addirittura perseguono chi si è reso protagonista di operazioni di soccorso in mare aperto, stanno contravvenendo a quei principi di solidarietà e di aiuto reciproco che hanno guidato le rotte nell’arco di secoli.
l’Eurpa, Malta, la Libia, sono i crocevia di questo scenario racapricciante.

I moniti dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati non sembrano bastare a far si che gli stati adempiano ad i loro obblighi.
L’Unhcr “esprime grande preoccupazione per la mancanza di un impegno forte ed uniforme da parte degli stati rivieraschi del Mediterraneo nell’ambito della ricerca e soccorso in mare e nel permettere lo sbarco immediato delle persone tratte in salvo da imbarcazioni impegnate in attività di pesca”.

La situazione è ancor più preoccupante se si guarda con attenzione agli ultimi avvenimenti che hanno segnato la cronache dei nostri mari: “nelle ultime settimane molte imbarcazioni precarie o alla deriva con a bordo un numero elevato di persone che tentavano di raggiungere l’Europa sono state ignorate o lasciate in balia delle onde, e alcuni capitani non hanno onorato sia i loro obblighi dettati del diritto marittimo che l’antica tradizione del salvataggio di persone in difficoltà in mare“.

Una situazione arrivata ormai all’estremo, quella dei mari che bagnano le nostre coste, ed il quadro non è certo più confortante se si pensa a quali sono le condizioni che i migranti, una volta scampati alla tragedia del naufragio, si trovano ad affrontare nei paesi di approdo.
Il regime di leggi vigende a Malta, la detenzione mascherata da “accoglienza” organizzata nei Cpt su suolo italiano e le torture, i soprusi, le pesanti e sistematiche violazioni dei diritti umani, praticati in Libia, compongono un quadro assolutamente agghiacciante.

L’ultimo tassello, strettamente collegato alle rotte migratorie che percorrono i nostri mari, ha a che vedere con gli accordi di cooperazione che l’Agenzia Frontex ha recentemente reso operativi attraverso la rete dei pattugliamenti EPN. Gli accordi prevedono una più stretta collaborazione, nell’ambito delle operazioni dell’Agenzia Frontex, ed un più efficace coordinamento tra i diversi stati impegnati nei pattugliamenti delle coste Europee nelle aree del Mediterraneo.
Viene da chiedersi quale sarà il risultato di questo nuovo progetto che, fin dalla sua nascita, si pone come obiettivo quello del contrasto dell’immigrazione illegale piuttosto che quello di far fronte alla crescente “emergenza sicurezza”, questa si reale, costituita dalle condizioni in cui i viaggi verso le nostre coste vengono intrapresi.
Daltronde l’Europea Patrol Network fa parte proprio di un disegno più complesso di definizione dell’Europa che è proprio la causa stessa di questi tragici avvenimenti.

Se la frontiera orientale si allarga, ed in generale i confini divengono attraversabili, salvo poi ritrovarli in altre forme lungo la permanenza nel vecchio continente, sul confine Sud l’Europa mette in mostra i suoi muscoli.
L’intreccio combinato di questi fattori, tra accordi per i pattugliamenti, complicità di stati terzi, violazione dei diritti ed indifferenza delle autorità competenti, rappresenta l’ossatura delle mura invalicabili che la fortezza continentale ha voluto costruire sul suo confine meridionale, esprimendo una delle tante facce che i confini europei hanno saputo farci conoscere in questi anni.

Nicola Grigion, Progetto Melting Pot Europa