Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Replica dell’Oim. Denuncia o “dialogo”?

Contraddizioni aperte dalle politiche di gestione della mobilità migrante

Gentile dott.ssa Sciurba,

le scrivo in merito al suo lungo articolo pubblicato sul sito di
www.meltingpot.org il 29 maggio (Iniziative a Roma della Rete NoG8.
Perché lOim
), relativo allassalto subito dallOIM lo scorso giovedì,
nel corso del quale decine di manifestanti hanno fatto irruzione nella
nostra sede romana gettando vernice rossa sui muri e accendendo fumogeni.
Come già detto ai vari giornalisti con i quali ho parlato, questo gesto ci
ha sorpreso e amareggiato.

Il suo articolo, che ho letto con interesse e del quale ho apprezzato i
toni pacati, mi pare purtroppo basato su informazioni sbagliate o
incomplete
Di conseguenza le conclusioni a cui lei giunge danno unimmagine
ampiamente falsata delle attività dellorganizzazione per la quale lavoro,
e mi sembra il caso di chiarire alcuni punti.

LOIM è unorganizzazione che gestisce progetti finanziati di volta in
volta da governi, istituzioni europee o altri soggetti. Ma, soprattutto,
lOIM è composta da uomini e donne impegnati sui temi delle migrazioni,
che hanno maturato conoscenza e consapevolezza dei problemi dei migranti
attraverso un lavoro quotidiano svolto con fatica, dedizione, motivazione
e impegno.

Il fatto di essere finanziati da governi non significa automaticamente che
appoggiamo politiche restrittive o repressive. Lo scopo dei progetti che
lOrganizzazione gestisce è sempre il benessere dei migranti: se ci fosse
proposto un programma con scopi contrari a questo principio basilare, può
star certa che ci rifiuteremmo di appoggiarlo e di venirne coinvolti in
alcun modo. I programmi dellOIM sono sempre pensati per assistere e
aiutare i migranti a fronte di problemi specifici e a volte purtroppo
possono essere strumentalizzati da chi ritenendo di avere capito già tutto
e forte delle sue certezze, formula giudizi che assomigliano a delle vere
e proprie sentenze.

Siamo tutti daccordo sul fatto che ci sono molte cose che non vanno, e
non da oggi, nelle politiche nazionali ed europee sulla migrazione. Ed è
vero che ci sono organismi che denunciano a voce alta le mancanze e gli
errori dei governi e di altre istituzioni. L’OIM è però un’organizzazione
internazionale che alle denunce preferisce la strategia del dialogo con le
istituzioni: si tratta di una scelta che può essere condivisa o meno ma
che comunque merita rispetto.

LOIM rispetta chi ha scelto la via della denuncia, ma, per quanto la
riguarda, preferisce quella dell’azione, che porta a lavorare
quotidianamente a stretto contatto con i migranti, imparando a conoscerne
le difficoltà quotidiane e cercando di contribuire al loro superamento. Si
tratta di un sistema imperfetto di cui non sempre possiamo condividere i
meccanismi ma con il quale lOIM ha deciso di confrontarsi e all’interno
del quale cerca di agire per migliorare le cose.

In questottica di lavoro sul campo vorrei segnalarle ad esempio come
latteggiamento dellOIM a Lampedusa – dove lorganizzazione dal 2006
svolge insieme a UNHCR, Save the Children e Croce Rossa, un ruolo di
monitoraggio degli standard di accoglienza e di tutela legale degli
immigrati – ha favorito il miglioramento delle condizioni di accoglienza e
assicurato lindividuazione e la protezione di innumerevoli soggetti
vulnerabili non richiedenti asilo quali vittime di tratta (per cui è stato
richiesto e ottenuto lart. 18) i minori non accompagnati (per i quali è
stata richiesta per la prima volta dopo anni lapertura della tutela),
migranti in condizione di salute precaria ecc…e che senza l’intervento
dellOIM sarebbero stati annoverati tra le migliaia di migranti irregolari
che ogni anno sbarcano sullisola.

Alla richiesta di entrare nel centro di Lampedusa (nel 2006 ancora
suscettibile di critiche) lOIM ha scelto di aderire, di lavorare sul
campo. Noi rispettiamo chi sceglie ideologicamente di non essere
coinvolto in alcun modo nella gestione di strutture in cui non crede, ma
riteniamo allo stesso tempo che certe volte unopposizione frontale possa
essere strumentalizzata e finire per non raggiungere l’obiettivo sperato:
aiutare i soggetti che si vogliono tutelare, ossia i migranti.

Ho letto, tra i vari punti critici, che nel suo articolo lei parla dei
nostri programmi di ritorno volontario. Ebbene, lOIM in Italia assiste il
ritorno volontario di 200 persone all’anno, riferite da Centri Sociali,
ospedali, comuni.
Aiutare persone che decidono di fare ritorno nel loro paese di origine,
vittime di tratta che non intendono restare nel paese dove hanno perso la
loro dignità, migranti che liberamente si presentano presso gli uffici
dellOIM, in molti casi rinunciando al proprio permesso di soggiorno, non
ha alcuna valenza simbolica non dichiarata. Si tratta di persone che
volontariamente decidono di tornare a casa e che l’Organizzazione aiuta su
base strettamente individuale. Lunico obiettivo è garantire un ritorno
dignitoso di chi non ha altri mezzi per tornare a casa. A tal proposito
vorrei farle notare come le sue critiche arrivino a una decina di giorni
dallattacco di un quotidiano vicino al centrodestra che ha accusato lOIM
di sperperare soldi per garantire il ritorno volontario e la
reintegrazione nel paese di origine di immigrati che hanno fallito il
proprio percorso migratorio. Come dicevamo prima, si tratta di progetti
più o meno strumentalizzabili a seconda dell’ideologia di chi li valuta.

Un’altra polemica riguarda il nostro programma di ricongiungimenti
familiari tramite il test del DNA.
Rendere possibile il ricongiungimento di famiglie che non sono in grado di
certificare il legame di parentela con i loro figli utilizzando le
tecniche del DNA – nel rispetto delle norme poste a tutela della privacy e
osservando le procedure di distruzione dei campioni stabilite dal Garante
per la protezione dei dati personali – non significa certo imporre forme
di controllo agli immigrati.
L’attività dellOIM – che riguarda comunque una percentuale minima delle
richieste di ricongiungimento familiare – ha permesso di portare a buon
fine, dal 2001, oltre 7500 richieste di ricongiungimento che altrimenti
sarebbero state bloccate per mancanza di documentazione.
Ci sono intere aree dell’Africa e dell’Asia in cui le anagrafi
semplicemente non esistono. E grazie a questo programma i rifugiati, che
sono quasi sempre senza documentazione, vedono garantito il proprio
diritto al ricongiungimento familiare. L’OIM distrugge i campioni di DNA
e la documentazione attestante il vincolo di parentela immediatamente dopo
la conclusione della pratica di ricongiungimento. Non esiste alcuna
schedatura genetica. Il test del DNA – effettuato sempre su base
strettamente volontaria – ha semplicemente lo scopo di garantire
l’effettività del diritto al ricongiungimento familiare.
E se è vero che il test è al momento a pagamento perché non ha un
finanziamento che lo possa mantenere, è anche vero che il prezzo proposto
equivale a meno della metà del prezzo di mercato e che i migranti
indigenti e senza lavoro in particolare i rifugiati finora hanno
sempre avuto la possibilità di avvalersene gratuitamente.
Il ricorso a questa opzione inoltre a differenza di quanto affermato dai
manifestanti – ha anche leffetto di rendere estremamente più rapida la
procedura del ricongiungimento. Insomma, in conclusione, si tratta di un
programma che, nelle modalità con le quali è applicato, dà al migrante una
possibilità in più per ricongiungersi: è di fatto uno strumento che
facilita lentrata in Italia, e non il contrario.
L’ufficio dellOIM è stato sempre aperto a chiunque volesse venire a
vedere come si effettua il test a chiunque volesse informarsi sulla
legittimità delle procedure e sul rispetto dei diritti dei migranti. Molti
lo hanno fatto.

Rispondo ad altre sue osservazioni: promuovere corsi di sensibilizzazione
e formazione per funzionari di polizia e magistrati in Italia, Libia,
Niger, focalizzando gli interventi sull’applicazione delle convenzioni
internazionali, sull’identificazione e assistenza a soggetti vulnerabili,
vuol dire provare ad incidere sullo zoccolo duro, informare, innescare
qualche dubbio che si possa fare qualcosa… Organizzare visite di studio,
agevolare il contatto e la collaborazione tra organi di controllo e
soggetti deputati all’assistenza e alla protezione… significa provare a
migliorare le cose.
Forse ci vorrà ancora tempo per riuscire a cambiare la situazione di
alcuni Paesi, ma per abbattere lisolamento in cui versano è necessario
iniziare un confronto con queste realtà.

I programmi dellOIM di assistenza ai governi – la famosa attività di
capacity building – riguardano esclusivamente il potenziamento della
comprensione del complesso fenomeno dellimmigrazione. Rafforzare il
contrasto al traffico di persone significa individuare i gruppi
vulnerabili, creare meccanismi di protezione (estendere per esempio la
tutela prevista dal permesso di soggiorno per protezione sociale anche in
altri contesti nazionali): non vuol dire quindi porre un freno alla libera
circolazione delle persone, ma prevenire e scoraggiare lo sfruttamento dei
migranti.

A proposito del capitolo Libia: in quel paese ci sarebbero due modi di
procedere, denunciare (alienandosi cosi qualsiasi tipo di collaborazione)
oppure cercare di avviare un minimo dialogo con le autorità per cambiare
approccio e favorire la conoscenza di modelli alternativi. Sono due modi
di prendere posizione, e per l’OIM l’accompagnamento nella seconda
modalità è la strategia per contribuire nel tempo ad eliminare, o comunque
ridurre , ogni abuso.
A nostro avviso se si vuole agire a favore dei diritti umani limitarsi ad
attaccare e condannare non sempre risolve il problema. Ciò non equivale a
stare zitti e far finta che in Libia tutto vada bene, ma è anche
importante cercare di evitare un dialogo tra sordi, che di fatto ritarda
ogni progresso del paese, in particolare nel rispetto dei diritti umani.

In quest’ottica al momento siamo riusciti ad entrare in un centro (Al
Qwaa) dove, grazie alla presenza di alcune ong libiche, abbiamo potuto
fornire assistenza umanitaria di base (vestiti, cure mediche) cercando di
alleviare le condizioni di chi vi è detenuto. Intendiamo in tal senso
provare anche sviluppare una serie di iniziative che mirino sempre di più
al coinvolgimento della società civile libica, cosa che rappresenterebbe
un elemento del tutto innovativo nel contesto di quel paese. Ma cosi come
raccontiamo ai Media le storie drammatiche riferiteci continuamente dai
migranti che arrivano a Lampedusa, nel momento in cui dovessimo essere
testimoni di questi abusi non esiteremmo di certo a parlarne.

In Libia, lei scrive, promuoviamo anche un programma di ritorno
volontario. Verissimo. Ma è un programma rivolto solo a chi si presenta
presso i nostri uffici in maniera spontanea o indirizzato dalle ambasciate
del proprio paese di origine perché spinto dal desiderio di tornare a
casa.
Vengono effettuati colloqui personali e confidenziali per accertare
l’effettiva decisione del ritorno e prima della partenza viene presentato
al beneficiario del progetto un business plan che ha il fine di sostenere
finanziariamente un’attività lavorativa nel paese d’origine.
I programmi di ritorno, questo è bene chiarirlo, non vengono proposti nei
centri di detenzione né interessano in alcun modo richiedenti asilo (a
differenza di quanto affermano i manifestanti della Rete NoG8)
Si tratta quindi di un programma che, in un paese che sicuramente non
sempre accoglie bene il migrante e che dal punto di vista legislativo è
indietro in materia di tutele rispetto agli standard europei, dà un aiuto
pratico a chi si trova in difficoltà e vuol tornare nel paese di origine.
Molti giornalisti e funzionari di organizzazioni hanno visitato lufficio
dellOIM che si occupa di tale programma (Human Rights Watch, Amnesty
International, per esempio).

Ricordo inoltre che, come potrà leggere da una recente intervista data al
Redattore Sociale e che le invio in allegato, sulla questione dei
respingimenti abbiamo preso una posizione assolutamente conforme a quella
dellUNHCR. Non solo: quello che abbiamo detto è che i respingimenti,
oltre a violare la Convenzione di Ginevra, non garantiscono laccesso alla
protezione né ai richiedenti asilo, né agli altri soggetti vulnerabili che
si trovano sui barconi e che non sono stati mai citati dai Media, ossia le
potenziali vittime di tratta e i minori non accompagnati. Gruppi
vulnerabili che, al pari dei richiedenti asilo, in Libia non possono di
certo accedere alla protezione che la legislazione italiana garantisce.

Sottolineo infine come lOIM svolga le sue attività cercando di
collaborare attivamente con gli stessi migranti, cosi come stabilito anche
dal nostro mandato (e come i manifestanti hanno omesso di scrivere sul
loro volantino). Come OIM Roma, in particolare con i nostri programmi di
migrazione e sviluppo, intratteniamo rapporti e partnership con comunità e
associazioni di migranti presenti in Italia, appoggiandone le attività in
Italia e nei paesi di origine e aiutandoli a sviluppare progettualità e
relazioni con rappresentanti della società civile, delle istituzioni
nonché del mondo economico italiano.

Ci sarebbe ancora molto da dire, anche se sono certo che sarebbe comunque
difficile trovare un punto di vista comune su tutto.
Credo però che alcune divergenze sul come operare nel complesso ambito
delle migrazioni internazionali facciano parte di un dialogo tra persone
che comunque hanno a cuore il rispetto dei diritti umani, il benessere dei
migranti e che in particolare promuovono il diritto – che tutte le donne e
tutti gli uomini hanno di cercare di migliorare le proprie condizioni di
vita. In questo contesto sottoscriviamo pienamente lo slogan dei
manifestanti Nessuno è illegale.

Descriverci come unorganizzazione che di fatto lavora contro i migranti
passa ampiamente il limite e non posso far altro che ribadire la mia
amarezza per lattacco di cui siamo stati vittime nonché per
l’atteggiamento prevenuto che riguarda le nostre attività. Voglio pensare
che questo attacco sia soltanto frutto di scarsa conoscenza, soprattutto
perché proviene da persone che si battono per eliminare ogni forma di
pregiudizio.
Vorrei quindi invitarla ad instaurare con noi un dialogo più diretto per
ogni eventuale prossimo articolo che ci riguarda: penso che possa essere
utile anche per capire meglio i nostri reciproci punti di vista. Resto
quindi disponibile per fornire ulteriori informazioni sui nostri attuali
progetti e attività.

Le invio i miei più cordiali saluti

Flavio Di Giacomo

Responsabile della Comunicazione OIM