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Report dal Centro di Soccorso e Prima Accoglienza di Lampedusa, isola di illegalità ai confini di uno Stato di diritto

a cura di Francesca Cancellaro, Luca Masera, Stefano Zirulia

Questo report scaturisce dall’esperienza diretta degli Autori, i quali, in qualità di volontari-esperti legali dell’ARCI, sono stati autorizzati dalla Prefettura di Agrigento ad accedere al Centro di Soccorso e Prima Accoglienza di Lampedusa nella settimana dal 24 al 31 luglio 2011.
La struttura era originariamente destinata – come suggerisce la sua denominazione – ad accogliere i migranti nelle prime ore successive allo sbarco, finalità che spiega l’assenza di un sistema di garanzie – in primis il controllo giurisdizionale – assimilabile a quello previsto per i CIE dal T.U. imm.
Tuttavia – lo abbiamo constatato coi nostri occhi – il Governo sta utilizzando il Centro lampedusano come luogo di prolungato trattenimento dei “clandestini”, i quali vi rimangono rinchiusi, in media, dai 10 ai 30 giorni; senza ricevere alcuna informazione in merito alla propria condizione; nella materiale impossibilità di essere assistiti da un legale; e soprattutto senza che tale privazione della libertà personale sia convalidata da un giudice. Abbiamo assistito, in altre parole, alla macroscopica sospensione delle garanzie che governano – nel nostro come in qualunque altro Stato di diritto – le misure restrittive della sfera personale, garanzie cristallizzate nell’art. 13 della Costituzione ed altresì presidiate dall’art. 5 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
Un vero e proprio vuoto giuridico, che si sta consumando al riparo dagli occhi dei media – dal momento che ai giornalisti è vietato l’ingresso al Centro – e che costituisce un terreno fertile per ulteriori violazioni dei diritti fondamentali, in particolare l’integrità fisica e la dignità personale dei trattenuti.
Di fronte a tale situazione abbiamo ritenuto che il primo passo da compiere – nell’ottica di riportare lo Stato di diritto là dove il nostro Paese si affaccia sull’Africa – consistesse nel costringere il Governo a dare spiegazioni del proprio operato.
Lo abbiamo fatto depositando – in data 29 luglio 2011 – sei istanze di accesso agli atti alla Questura di Agrigento, attraverso le quali altrettanti migranti hanno domandato alle forze dell’ordine italiane di potere conoscere le ragioni per le quali sono stati privati della loro libertà personale, e lo stato in cui si trova il procedimento all’esito del quale verrà deciso se dovranno essere immediatamente rimpatriati, piuttosto che trattenuti in un CIE o ospitati in un CARA.
In caso di rigetto dell’istanza o di mancata risposta da parte della Questura entro il termine di 30 giorni, sarà possibile impugnare il provvedimento negativo o il silenzio-rifiuto innanzi al TAR Sicilia, ottenendo così, tra l’altro, il fondamentale risultato di portare i trattenuti di Lampedusa davanti ad un giudice terzo e imparziale.

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Report dal CSPA di Lampedusa