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Report della Carovana europea a Ceuta di sabato 5 novembre

No al muro della morte

Ceuta, città ostile, città razzista, città inospitale.
I vari gruppi sociali che hanno aderito alla carovana, provenienti da tutte le città della Spagna e dall’Europa, sfilano per le vie della città ricevendo insulti, da una fetta molto grande di popolazione residente e qualche consenso da una piccola parte di cittadini.
Il clima è teso, oggetti che volano dalle finestre, ragazzi in motorino che lanciano pietre, ma questo non ferma la carovana, anzi i cori che urlano “niguna persona es ilegal” sono più forti.
Si marcia verso il muro della morte, verso il muro che il 28 settembre ha visto morire sei migranti che stavano tentando di fare il grande passo. Ma la Guardia Civil ha stroncato il sogno per sei di loro, ha fermato una speranza; una speranza che ha spinto queste persone a viaggiare mesi e mesi per il deserto ed arrivare in Europa. E ad accoglierli i proiettili della Guardia Civil e della polizia marocchina.

Abbiamo percorso tutto il muro della morte.
Ci sono gli operai che lavorano per ampliare la rete di protezione per rendere ancora più difficile il passaggio ai migranti.
Arriviamo fino al punto in cui persero la vita sei persone. Una delegazione riesce ad avere l’autorizzazione a scendere fino al punto preciso per depositare dei fiori. E’ un momento molto forte.
Anche i bambini urlano contro il muro, contro la polizia autrice di questi omicidi. Si urla la vergogna verso queste forme di privazione della libertà di circolazione degli individui.

Ci dirigiamo verso il Ceti: centro estancia temporaneo inmigrantes.
Il Ceti è un centro di accoglienza, in cui vivono all’incirca dalle duecento alle trecento persone. Tutti i migranti senza permesso di soggiorno vengono parcheggiati lì, in attesa di una sistemazione, che forse non arriverà mai.

Abbiamo incontrato e parlato con alcuni migranti, ci hanno raccontato le loro storie di vita: mesi di cammino per approdare in questo posto in attesa di una risposta, in attesa di una regolarizzazione; anni passati all’interno di questo centro, anni con la speranza che la richiesta di asilo venga accolta. In questi centri nascono bambini, crescono bambini, che forse mai avranno la possibilità di passare la propria infanzia in una casa vera. Gente che è arrivata fino a qui con la speranza di trovare un lavoro, con la speranza di poter restituire i soldi alla propria famiglia che si è indebitata per dare la possibilità ad uno di loro di partire. Gente che non ha più nulla nel proprio paese di origine. Il ritorno in quelle terre sarebbe per loro la fine; il ritorno a guerre e miseria.
Persone con una storia personale diversa una dall’altra, persone che soffrono nel vedere sfumare un sogno, persone che piangono i fratelli morti alla frontiera fra Spagna e Marocco. Nei loro occhi si possono leggere le vicissitudini che hanno passato prima di arrivare qui in Spagna, si può vedere la sofferenza causata da guerre e miseria. Ma possiamo anche vedere il coraggio di queste persone, la voglia che hanno di lottare per la loro libertà.
Si parla con loro, possono uscire dal centro, e quindi passano la serata con noi. Facciamo festa, spieghiamo loro i motivi che ci hanno spinto ad arrivare fino a qui: la richiesta di regolarizzazione per tutti i migranti presenti in questo centro, la possibilità per loro di trovare un lavoro; la chiusura immediata dei centri di permanenza.

Quello che questa carovana è riuscita a creare è una rete europea sempre più forte e compatta contro le frontiere, per la libera circolazione degli individui.
Abbiamo comunicato ai migranti presenti nel centro che non sono soli, che accanto a loro c’è una moltitudine che lotta contro tutti i muri della vergogna.