Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
///

Respingimenti illegali e violenza di confine. Regione balcanica. Agosto 2020

Il rapporto di Border Violence Monitoring Network (traduzione integrale)

schermata_da_2020-10-02_12-50-15.png
Accordi di gestione delle frontiere dell’UE, 07/07/2020. Fonte: consilium.europa.eu

Il Border Violence Monitoring Network (BVMN) ha pubblicato 34 casi di respingimenti illegali avvenuti nel mese di agosto, documentando l’esperienza di 692 persone i cui diritti sono stati violati ai confini esterni dell’Unione europea. I volontari sul campo hanno registrato una serie di atti crudeli e violenti perpetrati da agenti di polizia che rappresentano almeno dieci diverse autorità nazionali.

La relazione riassume i dati e le testimonianze condivise dai migranti, evidenziando la profondità della violenza utilizzata per mantenere la linea dura promossa ai confini europei.

Particolare attenzione è riservata al contesto greco dove le testimonianze da Evros descrivono la pratica delle autorità greche di usare cittadini di paesi terzi per facilitare i respingimenti attraverso il fiume Evros/Meric negli ultimi due mesi. Le testimonianze raccolte dai membri del Border Violence Monitoring Network alludono a questa tendenza e le prove dal campo rafforzano tali resoconti.

Ulteriori analisi riguardano il coinvolgimento delle forze ceche nei respingimenti dalla Macedonia settentrionale alla Grecia nell’ultimo mese. Le riammissioni dall’Italia alla Bosnia continuano ad essere legittimate dallo Stato italiano ed è quindi inclusa un’analisi delle recenti segnalazioni relative a queste pratiche, oltre a un aggiornamento scritto da volontari sul campo a Trieste.

In questa relazione BVMN discute anche diversi casi di respingimenti in tutto il Mar Egeo, dove le autorità greche continuano ad utilizzare metodi preoccupanti per costringere le imbarcazioni in transito a tornare nelle acque turche utilizzando gommoni di salvataggio. Sono stati inoltre notati nuovi sviluppi relativi ai respingimenti sia nel cantone bosniaco di Una-Sana che nella regione serba di Vojvodin, sia sul campo che in ambito giuridico.

BVMN è una rete di organizzazioni di controllo attive in Grecia e nei Balcani occidentali tra cui: No Name Kitchen, Rigardu, Are You Syrious, Mobile InfoTeam, Josoor, [re:]ports Sarajevo, InfoKolpa, Escuela con Alma, Centre for Peace Studies, Mare Liberum, Collective Aid e Fresh Response.

Sommario

Sommario generale
Generale
• Rete di testimonianze
• Terminologia
• Metodologia
• Abbreviazioni
Tendenze nella violenza alle frontiere
• Prove testimoniano intervento ceco nei respingimenti in Macedonia del Nord
• Autorità di frontiera greche utilizzano cittadini di paesi terzi per facilitare i respingimenti
• Continuano i respingimenti marittimi nell’Egeo
• Continuano le segnalazioni di respingimenti da Trieste
Aggiornamento sulla situazione
Serbia
• // Aggiornamento sul campo da Subotica
Bosnia-Erzegovina
• // Aggressioni nel cantone Una-Sana in Bosnia
Italia
• // Aggiornamento dall’Italia

Glossario dei report, agosto 2020

Struttura del network e contatti

Generale

Rete di testimonianze
BVMN è un progetto collaborativo tra più organizzazioni di base e ONG che lavorano lungo la rotta dei Balcani occidentali e la Grecia, documentando le violazioni ai confini dirette verso i migranti. I membri hanno un database comune, utilizzato come piattaforma per raccogliere testimonianze di respingimenti illegali attraverso interviste.

Metodologia

Il processo metodologico di queste interviste sfrutta lo stretto contatto sociale che i volontari indipendenti hanno con rifugiati e migranti per monitorare i respingimenti a più confini. Quando gli individui ritornano con lesioni significative o storie di abusi, uno dei nostri volontari incaricati di denunciare le violenze si siede con loro per raccogliere la testimonianza dell’accaduto. Anche se la raccolta di testimonianze in sé si rivolge in genere ad un gruppo composto da non più di cinque persone, i respingimenti di cui si racconta possono interessare fin a 50 persone. Le interviste hanno una struttura standardizzata che unisce la raccolta di dati fisici (date, geo-localizzazioni, descrizioni degli agenti di polizia, foto di lesioni/ referti medici, ecc.) a narrazioni libere degli abusi.

Terminologia

Il termine pushback è una componente fondamentale della situazione che si è manifestata lungo le frontiere dell’UE (Ungheria e Croazia) con la Serbia nel 2016, dopo la chiusura della rotta balcanica. Pushback descrive l’espulsione informale (senza un giusto processo) di un individuo o di un gruppo verso un altro paese. È in contrasto con il termine “deportazione“, condotta all’interno di un quadro giuridico. I pushback sono diventati una parte importante, anche se non ufficiale, del regime migratorio dei paesi dell’UE e altrove.

Abbreviazioni
BiH – Bosnia Erzegovina
HR – Croazia
SRB – Serbia
SLO – Slovenia
ROM – Romania
HUN – Ungheria
ITA – Italia
MNK – Macedonia del Nord
ALB – Albania
GRK – Grecia
TUR – Turchia
UE – Unione europea

Tendenze nella violenza alle frontiere

Prove testimoniano intervento ceco nei respingimenti in Macedonia del Nord

schermata_da_2020-10-02_12-58-42.png
La Macedonia del Nord e la Repubblica Ceca si sono impegnate in un’ampia collaborazione a guardia del confine meridionale con la Grecia, finanziate dall’UE. Nel dicembre 2019, il primo ministro ceco Andrej Babiš ha visitato la Macedonia e ha promesso di aiutare il paese a far fronte all’assalto dei migranti inviando agenti di polizia cechi a proteggere i suoi confini. Questa offerta ha coinciso con una campagna di reclutamento di agenti Frontex in Repubblica Ceca, offrendo formazione, apprendistati e stipendi di 4.500 euro al mese.

Nel 2019, 460 agenti di polizia cechi e 8 cani poliziotto sono stati inviati nella Macedonia settentrionale, e altri 246 agenti e 6 cani poliziotto sono stati inviati in seguito nel 2020. Si tratta del 32esimo contingente di agenti cechi inviati in Macedonia come parte della cooperazione bilaterale tra i due paesi. Secondo un rapporto ceco, 11.395 ‘migranti illegali sono stati catturati in Macedonia e Serbia nel 2019, prevalentemente intorno a Gevgelija, vicino al confine greco. Delle 18 segnalazioni di respingimenti violenti nella Macedonia settentrionale raccolte dal BVMN nel 2020, 7 coinvolgono agenti cechi (pari al 40%). Secondo le testimonianze questi agenti sono stati coinvolti in atti di violenza gratuiti, spesso sotto gli occhi degli agenti di Frontex, e gravi violazioni dei diritti umani. In un caso un intervistato è stato attaccato da un cane poliziotto ceco mentre gli agenti ridevano.

Inoltre è sempre più comune che uomini provenienti da vari paesi europei, in abiti semplici o uniformi dell’esercito e passamontagna, partecipino al pestaggio, tortura, e umiliazione dei migranti lungo i confini greci. La frequente mancanza di simboli di riconoscimento e i tentativi di questi uomini di nascondere la propria identità spingendo i volti dei migranti a terra confermano l’illegalità di queste pratiche. Il comportamento degli agenti europei e di forze straniere armate sconosciute al confine greco-macedone è preoccupante. L’irregolarità, l’arbitrarietà e l’uso sistematico della violenza eccessiva, insieme al furto indiscriminato e alla distruzione di effetti personali, segnalano una militarizzazione delle zone di frontiera europee.

Autorità di frontiera greche utilizzano cittadini di paesi terzi per facilitare i respingimenti

Negli ultimi mesi i membri di BVMN hanno identificato una nuova tendenza nei respingimenti illegali dalla Grecia alla Turchia attraverso il fiume Evros/Meri.

Nelle testimonianze registrate di recente gli intervistati hanno dichiarato che cittadini di paesi terzi con status sconosciuto lavorano con funzionari greci e altri agenti europei; conducono i gommoni che vengono utilizzati per trasportare forzatamente i migranti attraverso il fiume in Turchia. (Secondo testimonianze precedenti erano gli stessi agenti greci di solito a manovrare i gommoni.) I nostri intervistati hanno riferito che le persone che guidavano questi gommoni provenivano dal Pakistan, dall’Afghanistan, dalla Siria o dall’Iraq.
schermata_da_2020-10-02_13-18-01.png
Ancora dall’indagine di Forensic Architecure sui respingimenti lungo il fiume Evros/Meric. Mentre questo filmato mostra presunti agenti greci alla guida delle barche di respingimenti, la recente testimonianza di membri di BVMN suggerisce che questo compito sia svolto da cittadini di paesi terzi provenienti dal Pakistan e dalla Siria.

Nel caso di un respingimento del 7 maggio, 80-90 persone provenienti da Siria, Marocco, Algeria, Egitto e altri paesi, sono state respinte attraverso il fiume Evros vicino a Uzunköprü in Turchia [9.6]. Dopo essere stati trattenuti in una stazione di polizia vicino a Kavala, i migranti sono stati caricati su un grande autobus della polizia da agenti greci mascherati con passamontagna, con la promessa di essere condotti al centro di detenzione di Drama; invece sono stati portati al confine. Il gruppo è stato poi diviso in gruppi più piccoli che sono stati sparpagliati in luoghi diversi.

Secondo la testimonianza dell’intervistato:

gli agenti greci hanno messo i migranti su un gommone manovrato da 3 persone, forse provenienti dall’Afghanistan e dal Pakistan, che li hanno portati attraverso il fiume [Evros] a gruppi di 5, facendo avanti e indietro“. [9.6]”

Allo stesso modo, il 2 luglio, un gruppo di 50 persone, tra cui donne e minori, è stato portato al fiume Evros da agenti coperti con passamontagna e che parlavano lingue straniere, che hanno confiscato gli effetti personali delle persone, picchiandoli con manganelli metallici e umiliandoli [9.5]. L’intervistato in questo caso ha riferito che:

“gli agenti greci hanno messo il gruppo in barche di circa 17-18 persone, gestite da 2 persone dall’Afghanistan e da un iracheno, che ha portato la gente attraverso il fiume [Evros]. Le persone in difficoltà, spaventate e picchiate, sono state lasciate vagare attraverso la foresta nel freddo e pioggia con pochi vestiti” [9.5]

Un altro respingimento di massa nel fiume ha avuto luogo il 22 luglio, quando circa 140 persone provenienti da Afghanistan, Pakistan, Bangladesh, Palestina, Siria, Iraq e Marocco sono state portate sul fiume Evros con un autobus della polizia di notte da poliziotti greci che indossavano passamontagna [9.7]. L’intervistato in questo caso ha riportato che:

“le persone che guidavano le imbarcazioni erano gli stessi stranieri, dal loro accento devono essere stati siriani. Le barche sono state fornite dalla polizia. Sono stati fatti attraversare quella stessa notte. [9.7]”

Oltre al fatto che questi manovratori di gommoni di migranti prendano ordini da agenti greci europei durante i respingimenti, la natura del loro rapporto con gli agenti è sconosciuta. Non sappiamo se queste persone sono costrette a questa collaborazione, o se ricevono un pagamento o qualsiasi altro tipo di risarcimento, o se lavorano in cambio di promesse inaffidabili come la legalizzazione della residenza o l’azzeramento di spese legali preesistenti contro di loro, ecc. Tuttavia, dato il contesto illegale della pratica sistematica dei respingimenti e il fatto che i manovratori appartengono a gruppi vulnerabili, siamo portati a credere che ci troviamo di fronte a una nuova tendenza di sfruttamento mirato ad una esternalizzazione delle responsabilità.

Continuano i respingimenti marittimi nell’Egeo

Questo mese abbiamo pubblicato un’inchiesta visiva, realizzata dai membri di BVMN Josoore e No Name Kitchen, nella quale vengono analizzate prove che testimoniano il coinvolgimento di agenti della Guardia Costiera Ellenica vestiti di passamontagna a bordo della nave della Guardia Costiera ellenica (HCG) ΛΣ-618, una barca finanziata al 75% dalla Commissione europea tramite il Fondo per le frontiere esterne. La nave è stata osservata partecipare ad attività pericolose nell’Egeo da marzo.

L’indagine è stata condotta dai membri della BVMN Josoor International Solidarity e No Name Kitchen. Ci siamo concentrati su quattro video girati l’11 luglio e ottenuti lo stesso giorno, che mostrano uomini mascherati su una nave di medie dimensioni che si avvicina a un gommone pieno di donne e bambini [9.1]. L’uomo che ha girato questo video ha inviato il materiale a Josoor mentre era ancora sul gommone, e dopo ha riferito di essere stato portato in Turchia ed essere stato tenuto in detenzione per un periodo di due settimane. Lo scopo di questa analisi video è quello di identificare meglio gli individui e la nave coinvolta nell’operazione che ha effettuato il pushback del gruppo.

Messa insieme, questa analisi collega chiaramente i materiali mostrati nei video alla tendenza ben documentata dei respingimenti marittimi da parte dell’HCG negli ultimi mesi.

schermata_da_2020-10-02_13-26-39.png
Immagini utilizzate nell’inchiesta di agosto di BVMN sui respingimenti marittimi nell’Egeo

Josoor ha inoltre raccolto testimonianza di un respingimento marittimo dell’HCG al largo dell’isola di Rodi questo mese [9.2]. Altrove nei media, il tema dei respingimenti marittimi è stato tenuto sotto i riflettori da un articolo del New York Times, una dichiarazione rilasciata dall’UNHCR che condanna questo comportamento, e futili smentite pubbliche dai più alti livelli del governo greco.

Continuano le segnalazioni di respingimenti da Trieste

Nel mese di agosto diversi membri del Border Violence Monitoring Network hanno registrato più respingimenti a catena dalla Bosnia-Erzegovina e dall’area di Trieste in Italia [vedi rapporti 4.1, 4.2, 4.3, 4.4, 4.5 e 4.6. Si tratta di una tendenza ben documentata che è persistita per tutta l’estate, facilitata dal dispiegamento dell’Operazione Strade Sicure nella zona di confine.

Una di queste testimonianze [4.6] ha condiviso un video che un testimone ha girato all’arrivo del gruppo nella zona montuosa fuori Trieste, sul lato italiano del confine, il 13 luglio. Il video è stato facilmente geolocalizzata utilizzando l’infrastruttura di utilità in background a queste coordinate approssimative: 45.613871, 13.867416
schermata_da_2020-10-02_13-33-16.png
Immagine delle lesioni subite da uno dei membri del gruppo dalle autorità croate il 13 luglio [4.6]

Gli intervistati che descrivono i respingimenti a catena parlano di poca violenza fisica da parte delle autorità italiane, ma molti di loro hanno descritto un trattamento disumano da parte degli agenti che si trovano più avanti nella catena. Un intervistato ha riferito di aver visto le autorità croate colpire i suoi compagni di gruppo con:

Manganelli neri della polizia avvolti con filo spinato [4.6]

Un altro gruppo ha dichiarato di essere stato tenuto in arresto in Croazia durante il respingimento a catena per:

18, 20 ore senza cibo [4.5]

schermata_da_2020-10-02_13-37-52.png

Aggiornamento sulla situazione

Serbia
Aggiornamento sul campo da Subotica
schermata_da_2020-10-02_13-39-54.png
La violenza in diverse parti della Vojvodina è in aumento nelle ultime settimane. Se la pratica di arrestare le persone e condurle a circa 30 km di distanza dai loro alloggi veniva già utilizzata negli ultimi anni comunemente a Sombor, i membri dell’Aiuto Collettivo riferiscono che questa tattica si è recentemente diffusa ed è stata usata anche dalle autorità di polizia di Subotica. Inoltre spesso è collegata con il furto e la distruzione di oggetti come telefoni cellulari o denaro.

Un’altra nuova misura disumana che gli agenti di polizia stanno usando nelle municipalità di Severna Backa è quella di sfrattare i migranti dagli edifici abbandonati in cui soggiornano chiudendoli con mattoni, lasciandoli senza riparo e costringendoli ad accamparsi tra i cespugli o vagoni ferroviari abbandonati. Con l’avvicinarsi dell’inverno, questa pratica è particolarmente preoccupante.

Con il confine serbo-ungherese altamente militarizzato ed estremamente difficile da attraversare, i migranti sono costretti ad intraprendere strade pericolose. È stato riferito alla squadra sul campo che a metà agosto 3 persone, 2 dall’Egitto e 1 dal Marocco sono annegate nel fiume Tisa cercando di raggiungere l’Ungheria. Il pericolo e la difficoltà di questa traversata nell’ultimo anno possono spiegare, in parte, l’aumento dei movimenti lungo il confine rumeno con la Serbia.

Bosnia-Erzegovina

Aggressioni nel cantone Una-Sana in Bosnia

Questo mese BVMN ha identificato la tendenza di respingimenti attraverso le linee cantonali e la violenza generalizzata da parte di alcuni membri e autorità della comunità locale all’interno del Cantone Una-Sana. All’inizio di agosto, un campo informale nei pressi di Velika Kladusa lungo il fiume Kladušnica è stato sgomberato con l’uso delle forze dell’ordine e delle ruspe, senza provvedere al trasferimento dei migranti all’interno dei Centri di Accoglienza Temporanea nel Cantone Una-Sana; il che significa che circa un migliaio di persone si sono riversate in strada.

A seguito degli sgomberi hanno preso piede proteste da parte della popolazione locale di Velika Kladusa, con conseguenti episodi di violenza indiscriminata in cui, per diverse notti consecutive, i residenti della città si sono riuniti per respingere i migranti attaccando con pietre e manganelli gli autobus su cui viaggiavano. Il 17 agosto, a seguito delle proteste a Velika Kladusa, il Ministero degli Interni del Cantone Una-Sana ha preso la decisione di sfrattare tutti i migranti dalle strade, dagli edifici abbandonati e dai campi informali, vietando loro l’accesso ai mezzi pubblici e stabilendo il blocco dei campi formali nel Cantone, non permettendo loro di entrare o uscire.

In questo periodo le segnalazioni di violenza da parte dell’Unità speciale di supporto del Cantone Una-Sana hanno cominciato a salire. Il 19 agosto è stata presa la decisione di vietare ai migranti di entrare nel Cantone e di limitare la libertà di circolazione dei migranti e dei richiedenti asilo privi di protezione internazionale. Questa decisione è stata applicata in gradi diversi nell’ultimo mese.

Dalle testimonianze raccolte da No Name Kitchen, è venuto fuori che la polizia locale ha sgomberato le vecchie fabbriche abbandonate, bruciando tutti gli effetti personali dei migranti e poi deportandoli nella cosiddetta “terra di nessuno”, in un campo di grano a Bosanska Otoka, dove sono rimasti intrappolati tra la Republika Srpska e il cantone Una-Sana. In questa “zona cuscinetto“, senza riparo, strutture sanitarie e senza cibo, le persone (comprese famiglie e bambini) sono private di qualsiasi forma di assistenza da parte delle organizzazioni competenti. Non possono andare a Bihac perché verrebbero fermati dalla polizia della Federazione, e non possono tornare a Sarajevo perché sono bloccati dalla polizia della Republika Srpska.

Sulla scia delle proteste, il 29 agosto nella piazza principale, il movimento “STOP Invazija Migranata” ha organizzato una dimostrazione per chiedere l’allontanamento dei migranti dal cantone di Una-Sana e ha attaccato l’Unione europea e le organizzazioni competenti per la loro mancanza di gestione della situazione e per “non rispettare i diritti della popolazione locale“.

Nei giorni precedenti alla protesta, ci sono stati diversi episodi di violenza. Un uomo algerino ha riportato diverse contusioni e ha dichiarato che un giorno prima della protesta è stato picchiato con sbarre da un gruppo di quattro persone locali coperte di passamontagna.

Aggiornamento dall’Italia

Numeri di persone coinvolte in respingimenti documentati dall’Italia
schermata_da_2020-10-02_13-44-29.png

Nella regione nord-orientale del FVG in Italia la situazione sta peggiorando di giorno in giorno. Ci sono ancora molti arrivi, per lo più persone provenienti dall’Afghanistan e dal Pakistan, alcune dal Nord Africa. Nell’ultimo mese i volontari sul campo hanno assistito all’arrivo di molte famiglie che hanno vissuto in precedenza in Serbia o BiH per anni, con bambini e neonati. La maggior parte di loro non vuole rimanere a Trieste, e cerca di trovare un modo per proseguire.

In questo momento non ci sono rifugi o alloggi disponibili per le persone che non chiedono asilo, quindi le famiglie sono costrette a dormire in strada fino a che non trovano un treno o un autobus per procedere. L’autunno sta arrivando, e le temperature rendono questa situazione ancora più difficile.

Il sistema dei respingimenti (definiti riammissioni informali) è ora ben organizzato e strutturato, ma non ci sono informazioni accessibili al pubblico rispetto al numero di persone che vengono respinte. Anche se alcuni contatti nel Dipartimento Prevenzione ci hanno assicurato che non ci sarebbe stato alcun respingimento da Gorizia, questo sembra essere un fenomeno che riguarda l’intero confine italiano con la Slovenia, non solo la provincia di Trieste.

Il ministro dell’Interno Lamorgese era a Trieste l’8 settembre e ha detto quanto segue:

“Per controllare meglio la situazione, invieremo più militari. In questo momento ci sono 375 agenti dell’operazione strade sicure, ma ne invieremo un po’ di più sul lato di Udine.”

In questa occasione il ministro ha risposto alle domande di un giornalista dicendo che la “riammissione informale” è illegale verso coloro che chiedono asilo, mentre a luglio il ministro aveva affermato pubblicamente che tali “riammissioni informali” sono perfettamente legali anche per i richiedenti asilo. Si tratta di una contraddizione che evidenzia che quanto sta accadendo negli ultimi mesi nell’area triestina è totalmente contrario al diritto internazionale (nota ASGI).

C’è ancora una grande mancanza di chiarezza sui criteri con cui le persone vengono respinte in Slovenia. I minori non accompagnati sono in gran parte autorizzati ad entrare e rimanere nelle strutture di quarantena (anche se non hanno accesso ai telefoni), così come le famiglie. Si tratta di una pratica illegale che viene portata avanti dalle strutture governative con il supporto del Dipartimento di Prevenzione che richiede ad alcuni medici di verificare la presenza di scabbia, pidocchi e segni di Covid per facilitare una possibile riammissione.

Glossario delle relazioni, agosto 2020

La rete ha coperto il pushback di 692 persone in 34 incidenti separati nell’agosto 2020. Le relazioni riguardano un’ampia popolazione di persone, tra cui uomini, donne e minori che si trovano in alloggi ufficiali e in insediamenti informali; comprendono anche respingimenti attraverso vari tipi di confini; terra, fiume e mare. Gli intervistati provengono da un’ampia gamma di paesi, tra cui: Afghanistan, Algeria, Bangladesh, Iran, Repubblica Democratica del Congo, Somalia, Eritrea, Pakistan, Palestina e Siria. È importante ricordare che questi numeri riguardano solo i respingimenti che la nostra rete è stata in grado di registrare; a causa delle restrizioni COVID e dell’evoluzione delle tattiche governative, ci sono meno osservatori internazionali sul campo in grado di riferire su questi eventi.
I casi in questione sono descritti di seguito:
– 13 respingimenti verso la Serbia – sette dalla Croazia, quattro dalla Romania, uno dalla Bosnia-Erzegovina e uno dall’Ungheria.
– 17 respingimenti in Bosnia-Erzegovina
– 7 respingimenti dalla Grecia alla Turchia – con un gran numero di persone coiivolte.
– 7 respingimenti in Grecia dalla Macedonia del Nord
– 2 respingimenti in Serbia – rispettivamente da Bosnia, Ungheria e Croazia
– 1 respingimento in Grecia dall’Albania
schermata_da_2020-10-02_13-50-10.png

Struttura e contatto della rete
BVMN è un organismo volontario, che agisce come un’alleanza di organizzazioni nei Balcani occidentali e Grecia. BVMN si basa sugli sforzi dei partecipanti e di organizzazioni che operano nel campo della documentazione, dei media, della difesa e legale. Finanziamo il lavoro attraverso sovvenzioni e fondazioni caritatevoli, e non riceviamo denaro da nessuna organizzazione politica. Le spese riguardano le sovvenzioni ai trasporti per i volontari sul campo e quattro posizioni retribuite.
Controllate il nostro sito web per l’intero archivio testimonianze, precedenti rapporti mensili e notizie di routine.

Per seguirci sui social media, cercateci su Twitter, handle@BorderViolence e su Facebook. Per ulteriori informazioni sul presente report o su come essere coinvolti si prega di mandare una e-mail all’indirizzo [email protected].
Per richieste di stampa e media si prega di contattare: [email protected]

schermata_da_2020-09-05_09-03-25.png

Border Violence Monitoring Network (BVMN)

Border Violence Monitoring Network (BVMN) è una rete indipendente di ONG e associazioni con sede nella regione dei Balcani e in Grecia. BVMN monitora le violazioni dei diritti umani ai confini esterni dell'UE e si impegna per mettere fine ai respingimenti e alle pratiche illegali. Il network utilizza un database condiviso per raccogliere le testimonianze delle violenze subite da chi transita sulla rotta dei Balcani.
In questa pagina trovate le traduzioni integrali dei rapporti mensili curati da BVMN.