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Rettifica dell’atto di nascita per errato inserimento del nome

Corte di Appello di Roma, sentenza del 27 aprile 2017

Il caso oggetto del presente esame riguarda la richiesta di cambiamento del nome, erroneamente assegnato al momento della nascita, nei confronti di un minore nato in Italia da genitori di cittadinanza cinese.

All’atto della dichiarazione di nascita, infatti, per un mero errore materiale dell’Ufficiale dello Stato Civile – del quale i genitori si erano avveduti in un secondo momento – era stato erroneamente indicato, quale nome proprio da assegnare al minore, il cognome della madre e del padrino apposti in successione e non, invece, il nominativo in lingua italiana per lui scelto dai genitori.

Con ricorso ex artt. 95/101 D.P.R. 3 novembre 2000, n.396 – depositato dinanzi il Tribunale Civile di Roma – i genitori del minore richiedevano la rettifica dell’atto di nascita, nella parte in cui era stato inserito l’errato nominativo in lingua cinese, al posto di quello in lingua italiana.

Con Decreto n. 3644, R.G. n. 20775/2016, il Tribunale di Roma in composizione collegiale – Sezione Prima Civile – rigettava la domanda attorea, in quanto asseritamente non attivabile la procedura di cui all’art. 95 comma 3 D.P.R. 396/2000 ritenendo necessario, al fine richiesto, di attivare la procedura dinanzi alla Prefettura competente.

Il Decreto di rigetto, secondo le argomentazioni del Tribunale, si fondava sulle seguenti motivazioni: la procedura di cui all’art. 95 D.P.R. 396/2000 avrebbe lo scopo di ottenere la correzione di un errore materiale contenuto nei dati anagrafici laddove, nel caso di specie, si sarebbe invece trattato di una modifica degli stessi, al fine di permettere una migliore integrazione del bambino nel paese dove è nato e sarebbe cresciuto, scopo al quale sarebbe deputata la procedura di cui all’art. 84 D.P.R. n. 396/2000.

Avverso il Decreto n. 3644, R.G. n. 20775/2016, che ha rigettato la richiesta di rettifica dell’atto di nascita i genitori del minore, a norma degli artt. 739 e ss. c.p.c. e 95 e ss. d.p.r. 396/2000, proponevano formale atto di Reclamo dinanzi la Corte d’Appello di. Roma.

L’ingiustizia dell’impugnato Decreto è stata rilevata sotto diversi profili.

In via preliminare, è stato eccepito il manifesto vizio di violazione e falsa applicazione della normativa di cui al D.P.R. 396/2000, per aver il Tribunale erroneamente ritenuto attivabile la procedura di cui agli artt. 84 e ss. D.P.R. 396/2000 – che prevede la competenza. Prefettizia – e non quella di cui all’art. 95 comma 3 D.P.R. 396/2000.

Al contrario di quanto erroneamente statuito, infatti, ed indipendentemente dalla rilevata sussistenza o meno di un errore materiale nella trascrizione del nominativo, la procedura dinanzi alla Prefettura competente può essere attivata solo se a farne richiesta sia un cittadino italiano (Sul punto, cfr. Ministero dell’Interno Cir. n. 66/2004).

Premessa, quindi, la sussistenza di un vizio di portata tale da travolgere la legittimità dell’intera Decisione, sono stati sollevati ulteriori profili di illegittimità.

Il Tribunale, infatti, del tutto acriticamente e con un’attività istruttoria incompleta, ha assertivamente ritenuto non potersi attivare la procedura di cui agli artt. 95 e ss. D.P.R. 396/2000 senza averne compiutamente enunciato le ragioni alla luce della limitazione, in favore dei soli cittadini di nazionalità italiana, della procedura di cui agli artt. 84 e ss. D.P.R. 396/2000 (cfr. Ministero dell’Interno Cir. n. 66/2004, cit.). La sommarietà della motivazione del decreto che conclude il procedimento camerale non può infatti risolversi in una totale mancanza di motivazione e nella riduzione della decisione al dispositivo.

Ancora, è stata rilevata una violazione degli artt. 6 c.c. (Diritto al nome) art. 22 Cost., nonché dei “principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili” (cfr. art. 38, lett. c, Statuto Corte Internazionale di Giustizia). Dinnanzi alla chiara ed inequivoca volontà dei genitori del minore di procedere alla rettifica del nominativo che è stato erroneamente indicato all’Ufficiale competente, il diniego di una tale facoltà avrebbe integrato, inoltre, la violazione degli artt. 7 e 8 della Convenzione sui diritti del fanciullo, firmata a New York e ratificata con legge 27 maggio 1991 n. 176, dell’art. 8 Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo, e dell’art. 24 della Carta di Nizza.

Nell’ottica di tutela del preminente interesse del minore, vista l’incompetenza di ulteriori e diversi organismi di carattere amministrativo (nello specifico della Prefettura, dinanzi alla quale era stata nel frattempo attivata la prescritta procedura, che aveva avuto esito negativo, in quanto incardinata da soggetto privo di cittadinanza italiana), il provvedimento di rigetto impugnato concretizzava una lesione dell’interesse stesso. Il nominativo di origine italiana che i genitori volevano assegnare al proprio figlio rappresenta, infatti, quel “preminente interesse” di vedere il minore ben integrato nel contesto socio-culturale italiano, nel quale si trova stabilmente a vivere, e nel quale è inserito giornalmente, frequentando istituti scolastici italiani.

La Corte di Strasburgo ha infatti definito il diritto al nome come un diritto a conservare un segno che identifica l’individuo nel contesto sociale in cui vive. Si tratta di un diritto che fuoriesce dalla sfera strettamente individuale per porsi in una dimensione relazionale.

La modifica del nome del proprio figlio appariva infatti coerente, alla luce dell’inserimento socio culturale del nucleo familiare dei ricorrenti in territorio italiano, nonché essenziale nell’interesse del figlio rappresentando, il proprio nome, il simbolo dell’identità personale.

Così ricostruita la rilevanza del diritto al nome quale diritto personale e sottolineatane l’importanza in relazione al processo di formazione della personalità del bambino, il quadro normativo di riferimento è stato integrato con il richiamo agli artt. 3, 7 e 8 della Convenzione sui diritti del fanciullo, firmata a New York e ratificata con legge 27 maggio 1991. n. 176, che individuano il preminente interesse del fanciullo come l’obiettivo da perseguire in ogni procedimento che riguardi un minore.

Palese era, quindi, l’illegittimità della pronuncia del Tribunale di Roma che, in violazione – tra gli altri – degli artt. 22 Cost. e 6 c.c., si poneva in contrasto con il preminente interesse del minore.

A fronte delle evidenze normative e dei motivi di reclamo, la Corte di Appello di Roma, in accoglimento del disposto reclamo, ha ordinato a norma dell’art. 95 DPR. 396/2000 la rettifica dell’atto di nascita nella parte in cui era stato inserito l’errato nominativo in lingua cinese, al posto di quello in lingua italiana, mandando all’Ufficiale di Stato Civile, per provvedere agli adempimenti di legge.

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Corte di Appello di Roma, sentenza del 27 aprile 2017