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da Il Manifesto del 9 aprile 2003

Ricatto «umanitario»

Gli Usa vogliono il monopolio degli aiuti per le popolazioni civile irachene. Bloccate le Ong

Monopolio Fermi al confine giordano i soccorsi non made in Usa, ma anche quelli «autorizzati». Mentre nel paese attaccato dagli americani manca tutto

MICHELE GIORGIO

INVIATO AD AMMAN

La Giordania sarà il «corridoio umanitario» degli aiuti americani all’Iraq. E le altre organizzazioni internazionali, le Ong, le tante associazioni di altri paesi che non aspettano altro che di portare soccorso (e anche solidarietà politica) all’Iraq? A questa domanda non risponde l’articolo pubblicato ieri dal Jordan Times che riferiva del «corridoio umanitario» che le agenzie ufficiali americane «Usaid» e «Dart» (Disaster assistance response team) pensano di mettersi a disposizione. Le condizioni della popolazione civile irachena si aggravano con il passare dei giorni ma gli Stati Uniti continuano a porre ostacoli ai piani di quelle organizzazioni e Ong internazionali che non accettano di entrare nel canale americano degli aiuti umanitari. Gli Usa nelle scorse settimane avevano indicato che l’assistenza alimentare e medica ai civili iracheni deve passare dalla frontiera meridionale, quella tra Kuwait e Iraq. Successivamente hanno anche nominato un loro rappresentante ad Amman, incaricato di coordinare gli interventi umanitari: ma sempre dal Kuwait, allo scopo di dimostrare che oltre alle bombe gli Usa portano anche un po’ di scatolette e bottiglie di acqua ad una popolazione stremata dalla guerra. Ora è la Giordania il territorio preferito per il «corridoio umanitario». Immediata è stata l’apparizione sulla scena di Usaid e Dart. Lunedì i rappresentanti di Dart e funzionari dell’ambasciata statunitense ad Amman hanno organizzato un «tour» alla periferia della città, dove i giornalisti hanno potuto visitare depositi e magazzini già pieni di aiuti americani. Sui contenitori e sacchi di plastica pieni di cibo, abiti, coperte e medicine, c’è la scritta: «Un regalo del popolo degli Stati Uniti». Gli iracheni in questi giorni hanno potuto «apprezzare» gli altri regali, esplosivi e devastanti, ricevuti dagli americani. «Siamo solo all’inizio della risposta Usa all’emergenza umanitaria», ha commentato soddisfatto Michael Marx, uno dei dirigenti di Dart. Marx – che cognome! – tuttavia ha dovuto riconoscere che gli iracheni potrebbero non accettare gli aiuti di chi ha distrutto il loro Paese. «E’ ancora presto per dire se gli iracheni accetteranno i nostri aiuti. In ogni caso non metteremo a rischio i nostri operatori umanitari», ha aggiunto Marx ammettendo perciò che la popolazione dell’Iraq potrebbe reagire persino con violenza a questo intervento americano sfacciatamente ipocrita. I non-americani nel frattempo continuano ad accumulare aiuti nel villaggio beduino di Ruwaished, ad una settantina di chilometri tra Giordania e Iraq, nella speranza di potersi dirigere al più presto a Baghdad e nelle altre città irachene. Aiuti che dovevano servire per le centinaia di migliaia di profughi iracheni che si aspettavano in conseguenza della guerra. Ora invece attendono di entrare in Iraq. Tutto però dipende da Washington che controlla quasi interamente il territorio iracheno e continua a ripetere che i 600 Km tra la frontiera giordana e Baghdad rimangono «insicuri». In realtà l’unico pericolo sono i razzi e le bombe che i cacciabombardieri americani potrebbero sganciare «per errore» sui convogli umanitari. Rimane oscura inoltre la posizione delle agenzie dell’Onu che, almeno sino a oggi, non hanno esercitato pressioni particolari per ottenere il via libera delle forze di occupazione anglo-americane ad aiuti essenziali per la popolazione. Chi si prepara ad inviare, forse già domani se non ci saranno ostacoli statunitensi, aiuti urgenti in Iraq sono «Un ponte per», Terres des Homme e l’Ics (Consorsio italiano di solidarietà), che rappresentano una parte di quella trentina di Ong e associazioni che hanno aderito al «Tavolo di solidarietà con il popolo iracheno». Ad Amman sono presenti al momento Stefano Kovac dell’Ics e Luca Barletti di Terres des hommes. Insieme stanno predisponendo l’invio di due camion carichi di 40 tonnellate di medicinali e materiali di prima necessità per gli ospedali iracheni che da tre settimane stanno affrontando una situazione di emergenza. L’iniziativa ha inoltre un importante significato politico poichè chi aderisce al «Tavolo» è deciso a rifiutare gli aiuti governativi italiani in aperta polemica con la posizione assunta dal governo Berlusconi nella crisi che è sfociata nell’aggressione anglo-americana all’Iraq. Un rifiuto che potrebbe estendersi a tutte quelle parti che contribuiscono o sostengono politicamente l’attacco di Usa e Gb, ma su questo punto il dibattito è ancora aperto.