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Richiedenti asilo e rifugiati: commenti e importanti novità

Possibilità di svolgere attività lavorativa e contratto di soggiorno

Come già commentato, questo Decreto presenta numerosi aspetti problematici ed è stato criticato anche da ANCI ed enti locali a causa degli ampi poteri che dà al Prefetto nella gestione dei progetti di accoglienza per richiedenti asilo e del conseguente svuotamento di poteri agli enti locali, a causa delle misure di esclusione dall’accoglienza dei richiedenti stessi che non abbiano rispettato determinati tempi della procedura e, più in generale, a causa dell’adozione degli standard minimi che la Direttiva non prevedeva essere vincolanti ma, appunto, minimi.
Il Sistema di Protezione, prima PNA, per richiedenti asilo, rifugiati e beneficiari di protezione umanitaria, pur non offrendo posti sufficienti in accoglienza, costituisce uno standard molto elevato in Europa. Il Sistema non prevede solo l’accoglienza, ma la strutturazione di programmi di integrazione e inserimento nel territorio, oltre che la tutela legale, programmi che le recenti modifiche hanno pesantemente compromesso.

Il Decreto di recepimento della Direttiva considera invece forma di accoglienza il trattenimento nei Centri di Identificazione, introdotti dal Regolamento come luogo di reclusione per chi abbia violato le norme relative all’ingresso o i tempi per la presentazione della domanda.
Pertanto, qualora nei progetti di accoglienza non ci siano posti disponibili, le persone titolari del diritto di accoglienza ed orientamento vengono dirottate nei Centri di Identificazione, da alcuni dei quali – ad esempio nel caso di Trapani – non è possibile uscire.
Inoltre, il Decreto considera lo Stato ottemperante ai propri obblighi qualora provveda a questa “accoglienza”, non prevedendo, come era auspicabile, un aumento di posti del Sistema di Protezione attraverso un aumento dei fondi agli enti locali per i progetti di accoglienza.

Si prolungherà lo scandalo, più volte denunciato, dello scarto tra le spese per luoghi inumani ed inefficaci – i CPT – nei quali un trattenuto costa allo Stato in media € 80 al giorno e quelle per le persone accolte nel Sistema, per le quali vengono stanziati una media di € 18 al giorno, coi quali sono garantiti accoglienza, ma anche servizi, corsi, tutela e cure.

Un elemento positivo è introdotto però dall’art.11 di questo Decreto, che dà facoltà ai richiedenti di svolgere attività lavorativa, trascorsi sei mesi dalla presentazione della domanda di asilo senza che sia intervenuta la decisione sullo status della persona, qualora il ritardo non sia imputabile al richiedente.
Il ritardo si ritiene causato dallo straniero nei casi in cui egli abbia presentato documenti falsi sulla propria identità o nazionalità; abbia rifiutato di fornire informazioni a proposito della propria identità o nazionalità; non si sia presentato davanti alla Commissione per il riconoscimento dello status di rifugiato.
Le norme transitorie estendono esplicitamente tale facoltà anche ai richiedenti presenti in Italia che hanno fatto domanda prima dell’entrata in vigore del Decreto, ossia con la precedente procedura.
Tutte le persone che non rientrino nei casi di ritardo elencati sopra ora potranno fare richiesta di un permesso di sei mesi in cui sia esplicitamente indicata la facoltà di svolgere attività lavorativa e con questo stipulare un regolare contratto di lavoro, che non consentirà però successivamente la conversione del permesso a lavoro.
Il CIAC (Centro Immigrazione Asilo e Cooperazione) di Parma ci ha segnalato una memoria [
Scarica ] con la quale i richiedenti seguiti dall’associazione si stanno recando in Questura a chiedere il rinnovo del permesso di soggiorno.

Purtroppo non ci sono pervenuti riscontri sui comportamenti della Questura e invitiamo gli utenti di Melting Pot a segnalarli alla redazione del Progetto Melting Pot Europa.
Da parte di rifugiati ci sono state segnalate però numerose difficoltà per stipulare un contratto di lavoro.
Alcuni datori di lavoro chiedono anche a loro la dimostrazione dei requisiti per la stipula del contratto di soggiorno ed in particolare l’idoneità dell’alloggio.
Ai rifugiati però non è richiesta la dimostrazione dell’idoneità dell’alloggio nemmeno per il ricongiungimento e tale la norma sembrava doversi estendere anche al contratto di soggiorno. A fare chiarezza su questo punto è arrivata una nota del Ministero che potrà essere esibita ai datori di lavoro troppo rigidi nell’applicare le indicazione della Circolare n. 9 del Ministero del Lavoro.
Interessante notare che questa disposizione si estende anche ai beneficiari di protezione umanitaria, esentati, come i rifugiati, dal dimostrare l’idoneità dell’alloggio, almeno fino al momento del rinnovo del permesso con conversione a lavoro.

A cura di Elisabetta Ferri, Melting Pot