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Ricongiungimento familiare – In cosa consiste il “consenso all’espatrio” da parte dell’altro genitore?

Nel caso prospettatoci, a parte la lunga procedura di legalizzazione dei documenti attestanti i vincoli di parentela, cui si è aggiunta con il nuovo regolamento di attuazione (Decreto del Presidente della Repubblica 18 ottobre 2004, n.334 – “Regolamento recante modifiche ed integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, in materia di immigrazione”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 33 (supplemento ordinario n. 17/L) del 10 febbraio 2005), anche la c.d. validazione ottenibile presso il Consolato italiano competente (art. 6, comma 2, del regolamento di attuazione), si deve ottenere il consenso dell’altro genitore, che si suppone sia ancora in patria con il figlio minore (art. 29, comma 1, lett. b) del T.U. sull’Immigrazione). Si tratta di un consenso richiesto anche dalla legge italiana in caso di espatrio del minore all’estero.
Per l’appunto, in tale frangente viene seguito un criterio di sostanziale reciprocità, applicando all’ingresso del minore straniero la stessa regola che si applica per l’espatrio del minore italiano (ciò, per la verità, non è scritto in nessuna norma specifica in materia di immigrazione, ma si può comunque desumere dai principi generali di tutela dei minori), così facendo in modo che sia garantito il principio del consenso all’espatrio dell’altro genitore, che si presume essere previsto anche dalla legge del paese di provenienza del minore.
Nel caso in questione ci viene segnalato che tra i coniugi esiste una sentenza di divorzio che stabilisce l’affidamento del minore interessato alla ricongiunzione familiare a favore della madre; e ciò ci viene verosimilmente segnalato per capire se il consenso dell’altro genitore, sebbene non sia titolare dell’affidamento, sia ugualmente necessario.

Va precisato che il fatto che un genitore non sia titolare dell’affidamento del minore non pregiudica il suo diritto a mantenere i rapporti con il figlio; ciò che è anche nell’ interesse del minore medesimo.
E’ chiaro quindi che l’affidamento ad un genitore non fa venire meno – in caso di espatrio – la necessità del consenso dell’altro genitore che non ha l’affidamento; l’espatrio potrebbe infatti modificare drasticamente la possibilità di mantenere i rapporti con il figlio. Se si verificasse un caso simile in Italia – uno dei due genitori che vuole espatriare col figlio minore affidatogli e l’altro che, invece, intende mantenere e coltivare i rapporti con il figlio – potrebbe anche esservi un ulteriore ricorso in Tribunale per ottenere un provvedimento del Giudice competente sulla autorizzazione o meno, in caso di dissenso dell’altro genitore, a far espatriare il minore con il genitore affidatario.
Il consenso all’espatrio del minore è dunque sempre necessario.

Nel caso specifico l’altro genitore si trova in Italia in condizione irregolare, nella difficoltà di rientrare nel proprio paese e di esprimere presso le autorità competenti la formale autorizzazione all’espatrio del figlio, affinché si congiunga alla madre già in Italia e regolarmente soggiornante.
Normalmente questa autorizzazione viene espressa davanti alle autorità competenti e solo nel caso in cui non vi sia una procedura formale prevista dalla legge al fine di rendere questa dichiarazione di autorizzazione, può subentrare, in alternativa, una dichiarazione resa direttamente presso la Cancelleria del Consolato italiano; e ciò perché si tratta di un’autorizzazione destinata ad essere successivamente utilizzata in una procedura italiana.
Ma in questo caso l’interessato non può nè rilasciare l’autorizzazione avanti all’ufficiale di stato civile o di anagrafe del suo paese, nè renderla direttamente presso un Consolato italiano nel suo paese di provenienza, a causa della sua attuale permanenza non regolare in Italia.
In analoghe situazioni è addirittura capitato che alcune questure richiedessero all’interessato (al genitore regolarmente soggiornante) di invitare l’altro genitore a rendere questa dichiarazione di consenso presso le questure stesse. Tuttavia se nulla si può dubitare sull’autenticità di una dichiarazione di consenso espressa direttamente dal genitore presso la questura, parimenti si potrebbe anche dubitare che la questura competente faccia a meno di applicare poi il provvedimento di espulsione, vista la condizione di irregolarità del soggiorno dell’interessato. Ovvio dunque che quest’ultimo non avrà alcuna convenienza nel recarsi in questura a rendere l’ autorizzazione prevista.

Ci si chiede se sia possibile rendere questa dichiarazione in territorio italiano presso un altro ufficio quale, ad esempio, il Consolato ucraino in Italia. E’ una opzione che si potrebbe sperimentare.
Certo quella dichiarazione resa innanzi ad un’autorità del proprio paese e poi legalizzata presso la Prefettura italiana del luogo (in base a quanto previsto dal D.P.R.445/2000 sulla legalizzazione dei documenti rilasciati in Italia dai consolati di altri paesi), potrebbe, anzi dovrebbe essere considerata autentica e validamente rilasciata in base alle leggi del paese di provenienza. Se il Consolato attesta la autenticità della dichiarazione e, soprattutto, la sua validità ai fini previsti dalla legislazione interna, nessuno in Italia potrebbe contestare la validità di quella dichiarazione e la sua conformità alle leggi del paese di provenienza.
Tuttavia si potrebbe immaginare anche un certo disappunto da parte della questura che dovrebbe prendere atto della presenza irregolare in Italia di una persona che può fare questa dichiarazione, ma che, di fatto, continua a vivere qui irregolarmente; tale circostanza, per il momento, non è ancora un crimine, ma una irregolarità amministrativa che può essere sanzionata con il provvedimento di espulsione. Tuttavia ciò incide esclusivamente sulla condizione giuridica del genitore che fa la dichiarazione, è un suo rischio ed una sua responsabilità, ma non è certo colpa del figlio se egli si trova irregolarmente in Italia.
In altre parole non si vede perché ostacolare – per il solo fatto che il padre è in condizione irregolare in Italia – una lecita procedura prevista come diritto soggettivo, ossia l’esercizio del diritto alla ricongiunzione tra una madre ed il figlio, a fronte di un consenso autentico all’espatrio del figlio prestato dal padre.
Non è certo questo riconoscimento di valore della dichiarazione di consenso una sorta di legittimazione della sua presenza irregolare; il padre di questo bambino continuerà a rischiare l’espulsione e se sarà fermato per la strada o sottoposto ad un controllo sarà colpito da un provvedimento di espulsione con tutte le conseguenze che ne derivano, ma non si vede perché questa situazione debba pagarla suo figlio, che ha tutto il diritto di raggiungere la madre, in funzione della regolare presenza sul territorio italiano della stessa e della disponibilità di un alloggio idoneo.