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Commento all’Ordinanza della Corte Costituzionale n. 335 del 26 settembre 2007

Ricongiungimento familiare – Non è possibile verso i figli maggiorenni abili all’attività lavorativa

a cura dell' Avv. Marco Paggi

Vi sono alcune novità rappresentate da altrettante sentenze di diversi organi giudiziari, tutte pertinenti ai diritti e agli interessi degli immigrati.

La Corte Costituzionale, con Odinanza n. 335 del 26 Settembre 2007, interviene su una questione che era stata sollevata dal tribunale di Firenze in relazione al diritto al ricongiungimento familiare.
Come è noto l’art. 29 del T.U. tuttora vigente, prevede il diritto dei cittadini immigrati regolarmente soggiornanti di farsi raggiungere dai propri familiari a carico, quindi dal coniuge e dai figli minori.
Al di là delle lunghe e farraginose procedure burocratiche, il principio in sé è indiscutibile. Ma la questione sollevata davanti al tribunale di Firenze è se questa norma, che limita la possibilità di ricongiunzione familiare con i propri figli entro la maggiore età, non sia contraria ai principi della nostra Costituzione che tutela intensamente la famiglia (artt.29,30 e 31 Cost.).

La questione affrontata dalla Corte Costituzionale è stato sollevata in un procedimento azionato da una cittadina straniera che ha agito in giudizio contro il rifiuto di concedere l’autorizzazione alla ricongiunzione familiare in favore di un figlio che però ormai era già divenuto maggiorenne. Verosimilmente, l’interessata aveva tardato ad attivare la procedura di ricongiunzione familiare a causa delle note e diffusissime lungaggini burocratiche.
Come noto è necessario infatti chiedere la prenotazione per poi poter presentare i documenti per la richiesta di nulla osta, e questo comporta lunghi tempi di attesa.
Successivamente è necessario produrre tutta una serie di documenti, e nel caso non ci siano tutti o non siano corretti, ecco che viene ulteriormente rinviato il ricevimento della richiesta del nulla osta (pensiamo ad esempio al certificato di idoneità dell’alloggio per il quale si fa distinta richiesta presso l’ente territoriale competente con ulteriori tempi di attesa e incerte applicazioni dei parametri, peraltro variabili a livello locale, stabiliti dalle norme regionali).
Questi tempi di attesa hanno fatto si che il figlio della donna nel frattempo fosse divenuto maggiorenne e, quindi, che il nulla osta non potesse più essere rilasciato in base alla normativa vigente.
In questo caso non si tratta tanto di stabilire (o interpretare) quale sia il momento in cui si può ritenere legalmente esercitato il diritto alla ricongiunzione familiare, vale a dire in cui si può intendere la domanda di ricongiungimento come formalmente inoltrata, in modo che il successivo compimento della maggiore età non potrebbe più avere rilievo e far sì che la domanda venga respinta perché tardiva; la questione che qui è stata affrontata è se, invece, nel caso in cui la procedura per la ricongiunzione familiare venga avviata chiaramente e incontestabilmente dopo il compimento della maggiore età, vi sia comunque un diritto, o una legittima aspettativa, ad ottenere l’autorizzazione all’ingresso per ricongiungimento da parte del genitore che qui vive regolarmente e possiede tutti requisiti previsti (alloggio, reddito e quant’altro).

Nel caso specifico non si è mancato di far rilevare il fatto che figlio interessato alla ricongiunzione familiare, anche se maggiorenne, fosse comunque disoccupato e vivesse all’estero senza altri congiunti prossimi a cui riferirsi: egli non solo viveva esclusivamente a carico della mamma ma pure i suoi prossimi congiunti vivevano tutti in Italia.

La questione che è stata sottoposta alla Corte Costituzionale, ma con esito negativo, è se, visto che la nostra Costituzione tutela profondamente la famiglia, non si possa ritenere che vi sia una sorta di discriminazione nel garantire la tutela alla famiglia perché, per gli italiani, i figli sono e continuano a rimanere a carico anche ben oltre la maggiore età, ad esempio anche oltre il termine degli studi universitari e fin tanto che non si rendano autosufficienti.
Le norme che garantiscono la tutela della famiglia impongono infatti a tutti i cittadini di garantire effettivamente e concretamente il mantenimento ben oltre la maggiore età.

Con questo ricorso promosso avanti il tribunale di Firenze e nella stessa ordinanza con cui il Tribunale di Firenze ha sollevato la questione di illegittimità costituzionale, si è sostenuto che, nel caso di una famiglia immigrata, questa tutela della famiglia sarebbe molto meno intensa e quindi differenziata, senza motivi ragionevoli, dal momento che nel caso dei figli questi possono beneficiare di queste garanzie solo entro i 18 anni.

La Corte Costituzionale sottolinea invece che il fatto che un figlio, o più figli, vivano in un paese diverso da quello dei genitori, non significa automaticamente che essi non siano tutelati, o non possano essere comunque beneficiari di misure di sostegno, mantenimento, cura, da parte dei genitori che se ne fanno carico.
La Corte Costituzionale, in altre parole, sostiene che non c’è un nesso diretto tra le norme sulla ricongiunzione familiare e i principi costituzionali sulla tutela della famiglia.
Questo significa che è ragionevole che il legislatore possa mettere dei limiti alla ricongiunzione familiare che, nella legislazione italiana, ed in quella di tutti i paesi europei, sono individuati con riferimento al compimento della maggiore età.

La posizione di questi limiti non è in contrasto con i principi fondamentali nella nostra Costituzione di tutela della famiglia. Questo è in sintesi il ragionamento fatto dalla Corte Costituzionale, quindi resta confermato che la ricongiunzione familiare va effettuata e può essere effettuata solo fino alla maggiore età.
La procedura deve essere avviata inequivocabilmente prima del compimento dei 18 anni proprio per evitare che i figli che vengono chiamati in Italia in ritardo siano costretti a rimanerne fuori o a forme di ingresso irregolare.

Dall’altra parte ci sarebbe da considerare che il Decreto Legislativo n 5 del 2007 che recepisce l’apposita Direttiva CE n. 86 del 22 settembre 2003, in materia di tutela della famiglia e dei beneficiari della ricongiunzione familiare, prevede che non si possa più automaticamente espellere lo straniero senza avere effettuato una valutazione approfondita sulla esistenza e composizione del suo nucleo familiare qui in Italia, sulla durata ed il livello di inserimento socio-economico e culturale dell’intero nucleo familiare, come pure dell’assenza di altri vincoli familiari prossimi nel paese di origine. Al riguardo, va sottolineato che la Direttiva citata prevede all’art.17 che l’automatismo dei provvedimenti di allontanamento (che per la legge italiano si chiamano espulsioni) non dovrebbe più operare nei confronti “del soggiornante e dei suoi familiari”, senza ulteriori specificazioni, sostituendosi ad esso l’obbligo di valutare –sia pur discrezionalmente- caso per caso; per converso, l’art.13, comma 2 bis del T.U. – come modificato dal D.lgs. 5/2007 che ha recepito la Direttiva – non fa più riferimento ai familiari in genere, limitando il beneficio in questione – ovvero il venir meno dell’automatismo – ai soli familiari “ricongiunti ai sensi dell’art.29”. La differenza è sostanziale, specie se si considera che quando si parla di provvedimenti di allontanamento ci si riferisce normalmente alla condizione di persone irregolarmente presenti sul territorio: in pratica, mentre la Direttiva sembra riconoscere una particolare tutela ai i familiari in quanto tali, il decreto legislativo di recepimento sembra limitarla ai soli familiari che siano entrati regolarmente in base alla procedura di ricongiunzione familiare di cui all’art.29.

Quindi, nello stesso caso affrontato dalla Corte Costituzionale, se ci dovessimo trovare di fronte allo stesso figlio appena divenuto maggiorenne, e non autosufficiente economicamente, ma che sia di gia presente irregolarmente in Italia, forse sarebbe possibile sottoporre un’altra questione all’attenzione della magistratura, cioè se sia legittimo un provvedimento di espulsione adottato automaticamente nei confronti di un figlio, per esempio diciannovenne, che sia appena arrivato irregolarmente per raggiungere tutta la sua famiglia che vive in Italia, non avendo nel proprio paese altri mezzi di sostentamento e di sostegno.

Questa è una questione che rimane ancora aperta, ma per il momento resta fermo, secondo la Corte Costituzionale, il fatto che non possa richiedere né ottenere l’autorizzazione alla ricongiunzione familiare in favore di figli maggiorenni a meno che non si tratti di persone che siano inabili all’attività lavorativa al 100% secondo i parametri previsti dalla legislazione italiana.