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Rifiuto del rinnovo del pds per lavoro autonomo: in conseguenza dell’evasione fiscale, la Questura non può dedurre, in via automatica, anche l’inesistenza del reddito risultante da documentazione la cui autenticità non sia contestata

T.A.R. per la Toscana, sentenza n. 1538 del 27 novembre 2018

La fattispecie oggetto del presente esame attiene ad un procedimento – incardinato dinanzi il Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana – Sede di Firenze – volto all’annullamento, previa sospensiva, del provvedimento emesso dal Questore di Grosseto con il quale era stato decretato il rifiuto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo e la revoca dello stesso per mancanza dei requisiti di legge nonché l’invito, entro 15 giorni dalla notifica del detto provvedimento, a lasciare spontaneamente il Territorio Nazionale.

In punto di fatto

Il ricorrente faceva regolare ingresso in territorio italiano nell’anno 2001 e, a decorrere dall’anno 2005, veniva rilasciato in suo favore permesso di soggiorno per lavoro autonomo in quanto titolare di impresa individuale. Nel rispetto dei termini di legge, provvedeva a rinnovare nel corso degli anni il titolo di soggiorno.
Con provvedimento del novembre 2017, il Questore di Grosseto decretava il rigetto della richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro autonomo, lamentando carenza di documentazione nonché insufficienza del reddito necessario per rinnovare il titolo, in quanto asseritamente inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale.
La mancanza del requisito reddituale veniva, nello specifico, desunta dal mancato pagamento delle imposte.
Spiegava, quindi, ricorso lo straniero articolando sostanzialmente quattro motivi di doglianza e rilevando, in sintesi:
– la mancanza di traduzione del provvedimento nella lingua cinese da lui conosciuta;
– il mancato rispetto delle garanzie partecipative procedimentali;
– l’errata valutazione del requisito del reddito, che dovrebbe essere valutato in una prospettiva attuale e futura rispetto al momento della richiesta, e non in una prospettiva antecedente al momento della richiesta;
– l’irrilevanza, ai suddetti fini, dell’eventuale esistenza di un debito erariale per tributi non corrisposti.

Con riferimento all’asserita insufficienza di reddito per l’anno antecedente la richiesta di rinnovo eccepiva, in particolare, l’illegittimità del provvedimento impugnato per insussistenza dei presupposti di legge e violazione degli artt. 4 c. 4, 5 c. 5 e 6 c. 5 D.Lgs. n. 286/1998, nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 13 d.p.r. n. 394/1999.
La ratio delle summenzionate previsioni normative è quella di garantire che la presenza continuativa di cittadini stranieri sul territorio nazionale non costituisca un onere eccessivo per lo Stato ospitante. In sede di rinnovo del titolo di soggiorno, la capacità dello straniero di potersi mantenere in modo autonomo nel periodo di durata del permesso richiesto deve essere valutata sulla base del medesimo criterio ermeneutico.

Il requisito del reddito, quindi, deve correttamente essere valutato in una prospettiva attuale e futura rispetto al momento della richiesta, e non esclusivamente in una prospettiva antecedente al momento della richiesta.

Diversamente opinando, la sussistenza di idonee capacità economiche verrebbe a configurarsi non come una garanzia per lo Stato ospitante, ma come una sorta di “requisito premiale” riferito al cittadino straniero interessato.
Il richiesto requisito della titolarità di un reddito annuo proveniente da fonti lecite superiore al minimo previsto dalla legge deve, infatti, essere interpretato anche nel senso di consentire una ragionevole tollerabilità a temporanee o parziali carenze di reddito per i soggetti che comunque dimostrino o abbiano dimostrato la capacità di produrre reddito.

Con riferimento, invece, al secondo motivo di diniego del rinnovo del titolo di soggiorno, ovvero l’asserita pendenza di un debito con l’erario nei confronti del cittadino straniero, è stata ulteriormente eccepita l’irrilevanza di una tale doglianza ai fini del rilascio o del rinnovo del titolo di soggiorno.
Come chiarito da un consolidato indirizzo giurisprudenziale, infatti, l’eventuale accertamento di un debito erariale per tributi non corrisposti nei confronti dello straniero potrebbe semmai rappresentare un segnale di evasione fiscale, ma non di indisponibilità di reddito sufficiente al mantenimento nel nostro Paese.
Una presunta, e non accertata, violazione degli obblighi tributari non può legittimamente essere posta a fondamento di un provvedimento, come quello di specie, regolato da una normativa che attribuisce all’amministrazione procedente la regolazione e il controllo dell’immigrazione di cittadini stranieri sul territorio nazionale, incidendo sul relativo status, senza che pertanto la finalità di perseguire eventuali illeciti fiscali, rimessi alla competenza di altri settori dell’ordinamento, possa pregiudicarne l’applicazione”.

Si costituiva in giudizio il Ministero degli Interni.

In punto di diritto

Con ordinanza cautelare, ritenuta la sussistenza di elementi comprovanti il fumus boni iuris in ordine al possesso dei requisiti reddituali da parte del ricorrente, non apparendo decisiva ai fini del diniego del rinnovo del permesso di soggiorno l’ipotesi di evasione fiscale adombrata dall’Amministrazione e ritenuto, altresì, il
pericolo di danno grave e irreparabile derivante dall’esecuzione del provvedimento impugnato, il TAR Toscana provvedeva a sospenderne gli effetti e fissava l’udienza per la trattazione del merito del ricorso.

All’esito della discussione delle parti, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Il TAR Toscana, ritenuti “fondati i motivi con i quali si è dedotta l’illegittimità della valutazione del requisito reddituale in quanto basata esclusivamente sul mancato adempimento degli obblighi tributari”, richiamato un precedente specifico del Consiglio di Stato – III, n. 2931/2017 – (ove veniva statuito che l’evasione fiscale non può essere una ragione neanche indiretta di diniego del rinnovo del permesso di soggiorno, in quanto il legislatore non ha previsto che la evasione fiscale sia causa ostativa, in sé stessa considerata, per cui una eventuale situazione di evasione in capo all’immigrato, regolarmente accertata, deve essere oggetto di provvedimenti tipici, adottati dagli organi competenti dell’Amministrazione fiscale e dagli enti previdenziali, diretti al contrasto all’evasione mediante sia il recupero del credito sia la sanzione dell’inosservanza fiscale e tributaria), in accoglimento dei motivi suesposti e ritenuta la fondatezza del ricorso, nel disporre l’annullamento del provvedimento impugnato ha statuito il seguente principio di diritto:
In conseguenza della evasione fiscale, la Questura non può dedurre, in via automatica, anche l’inesistenza del reddito risultante da documentazione la cui autenticità non sia contestata”.

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T.A.R. per la Toscana, sentenza n. 1538 del 27 novembre 2018