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da Osservatorio sulle legalità del 4 agosto 2008

Rifugiati e migranti: Europa, ricongiungimento è un diritto

di Gabriella Mira Marq

L’unita’ della famiglia e’ un diritto umano dei rifugiati. Lo ha sottolineato oggi il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa Thomas Hammarberg.

Commentando il fatto che alcuni Paesi europei stiano varando misure restrittive nei confronti dei rifugiati, il Commissario sostiene politiche positive ed umane che incoraggino la riunificazione delle famiglie, in linea con le norme degli accordi internazionali.

In effetti la Convenzione ONU sullo status dei rifugiati afferma che l’unita’ della famiglia e’ un ‘diritto essenziale’ e raccomanda ai governi di adottare le misure necessarie per proteggere le famiglie dei rifugiati. La Convenzione ONU sui diritti del fanciullo prevede che i bambini non debbano essere separati dai loro genitori contro la loro volonta’ e che i governi debbano affrontare il problema dei casi di ricongiungimento familiare di là delle frontiere ‘in modo positivo, con umanità e sollecitudine’.

Sulla stessa linea un recente pronunciamento della Corte di giustizia UE, che ha sentenziato sul diritto del coniuge di un cittadino europeo di soggiornare nel territorio di uno Stato membro. La Corte ha sottolineato che, secondo la direttiva sulla libera circolazione dei cittadini dell’Unione, ciascun cittadino ha il diritto di circolare e soggiornare nel territorio di un altro Stato membro in qualita’ di lavoratore o studente o se dispone di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi e di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un onere a carico dell’assistenza sociale.

I familiari di un cittadino dell’Unione europea hanno pero’ il diritto di circolare e soggiornare negli Stati membri insieme al detto cittadino. Essi possono fare ingresso in uno Stato membro se possiedono un visto d’ingresso o una carta di soggiorno emessi da uno Stato membro. La Corte constata che, per quanto concerne i familiari di un cittadino dell’Unione, l’applicazione della direttiva non è subordinata al presupposto che essi abbiano soggiornato previamente in uno Stato membro. La direttiva si applica a qualsiasi cittadino dell’Unione che si rechi o soggiorni in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, nonché ai suoi familiari che lo accompagnino o lo raggiungano in questo Stato membro.

La definizione di familiari contenuta nella direttiva non pone distinzioni a seconda che essi abbiano già soggiornato legalmente, o meno, in un altro Stato membro. Quest’interpretazione è confermata da numerosi articoli della direttiva ed è corroborata dalla giurisprudenza della Corte. La Corte sottolinea che, se i cittadini dell’Unione non fossero autorizzati a condurre una vita di famiglia normale nello Stato membro ospitante, l’esercizio delle libertà loro garantite dal trattato sarebbe seriamente ostacolato, poiché essi sarebbero dissuasi dall’esercitare i loro diritti d’ingresso e soggiorno nel detto Stato membro.

Alle tesi di numerosi Stati membri, secondo le quali un’interpretazione della direttiva nel senso fatto proprio dalla Corte avrebbe gravi conseguenze, comportando un enorme aumento del numero di persone potenzialmente beneficiarie di un diritto di soggiorno all’interno della Comunità, la Corte replica che solo i familiari di un cittadino dell’Unione, che abbia esercitato il suo diritto di libera circolazione, possono godere dei diritti d’ingresso e soggiorno ai sensi della direttiva. Per di più, gli Stati membri possono negare l’ingresso e il soggiorno per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza o sanità pubblica; un diniego del genere sarà fondato su un esame individuale del caso specifico.

La Corte UE aggiunge che gli Stati membri possono parimenti rifiutare, estinguere o ritirare qualsiasi diritto attribuito dalla direttiva, in caso di abuso di diritto o frode, come ad esempio nell’ipotesi di matrimoni fittizi. Infine, la Corte dichiara che il coniuge extracomunitario di un cittadino dell’Unione, il quale accompagni o raggiunga il detto cittadino, può beneficiare della direttiva a prescindere dal luogo e dalla data del loro matrimonio nonché dalla modalità secondo la quale il detto cittadino di un paese terzo ha fatto ingresso nello Stato membro ospitante.

La Corte precisa che la direttiva non prescrive che il cittadino dell’Unione abbia già costituito una famiglia nel momento in cui si trasferisce affinché i suoi familiari, cittadini di paesi terzi possano beneficiare dei diritti conferiti dalla detta direttiva. Per di più, la Corte giudica indifferente il fatto che i cittadini di paesi terzi, familiari di un cittadino dell’Unione, abbiano fatto ingresso nello Stato membro ospitante prima di o dopo essere divenuti familiari del detto cittadino; tuttavia, lo Stato membro ospitante ha il diritto di sanzionare, nel rispetto della direttiva, l’ingresso e il soggiorno nel suo territorio realizzati in violazione delle norme nazionali in materia di immigrazione.

Tratto da Osservatorio sulle legalità