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Rifugiati siriani al confine giordano senza cibo né farmaci

Ansa, 24 ottobre 2017

Photo credit: EPA

traduzione di Stefania Simeone

Quasi 3.000 famiglie provenienti dalla Siria orientale, regione devastata dalla guerra, si sono insediate in una zona desertica nei pressi del campo di Rukban, a un chilometro dal confine giordano, dove hanno costruito delle case di fango e vivono col poco che arriva dalle organizzazioni di beneficenza, secondo quanto dichiarato ad ANSA da testimoni oculari. I campi sono protetti da milizie locali affiliate con la Giordania che impediscono a chiunque di avvicinarsi al confine. I profughi si trovano in condizioni gravissime e rischiano malattie e malnutrizione: “mancano cibo, coperte e farmaci,” ha dichiarato una fonte dal campo di al Rakban. La nuova coalizione guidata dagli Stati Uniti per allontanare l’Isis dalla regione orientale del deserto ricca di petrolio ha comportato un elevato numero di vittime tra i civili, specialmente a Raqqa, ex roccaforte dell’Isis, ma dato che i combattimenti continuano in altre zone della Siria, si diffonde il timore di un aumento dei flussi di rifugiati in fuga verso la Giordania.

Case di fango e mancanza di infrastrutture fondamentali

                                                                                                                                                             
I rifugiati stanno costruendo case di fango perché non hanno accesso alle tende e alle roulotte fornite dalle organizzazioni internazionali agli altri profughi siriani.
I rifugiati siriani hanno scelto quest’area perché protetta dall’accordo sulla zona di de-escalation firmato dalla Russia e dagli Stati Uniti all’inizio dell’anno. Il governo giordano ha espresso il timore che alcuni dei rifugiati possano avere legami con l’Isis e ha quindi chiuso le frontiere. Il governo spera che la fine delle ostilità nelle zone limitrofe possa portare a un arresto dei flussi di rifugiati verso il territorio giordano.

L’attivista Mudar al Assad ha esortato la comunità internazionale ad agire per aiutare le famiglie colpite dal conflitto, dato che vanno incontro a un inverno rigido in una zona desertica e inospitale. “Nel nuovo campo mancano le infrastrutture fondamentali per i servizi medici e gli impianti di desalinizzazione dell’acqua, L’ONU deve assumersi la responsabilità di proteggere queste persone“, ha aggiunto.