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Rigetto dell’appello della avvocatura: confermata la protezione sussidiaria al richiedente asilo bengalese per il protrarsi della situazione di violenza a sfondo politico e repressione dell’opposizione

Corte di Appello di Bologna, sentenza n. 1749 del 26 giugno 2018

Una sentenza della Corte di appello di Bologna (I sezione) con la quale il Collegiale rigettava l’appello della avvocatura dello Stato.

Nella specie il richiedente cittadino bengalese era dipendente dell’attuale partito di opposizione del proprio Paese. Minacciato di morte e aggredito violentemente decideva di abbandonare il Bangladesh.

In Italia la Commissione territoriale rigettava la sua richiesta di protezione mentre il Giudice di primo grado affermava che da vari riscontri risulta che in Bangladesh vi sia una forte conflittualità tra i due maggiori partiti, accompagnata da una dura repressione verso l’opposizione e da abusi da parte delle forze dell’ordine.
Il giudice ha richiamato la sentenza della Corte di Giustizia del 17/2/09, nella causa C. 465/07, in cui emerge il principio secondo cui non è necessario per il ricorrente provare il legame causale tra fattore esterno di pericolo e la propria condizione soggettiva, anche se “tanto più il richiedente è in eventualmente in grado di dimostrare di essere colpito in modo specifico a causa di elementi peculiari della sua situazione personale tanto meno elevato sarà il grado di violenza indiscriminata necessario affinché egli possa beneficiare della protezione sussidiaria”.
Il ricorso veniva accolto in considerazione dei rischi che avrebbe subito in caso di rientro nel Paese d’origine, tenuto conto sia della situazione sociale e politica in Bangladesh, sia della storia personale del ricorrente.
L’avvocatura dello Stato interponeva appello.
La Corte d’Appello, con sentenza n. 1749/2018, ha rigettato l’impugnazione proposta dal Ministero, confermato l’ordinanza impugnata.

La Corte ha infatti notato che l’appellante si è limitato a rilevare la genericità delle dichiarazioni rese dal sig. M., “senza tuttavia indicare contraddizioni e incoerenze idonee ad inficiare il giudizio del Tribunale”. Inoltre la Corte ha rilevato come il giudice abbia “correttamente effettuato la valutazione di credibilità di cui all’art. 3, comma 5 del d. lgs. 251/2007”, e ha notato che le informazioni provenienti dalle fonti qualificate più aggiornate “confermano il protrarsi della situazione di violenza a sfondo politico e repressione dell’opposizione” nel Paese d’origine del richiedente.
L’impugnazione del Ministero è stata così ritenuta infondata.

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Corte di Appello di Bologna, sentenza n. 1749 del 26 giugno 2018