Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Rilascio dei visti d’ingresso per ricongiungimento familiare

Chiusura al pubblico dell'ufficio visti del Consolato di Casablanca

Le questure rilasciano il nulla osta al ricongiungimento ma si sta registrando sempre più frequentemente che presso le ambasciate italiane all’estero, per qualche motivo, i visti non vengono rilasciati e nemmeno gli appuntamenti per presentare documentazione e autorizzazione della questura per dar seguito al procedimento.

Il Consolato Generale Italiano di Casablanca scrive in una nota del 10 ottobre 2002:

” a seguito della chiusura del vice consolato a Tangeri del 30 giugno 2001, dell’ampliamento della competenza territoriale di questa circoscrizione, della progressiva riduzione di personale disposta dal ministero dell’Interno (iniziata da 18 mesi) ed infine del richiamo immediato di ben quattro dipendenti della Polizia di Stato questo Consolato è impossibilitato a sostenere nella presente esiguità numerica di personale, l’incremento di pubbliche richieste, si vede disporre dalla data odierna la temporanea chiusura dell’ufficio visti rinunciando ad una apertura già da tempo compromessa. L’attività dell’ufficio visti sarà limitata alla trattazione delle migliaia di domande tutt’ora giacenti e a casi particolari….”

Questo comunicato è stato trasmesso al sottoscritto che aveva sollecitato per iscritto il Consolato per il rilascio del visto per ricongiungimento familiare sulla base di un autorizzazione, ormai da moltissimi mesi rilasciata ad un cittadino marocchino.
Egli aveva inviato l’autorizzazione ai propri familiari per portarla al consolato e svolgere le pratiche, ma non sono riusciti fisicamente a prendere l’appuntamento. A fronte della diffida scritta inviata dal sottoscritto per conto del cittadino marocchino ecco che giunge questo tipo di risposta da parte del Consolato di Casablanca, nella quale si comunica che l’ufficio visti è chiuso al pubblico per cause di forza maggiore e che le domande che si stanno esaminando riguardano l’anno 2001.
Inoltre viene precisato che :
” la trattazione e il rilascio di visti si limita a casi di estrema gravità ed urgenza. Nell’attesa di poter procedere a più corrente trattazione e per consentire a questo ufficio la snellezza delle procedure si prega di evitare ulteriori sollecitazioni in merito.”

Non servono molti commenti a questa lettera che in buona sostanza dice “abbiamo chiuso l’ufficio, lasciateci in pace altrimenti sarà peggio e procederemo ancora più lentamente”.

È preoccupante che il personale presso le ambasciate non venga incrementato ma anzi sia ridotto. Suscita preoccupazione la scelta di chiudere proprio l’UFFICIO VISTI. Non di farlo funzionare più lentamente ma di chiuderlo completamente, cosa che non trova una chiara giustificazione, se si considera che invece poteva essere disposta una ridistribuzione del personale per i diversi uffici.
Se le pratiche trattate si riferiscono allo scorso anno ci pare di capire che siamo indietro di almeno dieci mesi per il rilascio del visto d’ingresso.

Ricordo che si tratta di un diritto fondamentale dei lavoratori regolarmente soggiornanti in Italia. Non si tratta infatti di una mera concessione bensì di un vero e proprio diritto soggettivo, che non può essere sottoposto ad altre condizioni se non a quelle tassativamente previste dalla legge (v.art.29 T.U.); tale diritto è inoltre sancito anche da una convenzione internazionale, la n°143 del 1975 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, che è stata ratificata in Italia ed è quindi a tutti gli effetti una legge dello Stato, peraltro particolarmente “forte” perché la sua prevalenza sulle leggi ordinarie è particolarmente tutelata dall’art.10, 2°comma, della Costituzione.

Segnalo che da altre rappresentanze consolari italiane in altri paesi giungono simili segnalazioni, sui tempi di attesa lunghi e sulla mancanza di risposte da parte degli uffici competenti al rilascio del visto.
Da Verona un collega dell’Asgi, comunica di aver dovuto ricorrere al giudice ordinario del tribunale del luogo di residenza del lavoratore immigrato che aveva ottenuto l’autorizzazione al ricongiungimento familiare. Per l’appunto, l’articolo 30 del Testo Unico sull’immigrazione (su questo punto rimasto invariato con la Bossi Fini) prevede che il tribunale possa emettere un’ordinanza per il rilascio immediato del visto d’ingresso nei confronti della competente rappresentanza consolare e di fatto così è stato.

Ancora una segnalazione ci è pervenuta sul Consolato di Tirana (Albania) a dir poco restio a rilasciare i visti per ricongiungimento familiare. Al riguardo, un collega di Padova segnala di non avere ancora ottenuto alcun riscontro nonostante abbia già da tempo notificato una SENTENZA del Tribunale di Padova (emessa in base all’art. 30 T.U.) immediatamente esecutiva.
Una mediatrice culturale che opera a Lecce segnala che l’ambasciata italiana in Albania ha bloccato quasi del tutto il rilascio dei visti e a quanto riferisce il motivo pare consistere in “ordini impartiti dall’alto”.

Altra segnalazione dall’ambasciata italiana in Mozambico. In questo caso l’autorizzazione del visto per ricongiungimento familiare (per genitori a carico) è stata rilasciata dalla Questura di Verona prima dell’approvazione della legge Bossi Fini, quindi dovrebbe rimanere soggetto alla vecchia legge, senza tener conto delle limitazioni drastiche introdotte dalla nuova legge in cui si prevede che il genitore, oltre alla prova che vive a carico del figlio che dall’Italia ne chiede la ricongiunzione, non debba avere altri figli nel paese d’origine oppure che abbia più di 65 anni e che in tal caso si dimostri che gli altri figli sono impossibilitati a provvedere al suo sostentamento per gravi (e ovviamente documentati) motivi di salute.
Dopo una prima risposta positiva, rilasciata verbalmente, sembra che ora si stia pretendendo la documentazione che attesti i NUOVI requisiti previsti dalla legge Bossi Fini. Si pretende di applicare un legge nuova in senso retroattivo quando invece essa NON CONTIENE ALCUNA DISPOSIZIONE in questo senso. Il fatto che il visto sia stato richiesto successivamente non dovrebbe comportare l’applicazione della nuova legge perché non sarebbe giusto far pagare all’interessato il lungo tempo di attesa per il rilascio dell’autorizzazione alla ricongiunzione familiare, di gran lunga superiore ai 90 giorni previsti dall’art.29..

Invitiamo a segnalare casi analoghi perché è importante porre l’attenzione sulla gravità del problema.
La procedura di tutela giudiziaria prevista dall’art. 30 è un rimedio su cui gli interessati dovranno sempre più fare conto anche perché non è ammissibile che una pronuncia giudiziaria esecutiva per legge non venga ottemperata da parte dell’amministrazione competente.