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da Il Corriere Romagna del 23 luglio 2004

Rimini – Se il vù cumprà diventa l’alibi

Forse, invece di inseguire i vù cumprà in spiaggia, sarebbe meglio andare a vedere dove comprano la loro merce. E si potrebbero scoprire, magari, secondo il direttore della Caritas don Renzo Gradara, cose molto interessanti. “Ad esempio, che una parte della merce potrebbe essere acquistata da commercianti regolari che vendono così prodotti in nero evadendo le tasse. O anche che altra merce viene confezionata in laboratori di una certa etnia di immigrati (don Renzo non lo dice ma il riferimento ai cinesi pare chiaro, ndr.), in cui si lavora in condizioni disumane”.

Cadono come pietre le parole del sacerdote, che non assolve neppure chi compra merce abusiva: “Un paio di jeans a 3 euro, non può che essere ‘sporco di sangue’, o realizzato con mani di bambino, o rubato…”.Con uno slogan, gli attuali interventi contro l’abusivismo commerciale sono, secondo don Gradara, di “legalismo politico: si affronta il fenomeno potando i rametti, senza andare alla radice, affrontarne le cause”.

Che fare invece? “Una prima riflessione è che questi argomenti saltano fuori sempre e solo d’estate, e di solito ad opera delle categorie commerciali. Ma se si cercassero di più le cause del fenomeno, magari semplicemente seguendo gli abusivi per capire dove vanno a rifornirsi di merce, salterebbe forse fuori che a vendergliela ci sono anche commercianti associati a quelle categorie”. E allora? “Mi aspetterei che anche le categorie segnalino eventuali esercenti che riforniscono gli abusivi. Chiariamo: è legittima la richiesta dei commercianti del rispetto della legge, ma non so se sia questo il modo”.

Altra considerazione, “Credo sia nota l’esistenza di laboratori di una determinata etnìa in cui si lavora in condizioni di sfruttamento terribili, e per il mercato abusivo. I sindacati ne avevano fatto un elenco con gli indirizzi”. Ma se è così, perchè si va in spiaggia e non nei laboratori? “Non so. Mi vengono in mente solo altre domande: come mai un’etnìa così numerosa non ha mai morti? Non risulta a nessuno che ogni nuovo immigrato debba pagare 20mila euro per arrivare in Italia? In queste condizioni non si può parlare di una sorta di mafia?”. L’ultima considerazione don Gradara la riserva alla solidarietà: “Se non c’è, se si attua solo la legalità, o meglio il legalismo, non si va lontano. Così come se non si analizzano tutte le cause per cui quest’anno i turisti comprano meno: si potrebbe scoprire che hanno meno soldi, a causa di un aumento del costo della vita che però non emerge da nessuna statistica. Anche questo un bel mistero…”.

Intanto, sulle polemiche rispetto alla fideiussione comunale per l’ex hotel La Fonte, l’associazione Sunu Ker precisa che l’opera sarà utile proprio all’integrazione degli immigrati, come accaduto in passato, grazie anche ai prezzi di affitto contenuti che si riesce a fare: 88 euro al mese per posto letto.