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Rimini e il modello di sicurezza che genera sfruttamento e xenofobia

Quest’anno appare sempre più pregnante il meccanismo tautologico di costruzione della paura e di converso il falso modello di sicurezza/legalità che le amministrazioni di centro sinistra sembrano attuare un po’ ovunque su tutto il territorio nazionale.

Rimini incarna in se questo dispositivo rafforzato anche dalle politiche attuate dal governo Prodi, che vanno nella direzione di mantenere se non rafforzare la categoria dell’immigrato-lavoratore, piuttosto che l’immigrato-cittadino, e quindi, di fatto, di alimentare in modo irreversibile quel modello di società basato sulla creazione di nuovi servaggi e di nuove forme di razzismo differenzialista.

Quello che si sta costruendo è una società dell’usa e getta, una società in cui l’esclusione e la marginalizzazione di tanti cittadini che hanno scelto di vivere in Italia, è l’elemento fondante e determinante dell’azione di tutti gli attori sociali e politici che determinano le politiche di “gestione” o meglio di governance dentro e fuori i confini nazionali.

Quel paradigma che di fatto istituisce e allarga i confini delle frontiere e dei Centri di Permanenza Temporanea anche lontano o al di fuori di essi, dentro le nostre città, “città fortezza” che se da un lato vogliono “espellere” l’illegalità e l’insicurezza, dall’altro le alimentano in maniera irreversibile.

Rimini è paradigma di tutto ciò, fin dalla “caccia” ai venditori meridionali negli anni ’80, oggi tramutata in una caccia all’immigrato “abusivo e delinquente”, del quale, non interessa sapere da dove viene, quale cultura porti con se, quali ragioni lo abbiano portato a questo tipo di attività, ma sul quale si sa con certezza che va agita la repressione e la punizione nella forma più radicale ed esemplare possibile.

Basti pensare al fatto che la vendita di materiale contraffatto (maglie, cinture, borse) o di supporti (Dvd, cd) senza il marchio Siae ( violazione dell’art. 474 c.p. e 171ter L. 633 del 1941), rientrano tra i reati, che secondo l’ art. 26 comma 7bis D.lg. 286/1998 e successive modifiche, prevedono vi sia la revoca del permesso di soggiorno e la conseguente espulsione, al pari cioè di reati ben più gravi previsti dalla stessa normativa.

Questo ci mostra una situazione di grande severità ed una precisa posizione del legislatore, che associa poi a queste imputazioni, anche l’accusa per ricettazione ai sensi dell’art. ai sensi dell’art. 648 c.p., la quale prevede la pena della reclusione da 2 a 8 anni e che , essenzialmente, si basa sul postulato – peraltro ritenuto legittimo dalla Cassazione, che si è pronunciata sulla questione a Sezioni Unite nel 2005 (Sentenza Cass. Sez. Unite, n. 47164 del 23.12.2005) – che l’ambulante abbia acquistato i materiali sapendo che erano falsi o di illecita provenienza, e per tale motivo egli è imputabile anche per il reato di ricettazione..

Per tutte queste ragioni, queste estate, i tanti turisti che verranno a Rimini si troveranno un nuovo scenario dove, da un lato, si rafforzerà la militarizzazione della spiaggia alla quale si aggiungeranno i nuovi presidi permanenti dei vigili urbani, ogni dieci bagnini, e, dall’altro, la creazione di presidi constanti sul lungo mare, dove, verranno organizzati->10466], a partire da sabato 16 giugno, [dei veri e propri check point non solo come “deterrente” all’ingresso in spiaggia dei famigerati “abusivi”, ma come strumento repressivo, dal momento che si colpisce, non solo la vendita di materiali contraffatti ecc…, ma anche la sola detenzione a scopo di vendita.

In più proprio per non smentire l’immagine della riviera modaiola, anche qui, è stata rispolverata una vecchia ordinanza comunale antiprostituzione del 1998, un ordinanza con la quale la maggioranza di centro sinistra, sostenuta, ieri come ora, dal prode difensore dei diritti delle prostitute, noto come Don Orenste Benzi, si ergevano a censori dell’etica e della morale come deterrente allo sfruttamento della prostituzione, quando si è alimentato, in realtà, il processo inverso. Per anni a Rimini non si è vista una prostituta in strada. Si sono solo spostate dove è più forte il meccanismo schiavizzante e di sfruttamento coercitivo, sempre più violento, alla base della tratta di giovani rumene o donne nigeriane. Si sono, solo, spostate un po’ più in là, negli alberghetti di prima categoria o in qualche appartamento di periferia, l’importante si sa è che l’essenziale sia invisibile agli occhi.

La Rimini città del mare e delle vacanze, assume in se lo stereotipo della città del benessere, lo culla in grembo, preserva e rafforza le false paure e si fa vanto della lotta all’uomo nero e alla strega “brutta e cattiva”. Poi poco importa se dietro questo figure ci siano uomini e donne in carne e ossa. L’importante è che tutto sia ben confezionato per dare un’immagine di se che non esiste.

Che il sindaco si chiami Ravaioli o Zanonato poco importa, benvenuti alla fiera dove a colpi di delibere e ordinanza si sta creando una società dell’usa e getta, in cui le persone hanno sempre meno valore e ciò che conta è che a forza di alimentare la psicosi dello sceriffo primo o poi ci troveremo il Far west.

Redazione di Rimini del Progetto Melting Pot