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Rinnovo pds – A Torino avviene tramite un sms

A chi deve rinnovare il permesso di soggiorno la Questura di Torino rilascia la prenotazione non tramite un documento scritto (che può essere mostrato al datore di lavoro per poter trovare una regolare occupazione o per poter proseguire quella che già in corso), ma con un semplice sms. Si tratta di un messaggio sul telefonino che non ha nessun carattere di ufficialità e non potrebbe portare nessun timbro ufficiale della questura o di un ufficio pubblico.

Ci viene segnalato che la Questura di Torino avrebbe chiuso tutti gli sportelli e prenderebbe in considerazione solo domande di prenotazione con appuntamento assegnato tramite un sms. Confidiamo che almeno per le posizioni oggettivamente urgenti, ad es. a fronte di documentate esigenze familiari, sia comunque ammessa la ricezione delle domande.
Ma in generale, un lavoratore che ha il permesso di soggiorno scaduto e che ha chiesto nei termini di legge il rinnovo, nel momento in cui si propone a un datore di lavoro per essere assunto avrà una certa difficoltà a convincerlo che ha in corso la procedura di rinnovo del permesso soggiorno semplicemente mostrandogli un messaggino in cui si comunica la data di appuntamento per presentare i documenti.
Se da un lato la legge dice che in via ordinaria la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno deve essere presentata 90, 60 o 30 giorni prima della scadenza, a seconda della tipologia di permesso di soggiorno (art. 5, comma 4, T.U. sull’Immigrazione), gli uffici normalmente non sono in grado di dare un riscontro effettivo alla domanda di rinnovo entro quei tempi. Di conseguenza nel momento in cui lo straniero si presenta con i documenti per ottenere il permesso di soggiorno rinnovato, il suo pds è già scaduto da tempo e, nel frattempo nel caso di Torino, possiede soltanto un sms proveniente dalla Questura.

Si tratta di una situazione che favorirà il lavoro irregolare, farà perdere occasioni di lavoro e incrementerà lo stato di disoccupazione, senza contare che questo si tradurrà verosimilmente anche in una riduzione del gettito di contributi e ritenute fiscali perché, se la gente nel frattempo troverà lavoro, difficilmente potrà trovarlo regolare.

Diritto a mantenere il rapporto di lavoro
La legge prevede espressamente che durante la fase del rinnovo del permesso soggiorno si ha il diritto di proseguire il rapporto di lavoro in corso, come pure si ha il diritto di instaurarne uno di nuovo, anche se non c’è ancora formalmente il documento rinnovato. La condizione indispensabile a tal fine è dimostrare che è stata attivata la pratica di rinnovo.
E’ noto a tutti che la maggior parte dei datori di lavoro ha una comprensibile diffidenza all’idea di assumere una persona durante la fase di rinnovo, perché si ha paura che lo stesso venga negato.

È chiaro che teoricamente sarebbe possibile lavorare in regola proprio perché lo straniero ha fatto tutto quello che la questura gli ha consentito di fare per attivare la procedura di rinnovo.
Tuttavia, se da un lato molti lavoratori avranno difficoltà a convincere il proprio datore di lavoro presso il quale stanno ancora lavorando che è tutto in regola e possono stare tranquilli, ancora più difficile è la situazione di chi invece ha da tempo perso il posto di lavoro e ne sta cercando uno nuovo, perché girare con un sms della questura non convincerà facilmente i datori di lavoro intenzionati ad assumere regolarmente, a fronte di una documentazione regolare.

Come fare in questi casi? Se fosse vero che la Questura di Torino ha chiuso tutti gli sportelli e rifiuta di rilasciare prenotazioni con un documento timbrato che possa essere mostrato in termini più affidabili ad un possibile datore di lavoro, potrebbe essere il caso di pensare ad un ricorso d’urgenza all’autorità giudiziaria, perché sia ordinato all’amministrazione competente di far risultare, con apposita documentazione (con la classica ricevuta che normalmente viene rilasciata in tutte le questure) l’avvenuta presentazione della domanda del rinnovo del pds.
Per gli interessati una cautela in più potrebbe essere costituita dall’inoltro della domanda di rinnovo formale con tutti i documenti allegati, anche tramite raccomandata con avviso di ricevimento, in modo che non si possa dire che l’interessato non si è attivato per chiedere il rinnovo. D’altra parte, ciò corrisponderebbe di fatto alla nuova procedura di inoltro delle domande tramite appositi kit predisposti dal servizio postale, di imminente attivazione.

Ci vengono segnalati anche casi di lavoratori stranieri che non presentano la domanda di rinnovo del pds nel termine anteriore alla scadenza dei tre o due mesi, a seconda della durata del permesso di soggiorno di cui si chiede rinnovo di due, un anno o sei mesi.
Esempio pratico – Ci sono lavoratori che hanno un permesso di soggiorno della durata di due anni, e non ne chiedono tempestivamente il rinnovo, nel senso che presentano la richiesta non tre mesi prima, ma due mesi o un mese prima della scadenza. Questo in teoria non dovrebbe comportare nessuna conseguenza sanzionatoria, né per il lavoratore e né per il datore di lavoro che ha alle sue dipendenze un lavoratore in queste condizioni o che volesse assumerlo.

L’art. 5, comma 4, del Testo Unico sull’Immigrazione (come modificato dalla legge Bossi – Fini) stabilisce questi termini ma, tuttavia, non prevede alcuna sanzione per chi non li rispetta.

In pratica si tratta di quello che nella giurisprudenza viene definito come termine ordinatorio, che cioè è di fatto indicato dalla legge perché rispettandolo si tende ad assicurare una continuità di permesso di soggiorno.
L’unico termine perentorio, che se non rispettato comporta una sanzione, è previsto dall’art. 13 del Testo Unico sull’Immigrazione che disciplina l’espulsione. E ciò è stato anche recentemente confermato dalla Corte di Cassazione.

Quando si rischia l’espulsione
Rischia l’espulsione chi si trova sul territorio italiano con un pds scaduto da più di 60 giorni e, in quel momento, non può dimostrare di aver già chiesto il rinnovo del permesso di soggiorno (art. 13, comma 2, lett. b). Il vero termine perentorio è quello dei 60 giorni successivi alla scadenza. Quindi chi chiede il rinnovo del pds, non rispettando esattamente i termini indicativi preventivi previsti dalla legge, non dovrebbe subire alcuna sanzione, e soprattutto, contrariamente a quanto ci viene segnalato dallo sportello immigrati della Cgil di Brescia, non dovrebbe essere sospeso dal datore di lavoro. Si tratta in questo caso di una condotta illegittima. Il datore di lavoro infatti dovrebbe essere ritenuto responsabile per la retribuzione anche nel caso in cui arbitrariamente avesse ritenuto di sospendere il lavoratore presumendo che egli sia non in regola perché non ha presentato tempestivamente la domanda di rinnovo.
Il lavoratore, quanto meno fino alla data di scadenza del permesso di soggiorno, se non anche entro i 60 giorni successivi alla stessa, è considerato regolarmente soggiornante quindi può lavorare in regola e può proseguire il rapporto di lavoro in corso senza che il datore di lavoro abbia la facoltà di presumerne la condizione irregolare disponendone la sospensione o il licenziamento.

Consigliamo a tutti questi lavoratori di tutelarsi, rivolgendosi allo stesso sindacato che ci ha segnalato questa casistica, promuovendo un ricorso d’urgenza (visto che si trovano di punto in bianco senza retribuzione) per far accertare dal giudice del lavoro competente che si tratta di una condotta illegittima e che il datore di lavoro è tenuto a corrispondere la retribuzione, anche in relazione ai periodi in cui ha arbitrariamente ed erroneamente ritenuto di sospendere dal lavoro il lavoratore. Non si comprende questo eccesso di zelo perché il datore di lavoro ha certamente l’interesse a verificare che il lavoratore sia regolarmente soggiornante, ma non ha interesse a sospendere il lavoratore anche nel momento in cui egli può dimostrare di avere già chiesto il rinnovo, solo perché questo rinnovo è stato chiesto con un ritardo che non è sanzionato dalla legge.