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Rinnovo pds – Cosa succede quando il lavoratore si presenta in ritardo a rinnovare il pds?

Ricordiamo che anche per i rapporti di lavoro in corso alla data di entrata in vigore del regolamento di attuazione (Decreto del Presidente della Repubblica 18 ottobre 2004, n.334 – “Regolamento recante modifiche ed integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, in materia di immigrazione”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 33 – supplemento ordinario n. 17/L), quindi anche per quelli che sono in corso da anni, è comunque necessario, stando alla circolare del Ministero del Lavoro di cui abbiamo già dato commento (circolare n. 9/2005 dell’8 marzo 2005 avente ad oggetto: D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334 concernente “Regolamento recante modifiche ed integrazioni al D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, in materia di immigrazione”, previsto dall’art. 34, comma 1, della legge Bossi-Fini – Sportello Unico per l’Immigrazione – Ulteriori immediate indicazioni) formalizzare tra il datore di lavoro e il lavoratore il cosiddetto contratto di soggiorno (art. 5-bis, Testo Unico sull’Immigrazione; si veda l’art. 36-bis del regolamento di attuazione) ovvero un modulo che contiene gli elementi essenziali del contratto di lavoro con l’aggiunta della verifica relativa alla disponibilità di un alloggio idoneo e della garanzia di eventuale pagamento delle spese di rimpatrio del lavoratore. Il modulo va spedito attraverso raccomandata allo Sportello Unico – U.T.G.
Questo dovrebbe essere già stato fatto indipendentemente dall’attivazione tempestiva o meno per il rinnovo del permesso di soggiorno da parte del lavoratore interessato, perché si tratta di un documento che si perfeziona direttamente tra lavoratore e datore di lavoro e che si spedisce per raccomandata. Quindi l’azienda avrebbe dovuto comunque, se non l’ha già fatto (ma la circolare non indica termini di scadenza per questo adempimento), compilare questo modulo che potrà eventualmente scaricare anche dal nostro sito internet o da quello del Ministero del Welfare e spedirlo all’UTG -Sportello Unico, dopo averlo fatto sottoscrivere.
Una volta effettuato tale adempimento, non ci sono ulteriori problemi perché il lavoratore, comunque, si è attivato per il rinnovo del permesso di soggiorno e possiede la ricevuta della questura che dimostra che lui si è attivato per tale richiesta.
Con riferimento alla situazione attuale, proseguimento del rapporto di lavoro a fronte dell’intervenuta richiesta di rinnovo del p.s., non dovrebbero essere applicate sanzioni perché l’art 22, comma 12, del T.U. sull’Immigrazione precisa che “il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno previsto dal presente articolo, ovvero il cui permesso sia scaduto e del quale non sia stato chiesto, nei termini di legge, il rinnovo, revocato o annullato, è punito con l’arresto da tre mesi ad un anno e con l’ammenda di 5000 euro per ogni lavoratore impiegato”.
Si badi bene che, per quanto riguarda il rispetto dei “termini di legge”, potremmo avere invece legittimi timori, in quanto nel caso specifico si rappresenta che il lavoratore si è presentato con due giorni di ritardo rispetto alla scadenza del permesso di soggiorno.

Però, se è vero che il Testo Unico sull’Immigrazione (art. 5) prevede che il lavoratore debba chiedere il rinnovo, a seconda della durata del permesso di soggiorno in suo possesso che viene a scadenza, uno o due o tre mesi prima, è anche vero che rispetto alla violazione di questi termini la legge stessa non prevede nessuna sanzione.
Non vi è infatti previsione per cui, se il lavoratore non chiede entro detti termini il rinnovo, non potrà ottenerlo, nè è prevista alcun’altra sanzione. Anzi, al contrario, l’art. 13, comma 2, lett. b) del Testo Unico sull’ Immigrazione (Espulsione amministrativa) in materia di espulsione considera come irregolare lo straniero privo di permesso di soggiorno, il cui permesso sia scaduto da più di 60 giorni, senza che il medesimo possa dimostrare di averne chiesto il rinnovo.
Il vero termine perentorio, alla cui inosservanza la legge ricollega una sanzione, deve quindi ritenersi solo quello dei 60 giorni successivi, mentre il termine anteriore è un termine cosiddetto “ordinatorio”, in parole povere meramente indicativo, come quello stabilito a carico delle questure per il rilascio del permesso di soggiorno entro 20 giorni dalla richiesta (art.5, comma 9), la cui inosservanza non può comportare sanzioni. Un’interpretazione della normativa nel suo complesso, anche per ragioni di coerenza, porta dunque a ritenere che solo dopo i 60 giorni successivi alla scadenza, e perdurando la mancata attivazione per la richiesta di rinnovo, il lavoratore deve essere espulso e il datore di lavoro commette un reato, mentre prima di tale scadenza il rapporto di lavor può proseguire regolarmente.

Il permesso di soggiorno dell’interessato era scaduto da appena due giorni e, quindi, per essere considerato “irregolare” avrebbe dovuto far trascorrere altri 58 giorni; solo in questo caso avrebbe potuto essere oggetto del provvedimento di espulsione.
Non a caso, non essendo considerato in condizione irregolare dalla legge, quindi espellibile, ecco che l’interessato ha potuto richiedere l’appuntamento in questura ottenendo l’apposita ricevuta di rilascio dell’appuntamento. Si è verificato un intervallo di due giorni in cui il datore di lavoro avrebbe tenuto alle dipendenze un lavoratore con il permesso scaduto e il lavoratore non era in condizione di poter dimostrare di essersi attivato per chiedere il rinnovo del permesso di soggiorno. Il datore di lavoro avrebbe eventualmente (e già questa ipotesi si presta a controversie) potuto sospendere il rapporto di lavoro e diffidare il lavoratore a formalizzare tempestivamente la richiesta di rinnovo ed a fornirne la prova, potendo eventualmente passare al licenziamento in caso di inerzia del lavoratore. Ma ora egli è in condizioni poter dimostrare di essersi attivato e, quindi, può proseguire regolarmente il rapporto di lavoro.
Se oggi il datore di lavoro decidesse (in base ai due giorni trascorsi con il pds scaduto) di licenziare il lavoratore, quando il rapporto di lavoro sta proseguendo regolarmente perché in presenza di tutte le condizioni previste dalla legge, crediamo che il datore di lavoro stesso si esporrebbe ad una vertenza che potrebbe essere, a nostro avviso, facilmente conclusa con esito favorevole per il lavoratore.