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Rinviata alla Corte Costituzionale la legge della Provincia autonoma di Trento sulla tutela delle persone non autosufficienti

Secondo il PCM l'anzianità di residenza per l’accesso all’assegno di cura e l’esclusione degli stranieri non lungosoggiornanti violano i diritti fondamentali.

Con ricorso n. 131 dd. 4 ottobre 2012, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha impugnato dinanzi alla Corte Costituzionale l’art. 9, co. 1 della l. prov. della Provincia autonoma di Trento n. 15 del 24 luglio 2012, recante «Tutela delle persone non autosufficienti e delle loro famiglie e modificazioni delle leggi provinciali 3 agosto 2010, n. 19, e 29 agosto 1983, n. 29, in materia sanitaria». Con detta norma, la Provincia autonoma di Trento ha subordinato il diritto all’«assegno di cura», da parte delle persone non autosufficienti, al requisito della residenza nel territorio della Provincia di Trento da almeno tre anni continuativi e, con riferimento ai cittadini stranieri, ha condizionato tale beneficio al possesso del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.

Secondo il governo italiano, tale normativa della Provincia autonoma di Trento si colloca in violazione con il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., nonché con il diritto alla libera circolazione e alla non discriminazione dei cittadini di altri Stati membri dell’Unione europea e dei loro familiari, configurando quindi una violazione dell’art. 117, primo comma della Cost., ed eccedendo quindi dalla competenza legislativa esclusiva in materia di «assistenza e beneficenza pubblica» attribuita alla Provincia autonoma di Trento dall’art. 8, n. 25, dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. n. 670 del 1972), nonché dalla competenza residuale in materia di servizi sociali riconosciuta alle regioni ordinarie dall’art. 117, quarto comma, della Costituzione.

Richiamandosi alla sentenza della Corte Cost. n. 40/2011, l’Avvocatura dello Stato rileva come la normativa della Provincia autonoma di Trento introduca nel tessuto normativo un elemento di distinzione arbitrario, non essendovi alcuna ragionevole correlabilità tra la condizione positiva di ammissibilità al beneficio (quale la residenza protratta da almeno tre anni) e gli altri particolari requisiti (consistenti in situazioni di bisogno e di disagio riferibili direttamente alla persona no nautosufficiente in quanto tale) che costituiscono il presupposto di fruibilità di una provvidenza sociale che, per la sua stessa natura, non tollera distinzioni basate su particolari tipologie di residenza in grado di escludere proprio coloro che risultano i soggetti più esposti alle condizioni di bisogno e di disagio che un siffatto sistema di prestazioni e servizi si propone di superare perseguendo una finalità eminentemente sociale.

Ugualmente, il ricorso del Governo afferma che la norma della Provincia autonoma di Trento costituisce inoltre una misura restrittiva delle libertà di circolazione e di soggiorno dei cittadini UE e dei loro familiari previste dall’art. 21, n. 1, del TFUE, in quanto il requisito della residenza per un periodo così prolungato eccede quanto necessario al raggiungimento del legittimo obiettivo di preservare l’equilibrio finanziario del sistema locale di assistenza sociale mediante la previsione di un collegamento tra il richiedente la provvidenza e l’ente competente alla sua erogazione.
Il ricorso rammenta la giurisprudenza della Corte di Giustizia europea, con la sentenza Stuart C-503/09 e la sentenza D’Hoop C-224, nelle quali è stata affermata la «non rappresentatività» del requisito della residenza per ottenere una prestazione per inabilità e l’«eccedenza temporale» dei «tre anni continuativi», ritenuta restrittiva della libertà di circolazione e discriminatoria rispetto ai cittadini nazionali.

Con riferimento all’esclusione dalla provvidenza dei cittadini stranieri regolarmente soggiornanti ma non titolari del permesso di soggiorno per lungo soggiornanti di cui all’art. 9 d.lgs. n. 286/98 (direttiva n. 2000/43), il ricorso della Presidenza del Consiglio dei Ministri ricorda la giurisprudenza della Corte Costituzionale (sentenze n. 306/2008, n. 187/2010, n. 61/2011) che ha rimarcato come non sia ammissibile la discriminazione dei cittadini stranieri con riferimento a prestazioni attinenti alla disabilità, e che quindi mirano alla tutela del diritto fondamentale alla salute, come tale spettante a tutti senza distinzioni.

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Ricorso della Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 131 dd. 4 ottobre 2012