Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Il Manifesto.it del 15 giugno 2011

Riparte la rivolta degli immigrati senza permesso

di Cinzia Gubbini

Si riapre proprio in queste ore la mobilitazione sulla sanatoria: nel 2009 sono stati centinaia i lavoratori stranieri rimasti fuori dalla possibilità di avere un permesso di soggiorno. E ancora oggi continuano a essere vittime degli umori della politica di palazzo. Stamattina un centinaio di lavoratori a Padova si sono diretti sotto la Prefettura, e proprio in queste ore sono arrivati al Duomo dove incontreranno il vescovo della città. Altre mobilitazioni sono previste in serata a Milano e a Brescia, i luoghi in cui l’anno scorso un gruppo di immigrati si arrampicò su una gru dando vita a una protesta estrema per rendere visibile il loro status di lavoratori e cittadini senza diritti.

Qualcuno ricordertà i fatti: nel 2009 il ministero dell’Interno – pressato dalla stessa maggioranza di governo – decise di aprire una sanatoria, che era “truffa” già per le sue caratteristiche: aperta soltanto alle persone impiegate come colf e come badanti, con un tetto abbastanza elevato di reddito per i datori di lavoro che intendessero partecipare alla regolarizzazione del lavoratore, più vari “intralci” sparsi qua e là per ridurre al minimo le richieste. Già le premesse non erano le migliori, ma la situazione precipitò quando – a sanatoria aperta e in contrasto con quanto affermato alla vigilia da alti esponenti del ministero – arrivò una circolare del capo della poiizia, Manganelli, in cui si affermava che chi aveva avuto una espulsione (caso diffuso, visto che le sanatorie servono a regolarizzare i “clandestini”) non avrebbero potuto partecipare. Corollario: gli immigrati che venivano convocati in questura si presentavano fiduciosi di poter completare la regolarizzazione, e invece ricevevano un bell’ordine di espulsione. Un giochino sporco che si chiama trappola. La cosa, come è immaginabile, creò un grandissimo malcontento, che andò ad unirsi a quello “tipico” di ogni sanatoria: il dramma dei truffati.

Diciassette giorni sulla gru resisttetero gli immigrati di Brescia. Qualche tempo dopo arrivò la sentenza della Corte europea che bocciava il reato di clandestinità contenuto nella Bossi-Fini. E a seguire – strettamente collegata – quella del Consiglio di Stato che in adunanza pleanaria ha definitivamente ritenuto l’inottemperanza all’ espulsione non ostativa alla partecipazione alla sanatoria del 2009. Tutto finito? Al ministero dell’Interno hanno capito l’antifona? No, neanche per idea.

Si sa, il contesto politico non è dei migliori per la maggioranza di governo, e quei fantasmi paiono annebbiare anche la mente dei funzionari. Così una circolare del 24 maggio firmata dal prefetto Angelo Malandrino, a capo della direzione delle politiche dell’immigrazione e dell’asilo del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Viminale, riapre i procedimenti in osservanza alla sentenza che cassava la “circolare Manganelli”. Esattamente due giorni dopo, il 26 maggio – e stranamente in concomitanza con i ballottaggi alle amministrative di Napoli e Milano – una circolare dello stesso Malandrino si “rimangia” la prima. Sospendendo tutto perché necessari “ulteriori chiarimenti”. E la sospensione è tutt’ora in vigore.

Enensima dimostrazione di un paese allergico alle regole, a poposito di chi le pretende dagli altri. Ed ecco perché la mobilitazione dei lavoratori ingiustamente esclusi dalla sanatoria e di quelli truffati da datori di lavoro a volte persino collusi con la camorra – è successo a Padova – è ricominciata. i lavoratori chiedono una risposta. Possibilimente chiara e definitiva.

Intanto sul fronte immigrazione succede di tutto: la circolare liberticida che impedisce alla stampa l’ingresso nei Cie, e su cui ieri Ordine dei giornalisti e Federazione nazionale della stampa hano chiesto un incontro urgente al ministro Roberto Maroni. Con la scusa dell’emergenza immigrazione da Tunisia e Libia, inoltre, il governo sta sperimentando nuove pratiche di repressione. Succede nei Cie di “quarta generazione” quelli nati in luoghi impreparati a essere utlizzati a questo scopo – come Santa Maria Capua Vetere, in Campania, e Palazzo San Gervasio, in Basilicata – ma anche nel circuito di “accoglienza” dei profughi, in cui si sta assistendo a un inspiegabile sperpero del denaro pubblico, senza che alcun progetto e senza alcuna effettiva utilità per le persone che vi vengono accolte.

Insomma, i “colpi di coda” finali del governo nel settore delle politiche migratorie sono micidiali.
E proprio tra cinque giorni, il 20 giugno, si celebra la giornata mondiale del rifugiato. Consci di come stanno realmente i fatti un gruppo di associazioni – tra cui la Rete Wlecome, l’Arci e le Brigate di solidarietà attiva – hanno lanciato un appello affincgè la giornata del 20 giugno diventi “una giornata di mobilitazione contro il confinamento e per l’accoglienza degna”, facendo in modo che nelle piazzze e nelle strade delle nostre città soffi “un vento nuovo”.