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Roma – I rifugiati sudanesi di via Scorticabove: «Vi presentiamo la nostra proposta di rigenerazione urbana e di co-hounsing. Ecco perchè rifiutiamo i posti in emergenza»

Il resoconto a firma della comunità sudanese dalla comunità sudanese del tavolo istituzionale con l'assessora Baldassarre del 23 luglio

Roma, via Scorticabove - luglio 2018. Photo credit: Vanna D'Ambrosio

L’unica offerta: “posti in emergenza”. Ecco perchè li rifiutiamo

Dopo lo sfratto del 5 luglio e dopo essere giunti quasi al ventesimo giorno di presidio permanente in via Scorticabove, lunedì 23 luglio abbiamo incontrato l’assessora alle politiche sociali del Comune di Roma, Laura Baldassarre.

Siamo arrivati a questo secondo appuntamento del tavolo istituzionale riaffermando quelle che sono le nostre tre rivendicazioni fondamentali: non si può risolvere la nostra situazione attraverso la “risposta emergenziale” dei centri istituzionali temporanei; non si può più parlare di “accoglienza”, trovandoci in Italia da ben 15 anni; deve essere riconosciuto il fondamentale ruolo sociale che la nostra comunità ha svolto in questi anni.

Per questo abbiamo nuovamente rifiutato l’unica proposta che la Giunta capitolina ha messo in campo rispetto alla nostra situazione, ossia offrire temporaneamente un posto alloggio presso i centri istituzionali. Proposta che non tiene conto di un percorso di autonomia da noi faticosamente messo in campo ed attuato non tramite l’aiuto delle istituzioni ma completamente realizzato da noi stessi.

Abbiamo subito la mala-accoglienza e da soli abbiamo costruito percorsi di autonomia

Abbiamo ricordato all’assessora Baldassarre che la cooperativa cui era stata data in gestione l’accoglienza nell’immobile di via Scorticabove non solo non ha mai messo in campo quei servizi – come scuola di italiano e supporto nella ricerca di lavoro – cui era preposta ma non ha neanche provveduto al pagamento delle utenze e dell’affitto; non a caso è finita all’interno dell’inchiesta “Mafia Capitale”. Quindi, nell’incontro si è evidenziato come noi stessi abbiamo provveduto alla nostra accoglienza, seguendo autonomamente corsi di lingua e di formazione professionale, ricercando dei lavori per poter sopravvivere dignitosamente.

Dopo l’abbandono dell’immobile da parte della cooperativa, abbiamo dato vita ad un percorso di autogestione, creando un fondo comune per pagare le utenze e per garantire il soddisfacimenti dei bisogni primari di chi, tra noi,si trovava in difficoltà; prestando servizi di assistenza ed orientamento per i richiedenti asilo appena arrivati in città.

Abbiamo fatto tutto questo solo attraverso la forza della nostra comunità, avviando sperimentazioni di mutualismo e sopperendo alle mancanze istituzionali, altro elemento che abbiamo messo in evidenza nell’incontro con l’assessora.

Non eravamo “fragili”, lo siamo diventati per colpa di una cooperativa disonesta e delle istituzioni

Noi, dunque, non eravamo “fragili”, lo siamo diventati il 5 luglio a causa di uno sfratto che si è attuato per colpa di una cooperativa disonesta, lasciata operare nel completo silenzio delle istituzioni competenti.
Uno sfratto di cui l’attuale amministrazione capitolina era ben a conoscenza, avendo la stessa assessora Baldassarre effettuato un censimento nell’immobile di via Scorticabove nel febbraio 2018 ma non avendo, poi, dato seguito in maniera preventiva ad una collaborazione con noi inquilini per immaginare già allora soluzioni strutturali da proporci.
Per questo, ora, non possiamo accettare di essere risucchiati nei circuiti dell’accoglienza emergenziale, spazzando via la nostra conquistata autonomia e l’esperienza di solidarietà ed autogestione da noi messa in campo.

Abbiamo presentato all’assessora una proposta per l’assegnazione di un bene pubblico, dimostrando la fattibilità giuridica e la sostenibilità economica

Nell’incontro del 23 luglio abbiamo dimostrato all’assessora Baldassarre che vi è la possibilità di adottare una soluzione che mantenga unita la nostra comunità, preservando l’importante lavoro sociale da noi svolto in questi anni.
Si tratta di una proposta che potrebbe vedere l’assegnazione alla nostra comunità di un bene pubblico inutilizzato, per avviare una sperimentazione di rigenerazione urbana e di co-hounsing.

Si tratta di una proposta che abbiamo presentato all’assessora Baldassare, corredata da normativa di riferimento (legge regionale n.7/2017 sulla rigenerazione urbana); da valutazioni sulla sostenibilità finanziaria (fondo sociale europeo; PON metropolitano; FAMI); dalla richiesta di effettuare un appello ai municipi per la ricognizione dei beni pubblici dismessi esistenti, con l’individuazione altresì di una struttura -“Tenuta del Cavaliere”- su cui effettuare una immediata verifica della disponibilità.

L’assessora si è dimostrata ben propensa a vagliare la proposta di assegnazione di un bene da noi effettuata, rimandando tuttavia la possibilità di avviare una co-progettazione sul co-housing ad una richiesta di parere da parte dell’Avvocatura di Stato.
Questione che ci preoccupa rispetto ai tempi di rilascio del suddetto parere, constatando inoltre che la normativa regionale di riferimento non pone limiti rispetto alla possibilità di una co-progettazione, che rientra tra gli strumenti giuridici di cui un’amministrazione può e deve servirsi.

Il prossimo incontro istituzionale sarà il 6 agosto, nel frattempo rimaniamo per strada e non ci sono state date rassicurazioni sulla possibilità di non essere sgomberati

Il prossimo incontro fissato con l’assessora è per lunedì 6 agosto. Auspichiamo che in quella sede si possa sciogliere il punto giuridico della fattibilità di una assegnazione con l’individuazione di un bene su cui avviare tale sperimentazione. Noi annunciamo già che ci presenteremo a tale incontro con la prima bozza di un progetto di co-housing, che verrà elaborato tramite il contributo delle realtà solidali e di alcuni docenti universitari. Un progetto in cui non parleremo solo di alloggi per la comunità ma anche di servizi ed attività che intendiamo offrire e dell’avvio di sperimentazioni di start-up.
Speriamo davvero che la Giunta capitolina dimostri la capacità di avviare un progetto che potrebbe rappresentare una conquista innovativa non solo per noi rifugiati ma per l’intera città di Roma.

Nel frattempo, noi continuiamo a rimanere in presidio permanente a via Scorticabove, con una minaccia di sgombero rispetto alla quale l’assessora Baldassarre non ha voluto dare rassicurazioni.

Rimaniamo per strada, convinti che sia necessario lottare per la nostra dignità ed autodeterminazione e vi invitiamo a venire a trovarci, per conoscerci e sostenerci.
D’altronde la battaglia che stiamo portando avanti ci racconta della possibilità di realizzare una nuova idea di convivenza, della capacità di una comunità -che ha subito sulla propria pelle le conseguenze della mala-accoglienza- di avviare dei percorsi di autonomia ed autogestione; della volontà di preservare il lavoro di mutualismo effettuato e di poterlo, anzi, potenziare.
Una sfida ambiziosa che abbiamo intenzione di vincere e che vogliamo condividere con tutti coloro che vorranno essere con noi solidali.

La Comunità sudanese di via Scorticabove

Info: https://www.facebook.com/scorticabove/